Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Questione palestinese, Sionismo

Il crollo del sionismo

Un murale raffigurante dei bambini che usano una torre di guardia dell'esercito israeliano come altalena, dipinto dall'artista di graffiti britannico Banksy, è presente su un muro sulla strada principale di Beit Lahiya, nella Striscia di Gaza settentrionale, il 17 febbraio 2015. Photo credit: Adel Hana

Pre­sen­tia­mo ai nostri let­to­ri que­st’ar­ti­co­lo, scrit­to il 25 giu­gno 2024, dal notis­si­mo sto­ri­co israe­lia­no Ilan Pap­pé, che esa­mi­na la pro­spet­ti­va sto­ri­ca del sio­ni­smo sul­la base di alcu­ni indi­ca­to­ri di tendenza.
Buo­na lettura.
La redazione

Il crollo del sionismo


Ilan Pap­pé [*]


Israe­le sem­pre più iso­la­to a livel­lo inter­na­zio­na­le men­tre diven­ta gra­dual­men­te uno Sta­to paria

 

L’assalto di Hamas del 7 otto­bre può esse­re para­go­na­to a un ter­re­mo­to che col­pi­sce un vec­chio edi­fi­cio. Le cre­pe sta­va­no già ini­zian­do a mostrar­si, ma ora sono visi­bi­li nel­le sue stes­se fon­da­men­ta. A più di 120 anni dal suo ini­zio, il pro­get­to sio­ni­sta in Pale­sti­na, l’idea di impor­re uno Sta­to ebrai­co a un Pae­se ara­bo, musul­ma­no e medio­rien­ta­le, potreb­be tro­var­si di fron­te alla pro­spet­ti­va del crol­lo? Sto­ri­ca­men­te, una ple­to­ra di fat­to­ri può cau­sa­re il crol­lo di uno Sta­to. Può deri­va­re da attac­chi costan­ti da par­te dei Pae­si vici­ni o da una guer­ra civi­le cro­ni­ca. Può segui­re il crol­lo del­le isti­tu­zio­ni pub­bli­che, che diven­ta­no inca­pa­ci di for­ni­re ser­vi­zi ai cit­ta­di­ni. Spes­so ini­zia come un len­to pro­ces­so di disin­te­gra­zio­ne che pren­de slan­cio e poi, in un bre­ve las­so di tem­po, fa crol­la­re strut­tu­re che un tem­po sem­bra­va­no soli­de e salde.
La dif­fi­col­tà sta nell’individuare i pri­mi segna­li. In que­sto caso, sosten­go che sono più evi­den­ti che mai nel caso di Israe­le. Stia­mo assi­sten­do a un pro­ces­so sto­ri­co, o più pre­ci­sa­men­te agli ini­zi di un pro­ces­so, che potreb­be cul­mi­na­re nel­la cadu­ta del sio­ni­smo. E, se la mia dia­gno­si è cor­ret­ta, stia­mo anche entran­do in una con­giun­tu­ra par­ti­co­lar­men­te pericolosa.
Quan­do Israe­le si ren­de­rà con­to dell’entità del­la cri­si, sca­te­ne­rà una for­za fero­ce e sen­za fre­ni per cer­ca­re di con­te­ner­la, come fece il regi­me dell’apartheid suda­fri­ca­no duran­te i suoi ulti­mi giorni.

1.

Un pri­mo indi­ca­to­re sta nel­la frat­tu­ra del­la socie­tà ebrai­ca israe­lia­na. Attual­men­te essa è com­po­sta da due fazio­ni riva­li che non rie­sco­no a tro­va­re un ter­re­no comu­ne. La spac­ca­tu­ra deri­va dal­le ano­ma­lie nel defi­ni­re l’ebraismo come nazio­na­li­smo. Men­tre l’identità ebrai­ca in Israe­le a vol­te è sem­bra­ta poco più che un argo­men­to di dibat­ti­to teo­ri­co tra fazio­ni reli­gio­se e lai­che, ora è diven­ta­ta una lot­ta sul carat­te­re del­la sfe­ra pub­bli­ca e del­lo Sta­to stes­so. Que­sta lot­ta si com­bat­te non solo sui media ma anche nel­le strade.
Un cam­po può esse­re defi­ni­to lo “Sta­to di Israe­le”. Com­pren­de ebrei euro­pei più lai­ci, libe­ra­li e per lo più, ma non esclu­si­va­men­te, del­la clas­se media, e i loro discen­den­ti, che sono sta­ti deter­mi­nan­ti nel­la fon­da­zio­ne del­lo Sta­to nel 1948 e sono rima­sti ege­mo­ni al suo inter­no fino alla fine del seco­lo scor­so. Non frain­ten­de­te, la loro dife­sa dei “valo­ri demo­cra­ti­ci libe­ra­li” non influi­sce sul loro impe­gno nei con­fron­ti del siste­ma di apar­theid che vie­ne impo­sto, in vari modi, a tut­ti i pale­sti­ne­si che vivo­no tra il fiu­me Gior­da­no e il Mar Medi­ter­ra­neo. Il loro desi­de­rio fon­da­men­ta­le è che i cit­ta­di­ni ebrei viva­no in una socie­tà demo­cra­ti­ca e plu­ra­li­sta da cui gli ara­bi sono esclusi.
L’altro cam­po è lo “Sta­to di Giu­dea”, che si è svi­lup­pa­to tra i colo­ni del­la Cisgior­da­nia occu­pa­ta. Gode di un cre­scen­te soste­gno all’interno del Pae­se e costi­tui­sce la base elet­to­ra­le che ha assi­cu­ra­to la vit­to­ria di Neta­nya­hu alle ele­zio­ni del novem­bre 2022. La sua influen­za nei ver­ti­ci dell’esercito israe­lia­no e dei ser­vi­zi di sicu­rez­za sta cre­scen­do in modo espo­nen­zia­le. Lo Sta­to di Giu­dea vuo­le che Israe­le diven­ti una teo­cra­zia che si esten­da su tut­ta la Pale­sti­na sto­ri­ca. Per rag­giun­ge­re que­sto obiet­ti­vo, è deter­mi­na­to a ridur­re il nume­ro di pale­sti­ne­si al mini­mo indi­spen­sa­bi­le e sta pren­den­do in con­si­de­ra­zio­ne la costru­zio­ne di un Ter­zo Tem­pio al posto del­la moschea di al‑Aqsa. I suoi mem­bri cre­do­no che que­sto per­met­te­rà loro di rin­no­va­re l’epoca d’oro dei regni bibli­ci. Per loro, gli ebrei lai­ci sono ere­ti­ci quan­to i pale­sti­ne­si se si rifiu­ta­no di unir­si a que­sto sforzo.
I due schie­ra­men­ti ave­va­no ini­zia­to a scon­trar­si vio­len­te­men­te già pri­ma del 7 otto­bre. Nel­le pri­me set­ti­ma­ne dopo l’assalto, sem­bra­va che aves­se­ro mes­so da par­te le loro diver­gen­ze di fron­te a un nemi­co comu­ne. Ma era un’illusione. Gli scon­tri di piaz­za sono ripre­si ed è dif­fi­ci­le capi­re cosa potreb­be por­ta­re alla ricon­ci­lia­zio­ne. Il risul­ta­to più pro­ba­bi­le si sta già mani­fe­stan­do davan­ti ai nostri occhi. Più di mez­zo milio­ne di israe­lia­ni, in rap­pre­sen­tan­za del­lo Sta­to di Israe­le, ha lascia­to il pae­se da otto­bre, un’indicazione che il Pae­se è sta­to inghiot­ti­to dal­lo Sta­to di Giu­dea. Que­sto è un pro­get­to poli­ti­co che il mon­do ara­bo, e for­se anche il mon­do in gene­ra­le, non tol­le­re­rà a lun­go termine.

2.

Il secon­do indi­ca­to­re è la cri­si eco­no­mi­ca di Israe­le. La clas­se poli­ti­ca non sem­bra ave­re alcun pia­no per rie­qui­li­bra­re le finan­ze pub­bli­che nel mez­zo di con­flit­ti arma­ti per­pe­tui, se non quel­lo di dipen­de­re sem­pre più dagli aiu­ti finan­zia­ri ame­ri­ca­ni. Nell’ultimo tri­me­stre del­lo scor­so anno, l’economia è crol­la­ta di qua­si il 20%; da allo­ra, la ripre­sa è sta­ta fra­gi­le. L’impegno di Washing­ton di 14 miliar­di di dol­la­ri dif­fi­cil­men­te inver­ti­rà la situa­zio­ne. Al con­tra­rio, il peso eco­no­mi­co non farà che peg­gio­ra­re se Israe­le por­te­rà avan­ti la sua inten­zio­ne di entra­re in guer­ra con Hez­bol­lah, aumen­tan­do al con­tem­po l’attività mili­ta­re in Cisgior­da­nia, in un momen­to in cui alcu­ni pae­si, fra cui Tur­chia e Colom­bia, han­no ini­zia­to ad appli­ca­re san­zio­ni economiche.
La cri­si è ulte­rior­men­te aggra­va­ta dall’incompetenza del mini­stro del­le Finan­ze Beza­lel Smo­trich, che con­vo­glia costan­te­men­te dena­ro agli inse­dia­men­ti ebrai­ci in Cisgior­da­nia, ma sem­bra altri­men­ti inca­pa­ce di gesti­re il suo dipar­ti­men­to. Il con­flit­to tra lo Sta­to di Israe­le e lo Sta­to di Giu­dea, insie­me agli even­ti del 7 otto­bre, sta nel frat­tem­po spin­gen­do alcu­ne del­le éli­te eco­no­mi­che e finan­zia­rie a spo­sta­re il pro­prio capi­ta­le al di fuo­ri del­lo Sta­to. Colo­ro che stan­no pren­den­do in con­si­de­ra­zio­ne la pos­si­bi­li­tà di tra­sfe­ri­re i pro­pri inve­sti­men­ti costi­tui­sco­no una par­te signi­fi­ca­ti­va del 20% di israe­lia­ni che paga l’80% del­le tasse.

3.

Il ter­zo indi­ca­to­re è il cre­scen­te iso­la­men­to inter­na­zio­na­le di Israe­le, che sta gra­dual­men­te diven­tan­do uno Sta­to paria. Que­sto pro­ces­so è ini­zia­to pri­ma del 7 otto­bre, ma si è inten­si­fi­ca­to dall’inizio del geno­ci­dio. Ciò si riflet­te nel­le posi­zio­ni sen­za pre­ce­den­ti adot­ta­te dal­la Cor­te inter­na­zio­na­le di giu­sti­zia e dal­la Cor­te pena­le inter­na­zio­na­le. In pre­ce­den­za, il movi­men­to glo­ba­le di soli­da­rie­tà con la Pale­sti­na era riu­sci­to a mobi­li­ta­re le per­so­ne a par­te­ci­pa­re alle ini­zia­ti­ve di boi­cot­tag­gio, ma non era riu­sci­to a far avan­za­re la pro­spet­ti­va di san­zio­ni inter­na­zio­na­li. Nel­la mag­gior par­te dei Pae­si, il soste­gno a Israe­le è rima­sto incrol­la­bi­le in seno all’establishment poli­ti­co ed economico.
In que­sto con­te­sto, le recen­ti deci­sio­ni del­la Cor­te inter­na­zio­na­le di giu­sti­zia e del­la Cor­te pena­le inter­na­zio­na­le – secon­do cui Israe­le sta­reb­be com­met­ten­do un geno­ci­dio, dovreb­be fer­ma­re la sua offen­si­va a Rafah e i suoi lea­der dovreb­be­ro esse­re arre­sta­ti per cri­mi­ni di guer­ra – devo­no esse­re viste come un ten­ta­ti­vo di tener con­to del­le opi­nio­ni del­la socie­tà civi­le glo­ba­le, piut­to­sto che come un sem­pli­ce rifles­so dell’opinione dell’élite. I tri­bu­na­li non han­no pla­ca­to i bru­ta­li attac­chi con­tro la popo­la­zio­ne di Gaza e del­la Cisgior­da­nia. Ma han­no con­tri­bui­to al cre­scen­te coro di cri­ti­che rivol­te allo Sta­to israe­lia­no, che pro­ven­go­no sem­pre più spes­so sia dall’alto che dal basso.

4.

Il quar­to indi­ca­to­re, inter­con­nes­so agli altri, è il cam­bia­men­to radi­ca­le tra i gio­va­ni ebrei di tut­to il mon­do. In segui­to agli even­ti degli ulti­mi nove mesi, mol­ti sem­bra­no ora dispo­sti a rinun­cia­re al loro lega­me con Israe­le e col sio­ni­smo e a par­te­ci­pa­re atti­va­men­te al movi­men­to di soli­da­rie­tà pale­sti­ne­se. Le comu­ni­tà ebrai­che, soprat­tut­to negli Sta­ti Uni­ti, un tem­po for­ni­va­no a Israe­le un’efficace immu­ni­tà dal­le cri­ti­che. La per­di­ta, o alme­no la par­zia­le per­di­ta, di que­sto soste­gno ha impor­tan­ti impli­ca­zio­ni per la posi­zio­ne glo­ba­le del Pae­se. L’AIPAC può anco­ra con­ta­re sui sio­ni­sti cri­stia­ni per for­ni­re assi­sten­za e raf­for­za­re i suoi mem­bri, ma non sarà più la stes­sa for­mi­da­bi­le orga­niz­za­zio­ne sen­za un signi­fi­ca­ti­vo elet­to­ra­to ebrai­co. Il pote­re del­la lob­by si sta erodendo.

5.

Il quin­to indi­ca­to­re è la debo­lez­za dell’esercito israe­lia­no. Non c’è dub­bio che le IDF riman­ga­no una for­za poten­te con armi all’avanguardia a sua dispo­si­zio­ne. Tut­ta­via, i suoi limi­ti sono sta­ti mes­si in luce il 7 otto­bre. Mol­ti israe­lia­ni riten­go­no che i mili­ta­ri sia­no sta­ti estre­ma­men­te for­tu­na­ti, poi­ché la situa­zio­ne avreb­be potu­to esse­re mol­to peg­gio­re se Hez­bol­lah si fos­se uni­to a un attac­co coor­di­na­to. Da allo­ra, Israe­le ha dimo­stra­to di dipen­de­re dispe­ra­ta­men­te da una coa­li­zio­ne regio­na­le, gui­da­ta dagli Sta­ti Uni­ti, per difen­der­si dall’Iran, il cui attac­co di avver­ti­men­to in apri­le ha visto il dispie­ga­men­to di cir­ca 170 dro­ni più mis­si­li bali­sti­ci e gui­da­ti. Più che mai, il pro­get­to sio­ni­sta dipen­de dal­la rapi­da con­se­gna di enor­mi quan­ti­tà di rifor­ni­men­ti da par­te degli ame­ri­ca­ni, sen­za i qua­li non potreb­be nem­me­no com­bat­te­re con­tro un pic­co­lo eser­ci­to di guer­ri­glia nel sud.
Tra la popo­la­zio­ne ebrai­ca del Pae­se è ormai dif­fu­sa la per­ce­zio­ne che Israe­le non sia pre­pa­ra­to e non sia in gra­do di difen­der­si. Ciò ha por­ta­to a for­ti pres­sio­ni per rimuo­ve­re l’esenzione mili­ta­re per gli ebrei ultraor­to­dos­si, in vigo­re dal 1948, e ini­zia­re a reclu­tar­li a miglia­ia. Que­sto dif­fi­cil­men­te farà mol­ta dif­fe­ren­za sul cam­po di bat­ta­glia, ma riflet­te la por­ta­ta del pes­si­mi­smo nei con­fron­ti dell’esercito, che a sua vol­ta ha appro­fon­di­to le divi­sio­ni poli­ti­che all’interno di Israele.

6.

L’indicatore fina­le è il nuo­vo slan­cio tra la gene­ra­zio­ne più gio­va­ne dei pale­sti­ne­si. Essa è mol­to più uni­ta, orga­ni­ca­men­te con­nes­sa e chia­ra sul­le sue pro­spet­ti­ve rispet­to all’élite poli­ti­ca pale­sti­ne­se. Dato che la popo­la­zio­ne di Gaza e del­la Cisgior­da­nia è tra le più gio­va­ni al mon­do, que­sta nuo­va coor­te avrà un’influenza immen­sa sul futu­ro del­la lot­ta di libe­ra­zio­ne. Le discus­sio­ni in cor­so tra i gio­va­ni grup­pi pale­sti­ne­si mostra­no che sono pre­oc­cu­pa­ti di sta­bi­li­re un’organizzazione vera­men­te demo­cra­ti­ca, che sia un’OLP rin­no­va­ta o una nuo­va, che per­se­gua una visio­ne di eman­ci­pa­zio­ne che sia anti­te­ti­ca alla cam­pa­gna dell’Autorità Pale­sti­ne­se per il rico­no­sci­men­to come Sta­to. Sem­bra­no pre­fe­ri­re una solu­zio­ne a un solo Sta­to rispet­to a un model­lo a due Sta­ti ormai screditato.
Saran­no in gra­do di orga­niz­za­re una rispo­sta effi­ca­ce al decli­no del sio­ni­smo? È una doman­da a cui è dif­fi­ci­le rispon­de­re. Il crol­lo di un pro­get­to sta­ta­le non è sem­pre segui­to da un’alternativa miglio­re. Altro­ve in Medio Orien­te, in Siria, Yemen e Libia, abbia­mo visto quan­to pos­sa­no esse­re san­gui­no­si e pro­lun­ga­ti i risul­ta­ti. In que­sto caso, si trat­te­reb­be di deco­lo­niz­za­zio­ne e il seco­lo scor­so ha dimo­stra­to che le real­tà post-colo­nia­li non sem­pre miglio­ra­no la con­di­zio­ne colo­nia­le. Solo l’azione dei pale­sti­ne­si può por­tar­ci nel­la giu­sta dire­zio­ne. Cre­do che, pri­ma o poi, una fusio­ne esplo­si­va di que­sti indi­ca­to­ri por­te­rà alla distru­zio­ne del pro­get­to sio­ni­sta in Pale­sti­na. Quan­do ciò acca­drà, dob­bia­mo spe­ra­re che un for­te movi­men­to di libe­ra­zio­ne sia lì a col­ma­re il vuoto.

Per più di 56 anni, quel­lo che è sta­to defi­ni­to il “pro­ces­so di pace” – un pro­ces­so che non ha por­ta­to a nul­la – è sta­to in real­tà una serie di ini­zia­ti­ve israelo‑americane alle qua­li i pale­sti­ne­si sono sta­ti invi­ta­ti a dar segui­to. Oggi, la “pace” deve esse­re sosti­tui­ta dal­la deco­lo­niz­za­zio­ne, e i pale­sti­ne­si devo­no esse­re in gra­do di espri­me­re la loro visio­ne per la regio­ne, invi­tan­do gli israe­lia­ni a rea­gi­re. Que­sto segne­rà la pri­ma vol­ta, alme­no da mol­ti decen­ni, che il movi­men­to pale­sti­ne­se pren­de­rà l’iniziativa nel pre­sen­ta­re le sue pro­po­ste per una Pale­sti­na post-colo­nia­le e non sio­ni­sta (o comun­que si chia­me­rà la nuo­va enti­tà). Nel far­lo, pro­ba­bil­men­te guar­de­rà all’Europa (for­se ai can­to­ni sviz­ze­ri e al model­lo bel­ga) o, più oppor­tu­na­men­te, alle vec­chie strut­tu­re del Medi­ter­ra­neo orien­ta­le, dove grup­pi reli­gio­si seco­la­riz­za­ti si sono gra­dual­men­te tra­sfor­ma­ti in grup­pi etno­cul­tu­ra­li che con­vi­ve­va­no nel­lo stes­so territorio.
Che la gen­te lo accet­ti o lo tema, il col­las­so di Israe­le è ormai pre­ve­di­bi­le. Que­sta pos­si­bi­li­tà dovreb­be infor­ma­re il dibat­ti­to a lun­go ter­mi­ne sul futu­ro del­la regio­ne. Sarà inse­ri­ta nell’agenda non appe­na la gen­te si ren­de­rà con­to che il ten­ta­ti­vo seco­la­re, gui­da­to dal­la Gran Bre­ta­gna e poi dagli Sta­ti Uni­ti, di impor­re uno Sta­to ebrai­co a un pae­se ara­bo sta len­ta­men­te vol­gen­do al ter­mi­ne. Ha avu­to abba­stan­za suc­ces­so da crea­re una socie­tà di milio­ni di colo­ni, mol­ti dei qua­li sono ormai di secon­da e ter­za gene­ra­zio­ne. Ma la loro pre­sen­za dipen­de anco­ra, come quan­do sono arri­va­ti, dal­la loro capa­ci­tà di impor­re con la vio­len­za la loro volon­tà a milio­ni di indi­ge­ni, che non han­no mai rinun­cia­to alla loro lot­ta per l’autodeterminazione e la liber­tà nel­la loro patria. Nei decen­ni a veni­re, i colo­ni dovran­no abban­do­na­re que­sto approc­cio e dimo­stra­re la loro volon­tà di vive­re come cit­ta­di­ni ugua­li in una Pale­sti­na libe­ra­ta e decolonizzata.


[*] Ilan Pap­pé è uno sto­ri­co israe­lia­no, atti­vi­sta socia­li­sta, pro­fes­so­re di sto­ria pres­so la Facol­tà di Scien­ze Socia­li e Stu­di Inter­na­zio­na­li dell’Università di Exe­ter e auto­re del best‑seller La puli­zia etni­ca del­la Pale­sti­na (2006).


(Tra­du­zio­ne di Andrea Di Benedetto)