Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Polemica, Politica internazionale: Europa

Mélenchon, ovvero il cretinismo parlamentare

Rin­gra­zia­mo i com­pa­gni di Puntocritico.info, e in par­ti­co­la­re il com­pa­gno Mar­co Verug­gio, per aver­ci per­mes­so di ripub­bli­ca­re qui il gusto­so arti­co­lo che fa il pun­to sul­la situa­zio­ne venu­ta­si a deter­mi­na­re in Fran­cia all’esito del­la for­ma­zio­ne del nuo­vo ese­cu­ti­vo, e in par­ti­co­la­re sul disa­stro poli­ti­co del­la sini­stra riu­ni­ta­si attor­no a Jean‑Luc Mélen­chon e il suo impro­ba­bi­le Nuo­vo Fron­te Popo­la­re: paro­dia in peg­gio di quel­lo “vec­chio”, di cui Tro­tsky ebbe a dire «… nel­la sua for­ma attua­le non è che l’organizzazione del­la col­la­bo­ra­zio­ne di clas­se tra gli sfrut­ta­to­ri poli­ti­ci del pro­le­ta­ria­to (rifor­mi­sti e sta­li­nia­ni) e gli sfrut­ta­to­ri del­la pic­co­la bor­ghe­sia (radi­ca­li)» (“Anco­ra una vol­ta: dove va la Fran­cia?”, in I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se e altri scrit­ti su que­stio­ni inter­na­zio­na­li, 1924‑1940, Einau­di, 1970, p. 487).
Buo­na lettura.
La redazione

Mélenchon, ovvero il cretinismo parlamentare


Mar­co Veruggio

 

La Francia ha finalmente il suo governo guidato da un ex gollista: agli interni il “duro” Retailleau, gradito alla Le Pen, e alla difesa ancora il colonnello Lecornu, che continuerà a lavorare per «restaurare la potenza delle nostre forze armate». Il capolavoro di Mélenchon: Macron resuscitato, governo ostaggio della Le Pen e opposizione di sinistra screditata.

 

Nel 1852 sul New York Tri­bu­ne Marx ed Engels cri­ti­ca­va­no così le illu­sio­ni par­la­men­ta­ri­ste del­la sini­stra tede­sca dopo il 1848:

«Ogni vol­ta che la più pic­co­la appros­si­ma­zio­ne ai loro prin­ci­pi non mol­to ben defi­ni­ti rice­ve­va, in dose omeo­pa­ti­ca dilui­ta, una sor­ta di rico­no­sci­men­to dall’Assemblea di Fran­co­for­te, que­sti demo­cra­ti­ci pro­cla­ma­va­no di aver sal­va­to la patria e il popo­lo. Quei disgra­zia­ti pove­ri di spi­ri­to per tut­to il cor­so del­le loro esi­sten­ze di soli­to mol­to oscu­re era­no sta­ti così poco abi­tua­ti a qual­co­sa che asso­mi­glias­se a un suc­ces­so, che ora cre­de­va­no dav­ve­ro che i loro meschi­ni emen­da­men­ti, appro­va­ti con una mag­gio­ran­za di 2‑3 voti, avreb­be­ro cam­bia­to la fac­cia dell’Europa. Dagli ini­zi del­la loro car­rie­ra legi­sla­ti­va era­no sta­ti più di qual­sia­si altra fra­zio­ne dell’Assemblea con­ta­mi­na­ti dall’incurabile malat­tia del cre­ti­ni­smo par­la­men­ta­re, che riem­pie gli sfor­tu­na­ti che ne sono vit­ti­me del­la solen­ne con­vin­zio­ne che il mon­do inte­ro, la sua sto­ria e il suo avve­ni­re, sia­no ret­ti e deter­mi­na­ti dal­la mag­gio­ran­za dei voti di quel par­ti­co­la­re con­ses­so rap­pre­sen­ta­ti­vo che ha l’onore di anno­ve­rar­li tra i suoi mem­bri e che qua­lun­que cosa acca­da fuo­ri del­le pare­ti di quell’edificio – guer­re, rivo­lu­zio­ni, costru­zio­ne di fer­ro­vie, colo­niz­za­zio­ne di inte­ri con­ti­nen­ti, sco­per­ta dell’oro in Cali­for­nia, cana­li in Ame­ri­ca cen­tra­le, eser­ci­ti rus­si e tut­to ciò che pre­ten­da in qual­che modo di influi­re sui desti­ni dell’umanità – in real­tà non con­ti nul­la a con­fron­to con gli incom­men­su­ra­bi­li even­ti lega­ti a qual­sia­si impor­tan­te dibat­ti­to in quel momen­to occu­pi l’attenzione del­la loro ono­re­vo­le assemblea».

L’Assemblea di Fran­co­for­te, che vole­va uni­fi­ca­re la Ger­ma­nia e dar­le una Costi­tu­zio­ne libe­ra­le, si vide respin­ge­re la Costi­tu­zio­ne al mit­ten­te dai due Sta­ti più impor­tan­ti, Austria e Prus­sia; fu umi­lia­ta da Fede­ri­co Gugliel­mo IV, che alla pro­po­sta dei depu­ta­ti di inco­ro­nar­lo impe­ra­to­re rispo­se di non voler nul­la da una mas­sa di bot­te­gai, e sciol­ta mise­ra­men­te dopo un anno. Ma fu tra i pro­ta­go­ni­sti di una rivo­lu­zio­ne che avreb­be segna­to i desti­ni dell’Europa e l’ascesa del­la bor­ghe­sia libe­ra­le. Il Nou­veau Front Popu­lai­re è dura­to un mese, ha fat­to una fine ancor più tri­ste e non fini­rà sui libri di storia.
Mes­so su in fret­ta e furia dopo lo scio­gli­men­to dell’Assemblea Nazio­na­le da par­te di Macron, gran­de scon­fit­to alle euro­pee, il NFP ha un pro­gram­ma che uni­sce riven­di­ca­zio­ni socia­li da pau­ra – bloc­co dei prez­zi dei beni di pri­ma neces­si­tà, ben­zi­na, ener­gia ecc., abro­ga­zio­ne del­la rifor­ma del­le pen­sio­ni di Macron e sala­rio mini­mo a 1600 euro net­ti nei pri­mi 15 gior­ni di gover­no – al soste­gno mili­ta­re all’Ucraina. Al pri­mo tur­no ottie­ne 9 milio­ni di voti (è secon­do dopo la Le Pen e davan­ti a Macron), al secon­do per “sal­va­re la patria e il popo­lo” dal­la bar­ba­rie rea­zio­na­ria dona i suoi voti, non sem­pre ricam­bia­to, ai can­di­da­ti “demo­cra­ti­ci” deci­si­vi per bat­te­re la destra e resu­sci­ta Macron, ma ottie­ne più seg­gi di tut­ti, 182. Pochi minu­ti dopo la chiu­su­ra del­le urne, il deces­so: Mélen­chon invo­ca il pote­re; gli allea­ti e per­si­no qual­che diri­gen­te del suo par­ti­to lo sca­ri­ca­no apren­do al redi­vi­vo Macron.
Macron, l’“argine demo­cra­ti­co alla bar­ba­rie” pri­ma ven­ti­la l’incarico alla can­di­da­ta pre­mier di Mélen­chon, a con­di­zio­ne che non ci sia­no mini­stri del suo par­ti­to, poi, nono­stan­te Mélen­chon accet­ti, nomi­na Michel Bar­nier, ex gol­li­sta non sgra­di­to alla “bar­ba­rie”, Mari­ne Le Pen, che, visti i nume­ri, sta­rà all’opposizione ma avrà in pugno il gover­no. Solo la nomi­na agli inter­ni del “duro” Retail­leau, da sem­pre cri­ti­co di Macron per il “las­si­smo” sull’immigrazione e le aper­tu­re sui dirit­ti civi­li, è un suc­ces­so del Ras­sem­ble­ment Natio­nal. Mélen­chon rea­gi­sce denun­cian­do il “fur­to del­la demo­cra­zia”, chie­de la desti­tu­zio­ne di Macron, con­vo­ca mani­fe­sta­zio­ni in tut­ta la Fran­cia e annun­cia una “lot­ta di lun­ga dura­ta” (tra­dot­to dal poli­ti­che­se: “abbia­mo per­so”). Insom­ma fa come Don Raf­faè: «si coster­na, s’indigna, s’impegna, poi get­ta la spu­gna con gran digni­tà».

I “melen­cho­nia­ni” ita­lia­ni (Foto: Ansa, via repubblica.it)

I melen­cho­nia­ni ita­lia­ni, dopo aver gioi­to per la vit­to­ria elet­to­ra­le e sogna­to di lot­ta­re anche loro tut­ti insie­me appas­sio­na­ta­men­te con­tro la Melo­ni – foto di grup­po Con­te, Schlein, Fra­to­ian­ni, Bonel­li, Acer­bo e Magi alla festa nazio­na­le dell’ANPI (ma Pote­re al Popo­lo riven­di­ca che i melen­cho­nia­ni doc sono loro) – ora gioi­sco­no di meno. “Ma cos’altro pote­va fare?” giu­sti­fi­ca­no il loro eroe. Come dire che pur di far qual­co­sa è leci­to anche fare scioc­chez­ze. Al dan­no per la sini­stra si aggiun­ge la bef­fa: La Fran­ce Insou­mi­se ha depo­si­ta­to la richie­sta di crea­re un nuo­vo euro­grup­po alter­na­ti­vo a The Left, con Pode­mos, Blo­que de Esquer­da e le sini­stre di Sve­zia, Dani­mar­ca, Fin­lan­dia e Polo­nia, schie­ra­te per il soste­gno mili­ta­re a Kiev e le bom­be sul­la Russia.
Come nel 2015 in Gre­cia, l’illusione di aggi­ra­re gli effet­ti del­la pesan­te scon­fit­ta socia­le inflit­ta da Macron al sin­da­ca­to sul­le pen­sio­ni pas­san­do per le urne coz­za ine­vi­ta­bil­men­te con la real­tà “fuo­ri dal­le pare­ti” del­la sini­stra, là dove vivo­no milio­ni di lavo­ra­to­ri che, a dif­fe­ren­za del ceto poli­ti­co, non han­no alcu­na spe­ran­za che il voto cam­bi loro la vita e a vota­re infat­ti non ci van­no più (i dati mostra­no che anche la Fran­cia è sul­la stes­sa china).
La déba­cle fran­ce­se potreb­be esse­re uti­le se alme­no se ne traes­se final­men­te la con­clu­sio­ne che pen­sa­re di cam­bia­re la tra­iet­to­ria di un pae­se alte­ran­do gli equi­li­bri in un’assemblea elet­ti­va è come pen­sa­re di gui­da­re una mac­chi­na con la leva del cam­bio sen­za toc­ca­re la fri­zio­ne, l’acceleratore e il volan­te. Le ele­zio­ni non instau­ra­no nuo­vi rap­por­ti di for­za socia­li: si limi­ta­no a riflet­te­re i rap­por­ti di for­za tra le clas­si socia­li instau­ra­ti­si negli anni pre­ce­den­ti. E Macron ha svol­to una fun­zio­ne nota­ri­le, con­sta­tan­do che in Fran­cia il par­ti­to tra­sver­sa­le del­la guer­ra e del mas­sa­cro socia­le ha una net­ta mag­gio­ran­za ed è pre­sen­te anche nel NFP (socia­li­sti, ver­di, libe­ra­li). Che quel par­ti­to per ragio­ni di bot­te­ga si divi­da in fra­zio­ni diver­se non intac­ca la loro fedel­tà agli inte­res­si di fon­do del capi­ta­li­smo fran­ce­se. Così come negli USA fan­no l’«Ame­ri­ca great again» di Trump e l’«Ame­ri­ca still great» di Harris‑Cheney.

J.L. Mélen­chon

Il cre­ti­ni­smo par­la­men­ta­re ha anche un costo: risor­se tan­to più pre­zio­se quan­to più scar­se – tem­po, impe­gno, dena­ro mes­si gene­ro­sa­men­te a dispo­si­zio­ne da miglia­ia di mili­tan­ti – spre­ca­te a rac­co­glie­re fir­me, distri­bui­re san­ti­ni, pre­si­dia­re seg­gi semi­vuo­ti, con l’unico risul­ta­to di per­de­re pez­zi a ogni bato­sta. Ma soprat­tut­to risor­se sot­trat­te alla sola atti­vi­tà sto­ri­ca­men­te dav­ve­ro uti­le per i lavo­ra­to­ri: la lot­ta di clas­se. Saba­to uno degli slo­gan più get­to­na­ti nel­le piaz­ze del­la sini­stra era “A quoi ça sert de voter?”, “A che ser­ve vota­re?” In atte­sa di rispo­ste da Mélen­chon citia­mo un altro comi­co fran­ce­se, Colu­che: «Se vota­re ser­vis­se a qual­co­sa, l’avrebbero già vie­ta­to da tem­po».

(22 set­tem­bre 2024)