Riprendiamo dal sito del Collettivo “Occhio di Classe” la lettera che dal carcere iraniano di Evin (Tehran) il sindacalista Reza Shahabi ha indirizzato al summit dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro per denunciare la repressione che il regime degli ayatollah mette in atto contro i sindacalisti e la sostituzione dei sindacati liberi con sindacati di diretta emanazione del governo, e dunque non rappresentativi dei lavoratori.
La lettera era stata tradotta in italiano e precedentemente pubblicata sulla pagina web PuntoCritico, che fa riferimento all’Associazione ControCorrente.
Buona lettura.
La redazione
Pubblichiamo, ringraziando i compagni dell’Associazione ControCorrente, che lo hanno tradotto e pubblicato in italiano, il seguente appello, augurandoci, per quel poco che possiamo, di contribuire alla sua diffusione.
Si tratta della lettera che il sindacalista iraniano Reza Shahabi, dalle carceri del regime degli ayatollah, scrive alla Conferenza annuale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, riunita a Ginevra, con tanto di delegati iraniani, dal 5 al 16 giugno, chiedendo di non riconoscerne la rappresentanza come difensori e delegati dei lavoratori, e chiarendo qual è, invece, il loro reale ruolo all’interno del regime.
(Occhio di Classe)
Sindacalista iraniano in carcere scrive a summit OIL: “Disconoscete i sindacalisti di regime”
«La mobilitazione del popolo iraniano contro il regime teocratico degli ayatollah in atto da mesi viene presentata perlopiù come una lotta delle donne e dei giovani per i diritti democratici. Accanto a questo aspetto c’è una componente sindacale, di classe, su cui spesso si preferisce sorvolare: la lotta per migliori condizioni di lavoro, salari dignitosi e pagati puntualmente e la libertà di espressione e di organizzazione nei posti di lavoro, spesso aziende di Stato o ex aziende privatizzate svendendole a esponenti del regime o loro amici. La lettera che segue, che abbiamo tradotto in italiano e pubblicato sulla nostra newsletter, proviene dal famigerato carcere di Evin ed è stata scritta da Reza Shahabi, sindacalista dell’azienda di trasporto pubblico locale di Tehran, i cui dipendenti hanno una lunga tradizione di opposizione al regime. Reza Shahabi è un autista, ha 50 anni e da quando nel 2004 ha rifondato il sindacato nella compagnia di trasporto pubblico locale di Tehran e circondario (VAHED), è stato eletto rappresentante dei lavoratori, licenziato e reintegrato, ha trascorso gli anni successivi entrando e uscendo dal carcere. Nel 2014 IndustriAll ha scritto al governo iraniano chiedendone la liberazione ed esprimendo preoccupazione per le sue condizioni di salute, anche a seguito dei ripetuti scioperi della fame messo in atto da Shahabi. Nel maggio 2022 è stato nuovamente arrestato con l’accusa di aver organizzato l’incontro con due sindacalisti francesi della scuola, Cecile Kohler e Cristophe Lalande, che secondo i servizi di sicurezza iraniani sarebbero andati in Iran per sobillare e prendere parte allo sciopero degli insegnanti, anch’essi arrestati con l’accusa di spionaggio e detenuti a Evin. L’episodio ha suscitato la presa di posizione di cinque sindacati francesi: CFDT, CGT, FSU. Solidaires, UNSA.
La lettera di Shahabi è indirizzata ai sindacalisti indipendenti che dal 5 al 16 giugno partecipano alla Conferenza annuale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e spiega loro che i delegati iraniani alla conferenza presenti a Ginevra non rappresentano i lavoratori iraniani, ma un governo che è solito soffocare anche brutalmente qualunque forma di protesta sindacale. I veri sindacalisti iraniani si trovano più spesso in carcere che in giro per conferenze internazionali. Tradurre questa lettera e diffonderla è un piccolo contributo, un modo per esprimere la nostra solidarietà internazionalista al movimento operaio iraniano (e a quello francese). Pertanto chiediamo a tutti di unirsi a noi in questo sforzo dando la massima diffusione possibile a questo testo».
“Quei sindacalisti non rappresentano i lavoratori iraniani”
Lettera aperta di Reza Shahabi ai sindacalisti indipendenti da governi e datori di lavoro che partecipano alla Conferenza 2023 dell’OIL.
1° giugno 2023
Calorosi saluti,
Sono Reza Shahabi, autista di autobus in Iran e membro del direttivo del Sindacato dei Lavoratori della Compagnia degli Autobus di Teheran e del Circondario (VAHED). Vi invio i miei saluti da dietro le mura e le sbarre della prigione di Evin.
Dal 2004, cioè dalla ricostituzione del nostro sindacato, io e i miei colleghi siamo stati arrestati, licenziati, imprigionati e torturati molte volte.
Dal 2010 al 2017 è successo a causa delle nostre attività sindacali, della lotta in difesa dei diritti dei lavoratori, delle nostre proteste contro il misero livello dei salari e per una vita migliore, ad esempio l’accesso dei lavoratori ai bene elementari, alla casa, all’assistenza sanitaria, all’istruzione …
Siamo stati sottoposti alle più dure repressioni mediante false accuse e processi farsa. Personalmente in quel periodo sono stato in prigione, dove ho subito un intervento chirurgico al collo e alla schiena a causa delle percosse e delle torture a cui ero stato sottoposto.
Dopo la Giornata internazionale dei lavoratori del 2022, a causa delle riunioni sindacali coi colleghi e degli incontri con altri attivisti sindacali, tra cui pensionati, scrittori, donne e studenti, nonché di un incontro con due insegnanti e sindacalisti francesi a Teheran, siamo stati arrestati e, come in passato, abbiamo dovuto affrontare accuse false, fittizie e fuorvianti.
Attualmente si trovano ancora in carcere o in attesa di sentenze crudeli i seguenti attivisti:
– Reza Shahabi, Davood Razavi, Hassan Saeidi del Sindacato degli autoferrotranvieri di Teheran e circondario,
– Keyvan Mohtadi e Anisha Asadollahi, insegnanti di inglese e traduttori, anch’essi iscritti al Sindacato autoferrotranvieri di Teheran e circondario,
– Reyhane Ansarinejad, attivista sindacale,
– Zhaleh Roohzad, insegnante in pensione e attivista,
– Rasoul Bodaghi, Jafar Ebrahimi, Mohammad Habibi, Masoud Nikkhah, Eskander Lotfi, Sha’ban Mohammadi, membri dei sindacati di categoria degli insegnanti.
A loro si aggiungono numerosi simpatizzanti e figli di lavoratori. Inoltre il 29 maggio 2023 contro Hassan Saeidi, Keyvan Mohtadi e me, da oltre un anno in carcere, sono state formulate nuove accuse.
Cari compagni e colleghi,
sin dalla sua nascita, l’establishment al potere nel nostro Paese ha fatto ricorso a una repressione aperta e brutale contro l’intera classe operaia.
La sua prima misura è stata quella di cancellare le tutele legali a beneficio dei sindacati e delle altre organizzazioni indipendenti del movimento operaio. Le ha sostituite con organizzazioni sponsorizzate dallo Stato, come la Casa dei Lavoratori, i Consigli islamici del lavoro e l’Assemblea dei rappresentanti dei lavoratori.
Tutte queste organizzazioni operano sotto il comando e la direzione del governo. Agiscono come polizia segreta nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, assicurandosi che le proteste dei lavoratori restino inascoltate.
Identificano i lavoratori che protestano e li segnalano alle forze di sicurezza o alla direzione.
Nell’azienda di trasporto pubblico locale di Teheran, ad esempio, i Consigli islamici del lavoro hanno identificato e segnalato gli autisti che protestavano alla sicurezza interna dell’azienda e al consiglio di sicurezza della provincia e, su ordine delle forze di sicurezza, hanno licenziato chi protestava, cercando di far riconoscere le sue ragioni, decisioni prese in pseudo‑riunioni del “Comitato di disciplina del lavoro”.
Noi eravamo tra i lavoratori licenziati. Siamo stati licenziati, arrestati e imprigionati dalle forze di sicurezza per aver organizzato un sindacato indipendente, proprio in conformità con le convenzioni 87 e 98 dell’OIL, e per le nostre rivendicazioni di poter condurre una vita dignitosa, dell’applicazione di nuove declaratorie contrattuali e tabelle salariali, del giusto riconoscimento della natura usurante dei nostri lavori, ecc.
Siamo stati licenziati sulla base di falsi rapporti dei membri del Consiglio islamico del lavoro e della Casa dei lavoratori. E ora siamo di nuovo in carcere per gli stessi motivi.
Cari amici,
questi cosiddetti sindacalisti iraniani partecipano ancora una volta alla Conferenza dell’OIL. Ma non sono i legittimi rappresentanti dei lavoratori iraniani. Non sono stati scelti attraverso un processo democratico libero dalle interferenze delle forze di sicurezza e dei datori di lavoro.
Questi cosiddetti sindacalisti fanno tutto ciò che i datori di lavoro e il governo chiedono loro. E lo fanno esclusivamente nel proprio interesse, approfittando dei privilegi e delle agevolazioni messe a loro disposizione da chi è al potere.
Non sono mai stati dalla parte dei lavoratori; al contrario, hanno costantemente agito contro i loro interessi. Non è un segreto che siano uno strumento nelle mani delle imprese e dell’apparato di sicurezza del governo. Sono una “macchina da firme” pronta a sottoscrivere i licenziamenti dei lavoratori e a giustificare procedimenti giudiziari repressivi contro gli attivisti della classe operaia. Il dolore dei lavoratori in Iran è grande e va oltre la sopportazione di molti.
Il nostro messaggio conclusivo a voi, stimati colleghi, è il seguente:
Il governo iraniano ha sottoscritto le convenzioni e i patti internazionali dell’OIL e, in virtù della sua appartenenza all’OIL, anche la Dichiarazione sui principi fondamentali e il diritto al lavoro.
Il governo iraniano non solo non applica tali convenzioni, ma sta anche creando condizioni sempre più dure e disumane per tutti i lavoratori, uomini e donne, in ogni fabbrica, scuola, ospedale, agenzia di lavoro interinale e azienda del settore pubblico e privato.
Inoltre la politica speculativa e rinunciataria del governo ha creato un’inflazione galoppante, che si traduce in un basso potere d’acquisto dei salari. Anche quando hanno un’occupazione i lavoratori salariati non riescono a pagare alcune spese fisse mensili, come l’affitto di casa. A queste condizioni disumane si aggiunge la paura di essere licenziati, di finire in carcere o di essere frustati se si partecipa alle manifestazioni sindacali.
I lavoratori iraniani non solo non hanno voce in capitolo nei vertici mondiali, come le conferenze dell’OIL, ma scoprono anche che posizioni importanti all’interno di queste istituzioni sono occupate proprio da persone responsabili della loro miseria.
Le autorità iraniane non permettono la formazione di sindacati e organizzazioni indipendenti. Hanno reso il diritto di sciopero un crimine contro la sicurezza dello Stato. Non permettono l’elezione di rappresentanti dei lavoratori in un quadro democratico. Ogni volta che la voce dei lavoratori si alza attraverso le proteste, le autorità rispondono coi licenziamenti, gli arresti, le frustate e la tortura.
Questo stesso apparato di sicurezza invia i propri rappresentanti, etichettati come delegati dei lavoratori, ai forum internazionali, comprese le riunioni dell’OIL.
È possibile che la stessa persona sia segretario generale della “Casa dei Lavoratori” per quasi tre decenni e allo stesso tempo sia membro del Parlamento per sei legislature? E tutto questo in presenza di risaputi filtri elettorali rigidi e selettivi. Mentre, per tutto questo tempo, il Parlamento ha preso innumerevoli decisioni contro i lavoratori.
Che dire dei membri della Camera dei lavoratori e dei Consigli islamici del lavoro che hanno avuto un ruolo diretto nella repressione dell’assemblea generale dei lavoratori della compagnia di autobus di Teheran?
Per loro è un onore e un dovere servire chi è al potere. Ma come si può affermare che al contempo possano anche rappresentare i lavoratori iraniani?
Come possiamo fidarci di persone che potenzialmente potrebbero anche essere prese in considerazione come possibili candidati all’organo direttivo dell’OIL, ai suoi comitati o ai gruppi di lavoro?
Esorto tutti i rappresentanti sindacali indipendenti alla Conferenza dell’OIL a prendere in considerazione le richieste dei lavoratori oppressi e poveri dell’Iran, che cercano di sopravvivere in condizioni di diseguaglianza sociale con possibilità di reagire ridotte all’osso.
Negli ultimi tempi il mondo è stato testimone di palesi drammi derivanti dall’oppressione, dallo sfruttamento e dall’uso di una violenza senza fine contro i lavoratori, i giovani, le donne e le minoranze di questo Paese. Sono state mosse contro di noi ripetute accuse, come quella di minare la sicurezza dello Stato e altre falsità.
Non si possono considerare pulite le mani insanguinate di queste persone.
Vi chiediamo di stare dalla parte dei lavoratori iraniani:
– non accettate questi agenti di sicurezza, inviati alla Conferenza dell’OIL come rappresentanti dei lavoratori iraniani, nell’organo direttivo o in qualsiasi comitato o gruppo di lavoro dell’OIL;
– chiedete che vengano esclusi;
– chiedete apertamente il rilascio di tutti i lavoratori e i sindacalisti imprigionati in Iran.
– esigete la piena attuazione delle convenzioni dell’OIL in Iran, in particolare quelle relative al diritto di sciopero, di organizzazione, alla contrattazione collettiva e alla libertà di associazione.
Solidarietà,
Reza Shahabi
Carcere di Evin, Tehran