Alfredo Cospito a Vorkuta
Valerio Torre
Lo Stato borghese è terrorizzato dallo sciopero della fame di Alfredo Cospito. E per “Stato” intendiamo tutte le sue articolazioni: non già, quindi, solo il governo, ma anche quella che potremmo definire “opposizione di governo”. Tutti sono terrorizzati da un’estrema azione di protesta che, qualunque sarà il suo esito, è già oggi una mazzata terribile: perché il problema non è Cospito, ma è quel regime carcerario noto come “41‑bis” che è molto più di una morte civile. È proprio una morte in senso fisico, sbattuta in faccia al mondo intero sotto le mentite spoglie della “lotta alla mafia e al terrorismo”.
Tutti i pezzi dello Stato borghese ne sono terrorizzati così come era terrorizzato il regime staliniano dallo sciopero della fame di massa che gli oppositori trotskisti incarcerati nei gulag di Vorkuta e Kolyma – nel circolo polare artico, con temperature di 50 gradi sotto lo zero – condussero per centotrentadue giorni al prezzo di parecchi morti per rivendicare condizioni di prigionia migliori (su questo tema, ci sono diverse opere: consigliamo Comunisti contro Stalin. Il massacro di una generazione, di Pierre Broué).
E perché Stalin era terrorizzato? Per lo stesso motivo per cui lo sono oggi le istituzioni italiane: queste ultime perché per uno Stato che si proclama “democratico” è impossibile da gestire agli occhi del mondo la probabile morte di un cittadino ad esso affidato (peraltro contro la propria volontà). Analogamente, Stalin era terrorizzato perché uno Stato che si proclamava (a torto) “comunista” non poteva permettersi di mostrare al mondo che esso lasciava morire tra le proprie mani migliaia di (veri) comunisti. Ecco perché il suo regime cercava di mettere la sordina a quell’estrema azione di protesta: dapprima isolando gli scioperanti dagli altri detenuti; quindi prendendo diversi provvedimenti per impedire che il movimento si estendesse anche al di là delle frontiere, tra cui il divieto della corrispondenza. Infine, ricorrendo a misure estreme come quelle che racconta Broué:
«Uno dei momenti più penosi si presenta quando cercano di nutrire a forza gli scioperanti facendogli ingoiare un liquido per mezzo di tubi. Questi lottano per impedire l’inserimento del tubo o per rigettare il liquido che gli viene introdotto in bocca. Allora si ricorre sistematicamente alla forza. I prigionieri vengono tenuti fermi da diverse guardie, in certi casi legati. In ogni caso, è un combattimento fisico che gli scioperanti hanno sempre meno forza per sostenere».
Nel caso di Cospito, lo Stato “democratico” italiano non ha – almeno per ora – mostrato l’intenzione di procedere all’alimentazione forzata, a differenza dello Stato “comunista” di Stalin. Ma in quanto a mettere la sordina alla vicenda di Cospito esso non ha nulla da invidiare a quello staliniano, come dimostra il caso del medico personale del detenuto, al quale è stato concesso – “concesso”! – di visitare il proprio assistito, ma diffidandolo dal rilasciare alla stampa qualsiasi dichiarazione circa le sue condizioni di salute, pena la revoca dei permessi per future visite.
Il regime carcerario duro degli oppositori trotskisti detenuti nei gulag staliniani si concluse, come detto, dopo centotrentadue giorni. La vendetta di Stalin per avere essi osato sfidarlo fu crudelmente raffinata: dapprima, per far cessare lo sciopero, proclamò che le rivendicazioni sarebbero state tutte accolte; dopo qualche giorno diede l’ordine di uccidere tutti gli scioperanti, che a gruppi di 50–100 alla volta vennero portati nella tundra e assassinati in massa a colpi di mitragliatrice.
Nel caso di Cospito la vendetta è altrettanto crudele, benché non raffinata considerando la rozzezza degli uomini tutti dello Stato “democratico”: Cospito è stato trasferito in altro carcere provvisto di struttura sanitaria affinché venga “curato” (e non si capisce quale “cura” possa essere somministrata a chi è in sciopero della fame e deciso a condurlo fino alle estreme conseguenze), ma la misura del “41‑bis” resta intatta, strenuamente difesa dal governo e dall’opposizione di governo, mentre l’udienza dinanzi alla Cassazione che dovrebbe decidere sul ricorso presentato da Cospito è stata fissata, molto probabilmente, per quando sarà inutile.
Perché Cospito è già stato condannato a morte in quella che è indubitabilmente la Vorkuta italiana.