Se il padrone si strozza, arriva la manovra di Heimlich del governo
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Assalto al Cielo
Il Diario della Talpa
In un contesto che si aggrava di anno in anno e che nel 2023 segnerà la continuazione di una guerra imperialista nel cuore dell’Europa e un’inflazione mai così alta da 40 anni a questa parte (quantificata a novembre di quest’anno all’11,8%[1]), il copione rimane sempre lo stesso. Soffre l’impresa soffocata dalla crisi e il governo interviene prontamente applicandole una manovra di Heimlich[2] per continuare a farla respirare. Tutto a spese dei lavoratori e delle lavoratrici, a cui non restano neanche le briciole.
In continuità con quanto fatto da tutti i governi precedenti, la manovra del governo Meloni è un pugno in faccia a lavoratori, disoccupati e pensionati. Negli ultimi anni la mancanza di crescita, di investimenti, di capacità di ripresa dalla crisi e di competitività economica dell’industria è stata sopperita tramite un salto qualitativo e quantitativo del livello di sfruttamento del proletariato. Si sono svalutati i salari in relazione al potere d’acquisto. La disoccupazione giovanile tocca percentuali record, soprattutto nel meridione. Sono aumentati lavoro precario, età lavorativa, orari e ritmi di lavoro, nonostante il progresso tecnologico. Di conseguenza si assiste a una costante diminuzione della sicurezza sul lavoro, documentata dai dati ufficiali che hanno registrato un aumento di morti e infortuni sul lavoro. Dopo la crisi del 2008, questi hanno esaurito la curva discendente cominciata dal dopoguerra per cominciare a risalire. La crisi della borghesia, la crisi delle imprese, viene pagata dai lavoratori a prezzo del proprio sangue.
Questa manovra, come vedremo, partecipa all’attacco di Stato e padronato contro i lavoratori portato avanti in tutti questi anni da tutte le forze politiche che si sono alternate al governo.
Patria, impresa e famiglia: i punti della riforma
«La gran parte delle risorse sono destinate alle realtà produttive per ribadire un principio troppo spesso messo in discussione: non può esistere welfare se a monte non c’è chi genera ricchezza»[3]. Con queste parole pronunciate all’assemblea generale di Confindustria del Veneto, la premier ribadisce con fermezza che la visione sociale alla base di questo governo è la stessa di Confindustria. L’interesse nazionale è l’interesse della borghesia.
Sebbene in tante dichiarazioni Meloni si definisca vicina ai lavoratori come alle imprese e la stampa borghese non perda occasione di sponsorizzare gli aiuti ai lavoratori in questa finanziaria, a conti fatti il cuore della manovra è tenere a galla il sistema capitalista (Stato, impresa e famiglia) nella sua fase di decadenza con l’aumento dello sfruttamento e quindi del plusvalore estorto al proletariato.
L’attuale manovra ha un costo di 32 miliardi di euro, di cui 21 sono stati utilizzati per attutire i danni derivanti dalla crisi energetica. Questi 21 miliardi sono in deficit quindi finanziati dalla vendita dei titoli di Stato verso banche e assicurazioni, che andranno ripagati con tassi d’interesse i quali, per via diretta (con la fiscalità generale), o indiretta (manovre politiche per legalizzare nuovi aumenti dello sfruttamento), ricadranno sui lavoratori.
Sulla crisi energetica per famiglie e imprese si è deciso di intervenire eliminando fino a marzo gli oneri impropri sulle bollette, categoria nella quale vengono inclusi capitoli di costo piuttosto variegati, compresi gli incentivi per le rinnovabili, la cui spesa non è legata direttamente alle dinamiche di mercato ma alle politiche fiscali dello Stato. Inoltre verrà rafforzato il bonus energia già presente con il governo Draghi che, attraverso alcune elargizioni una tantum (di ordine non superiore a 200 euro annui), pretendeva di ricoprire una minima parte dei costi degli aumenti energetici.
Un occhio di riguardo maggiore rispetto a quanto fatto in passato da altri governi è stato tenuto nei confronti della piccola borghesia e dei lavoratori autonomi, i quali rappresentano la base sociale dell’elettorato che una forza post-fascista come Fratelli d’Italia, (ma anche altre forze di centrodestra) ha sempre mirato a consolidare, tollerando talvolta finanche “l’evasione fiscale”. Infatti si beneficerà dell’estensione della Flat Tax al 15 % per tutte le partite IVA che fatturano fino a 85mila euro l’anno. Di fianco alla Flat Tax, si aggiungono anche le questioni della cancellazione dell’obbligo di accettare pagamenti con il Pos sotto i 60 euro e l’innalzamento del tetto del contante da 2000 a 5000 euro (quest’anno ne era previsto l’abbassamento fino a 1000 euro). Per l’aumento dell’energia, verrà aumentato il credito d’imposta per piccole imprese, bar, ristoranti e esercizi commerciali facendo salire dal 30% al 35% il beneficio per tutto il 2023. Stessa manovra verrà applicata per le imprese energivore con valori che aumentano dal 40% al 45%.
Sempre per quanto riguarda il costo del lavoro, e per andare incontro alle esigenze dei padroncini di alcuni settori, vengono legalizzati nuovi livelli di sfruttamento ampliando l’utilizzo dei voucher ai lavoratori stagionali e agricoli (per questi già presente) alzando il vecchio tetto massimo da 5000 a 10.000 euro.
Altre misure di salvaguardia dell’impresa riguardano l’introduzione di nuovi incentivi sulle assunzioni (con sgravi fino al 100% per coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza), e lo stanziamento di altra liquidità per la CIGS delle imprese in difficoltà.
Ognuna di queste misure va incontro alle esigenze di imprese ed esercizi commerciali, facendo al contempo gravare maggiormente su salariati e pensionati il costo della spesa pubblica.
Sui tanto acclamati aiuti ai lavoratori salariati, la misura principale riguarda il taglio del cuneo fiscale presente già nel dibattito dei precedenti governi e nei programmi elettorali delle varie forze di maggioranza. Anche questa misura è concepita per non gravare sulle imprese: infatti ad essere tagliata è semplicemente la tassazione sui contributi lavorativi. Il taglio sarà di 2 punti percentuali per salari fino a 35mila euro annui e di 3 punti fino a 20mila e si tradurranno in aumenti ridicoli: un lavoratore che guadagna 1.000 euro netti al mese riceverà un aumento di circa 12 euro sulla busta paga mensile, uno che ne guadagna 1.500 di circa 17 euro. Accanto a questa si aggiunge un’altra detassazione del 5% sui premi di produttività e verrà introdotto un mese di congedo parentale aggiuntivo che può essere fruito dalla madre lavoratrice, fino al sesto anno di vita del bambino, retribuito all’80% (e non al 30%).
Finiscono qui i “vantaggi” per la classe operaia in questa manovra: qualche decina d’euro, il costo delle bollette calmierato per un po’ di mesi, un miglioramento del congedo parentale e qualche euro in più sul premio di produttività (per chi lo prende), mentre dall’altra parte della bilancia pesa un’inflazione al 12% che va a incidere fortemente sulla già esistente condizione di precarietà.
Contemporaneamente prosegue l’opera di smantellamento iniziata dal governo Draghi delle misure tampone del governo giallo-verde, come il Reddito di Cittadinanza e Quota 100, ribadendo ulteriormente il fallimento del populismo sovranista. Le stesse forze politiche che avevano varato queste riforme, già molto ridimensionate rispetto alle promesse in campagna elettorale, hanno partecipato a governi che hanno preso in carica la loro liquidazione.
«Il reddito di cittadinanza distrugge la cultura del lavoro. Dunque, a partire dal prossimo anno, abbiamo deciso di escludere dai beneficiari chi è in grado di lavorare ma rifiuta l’offerta: uno Stato giusto non può mettere sullo stesso piano questa categoria con gli autentici bisognosi. E questo è solo l’inizio». Così la Meloni ha liquidato il RdC. In sintesi: se vuoi vivere, devi farti schiavizzare, magari con un bel voucher come premio. Nel 2023 il richiedente potrà rinnovare la richiesta del RdC solo per 8 mesi (prima il rinnovo valeva per 18 mesi). Saranno poi messe a norma l’obbligatorietà di partecipare a dei percorsi formativi e di accettare la prima offerta di lavoro ritenuta adeguata dai parametri governativi (prima si potevano rifiutare le prime due offerte), pena l’esclusione dal reddito. Anche questa è una misura in favore delle piccole imprese, perché la già scarsa elemosina offerta dal reddito di cittadinanza entrerebbe in competizione con i salari da fame che in generale la piccola impresa in crisi può elargire. Tra l’altro entrerebbe ancora di più in competizione con la visione “voucherizzata” del governo sul lavoro.
Quota 100 diventerà Quota 103 con cui si potrà maturare la pensione con 62 anni di età e 41 di contributi. Nonostante quanto sbandierato dalla Lega, Quota 100 non aveva mai di fatto superato la Fornero e nella sostanza andava maggiormente incontro alle esigenze delle imprese di mandare in pensione lavoratori anziani stanchi e poco produttivi, e non a quelle dei lavoratori, che si vedevano decurtato il proprio importo pensionistico per anticipare la pensione. Tuttavia Quota 103 rappresenta un ulteriore passo in avanti verso il ritorno alla Fornero come unica via di uscita accettabile economicamente per tantissimi lavoratori e lavoratrici. Inoltre la platea degli aventi diritto risulta essere minore di quella stimata dal governo. Secondo lo studio della Fondazione Di Vittorio[4], ad usufruire della manovra potranno essere 11.340 persone, di cui 9.355 lavoratori e 1.985 lavoratrici, e verrebbero utilizzati al più soltanto 176 milioni dei 571 stanziati. Circa un terzo. Ricordiamo, inoltre, che da quasi trent’anni il saldo totale tra contributi versati e importi elargiti per le pensioni è in positivo. Anche quel disavanzo viene usato per pagare il debito pubblico e risolvere le crisi aziendali.
Ripartire dalla lotta di classe. Ripartire dagli scioperi
In definitiva la manovra riflette lo specchio attuale di un Paese dove di anno in anno con l’aggravarsi della crisi latitano sempre di più le prospettive future. Le misure presentate si limitano a tamponare la crisi energetica e a salvare le imprese dal tracollo immediato, a spese del proletariato che rimane condannato a un’esistenza sempre più precaria. È una manovra di Heimlich per il capitalismo strozzato che fatica a respirare, ma non una cura. Così come sono state manovre di Heimlich tutte le riforme lacrime e sangue portate avanti negli ultimi anni contro i lavoratori e che comunque non hanno mai consentito all’economia di ripartire.
Di ciò se ne sono accorte anche le parti sociali. Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno criticato la manovra trovando dei punti in comune sul fatto che questa non affronti il tema del lavoro. Al riguardo, Landini ha dichiarato in un’intervista a Il Fatto Quotidiano del 5 dicembre che possono aprirsi nuovi margini di dialogo con Confindustria[5]. Ma a dispetto di quanto blaterano le burocrazie dei sindacati confederali, con l’avanzare della crisi gli interessi dei lavoratori e dei padroni sono sempre più inconciliabili. La guerra imperialista in atto, nella quale lavoratori russi e ucraini si ammazzano tra loro per gli interessi dei propri sfruttatori, ne è il ritratto più esplicativo.
Pertanto, la visione di CGIL, CISL e UIL di una cooperazione tra sfruttati e sfruttatori per un Paese basato sul lavoro, “come recita l’articolo 1 della Costituzione” rivendicato anche dal presidente di Confindustria Bonomi, è una visione reazionaria, tra l’altro non troppo distante da quella espressa da Meloni di fronte agli imprenditori veneti. La strategia che ne deriva conduce il proletariato a una sconfitta inevitabile. Il fatto che i contratti nazionali firmati in seguito al Patto per la Fabbrica non siano riusciti nemmeno a tutelare il potere d’acquisto di fronte all’inflazione ne è una prova evidente. Non è con la collaborazione di classe che il proletariato ha ottenuto miglioramenti delle condizioni di vita, ma è con la lotta che si sono ottenuti aumenti salariali e la riduzione degli orari di lavoro.
A ridosso della crisi del 2008 a noi lavoratori veniva detto che bisognava stringere la cinghia in quel momento e poi le cose sarebbero migliorate. Nel frattempo, sia dentro i confini nazionali che fuori sono state elargite enormi liquidità per salvare Stati, banche e industrie, tutto a nostre spese. Dopo più di dieci anni siamo al cospetto di una guerra che vede coinvolte tutte le potenze mondiali (compresa l’Italia, che partecipa con sanzioni e invio di armi), di una pandemia che in meno di tre anni ha fatto milioni vittime, di una crisi economica che non lascia intravedere nessuna luce in fondo al tunnel; inoltre, lavoriamo di più, in condizioni peggiori e guadagniamo di meno.
Il capitalismo non è più in grado neanche di garantire quel minimo di benessere che ha portato lavoratori e lavoratrici all’accettazione della propria condizione di sfruttamento, ma riesce solo a generare una catastrofe dopo l’altra. La guerra imperialista in atto è una guerra dell’imperialismo mondiale contro il proletariato internazionale. Alla guerra imperialista, il proletariato può contrapporre solo la rivoluzione. Questa manovra è il riflesso di un’economia di guerra, di conseguenza la lotta rivoluzionaria contro la guerra passa anche per la lotta contro questa manovra, che va respinta con forza, così come va respinta con forza la strategia delle burocrazie confederali di lavorare insieme ai padroni per ricostruire il Paese.
Occorre ripartire dagli scioperi, anche se indetti dalle stesse burocrazie confederali. L’invito al boicottaggio di scioperi che partono da necessità reali di miglioramenti delle condizioni di vita del proletariato è un’opera di crumiraggio che purtroppo si verifica abbastanza spesso e va condannata come reazionaria, anche di fronte a piattaforme e a direzioni più che discutibili. Pertanto dopo lo sciopero del sindacalismo di base del 2 dicembre, invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici a partecipare anche agli scioperi generali territoriali indetti da CGIL e UIL tra il 12 e il 16 dicembre e a spingere affinché venga data continuità a questi percorsi di lotta che anzi vanno estesi su tutto il territorio nazionale.
Note
[1] “Istat, inflazione a novembre stabile a 11,8%: ancora in aumento i prezzi”, Open, 30/11/2022.
[2] La manovra di Heimlich è una tecnica di primo soccorso per la disostruzione delle vie aeree in caso di soffocamento.
[3] “Meloni: non va disturbato chi produce. Bonomi: pronti al confronto”, Il Sole 24 Ore, 28/11/2022.
[4] “Osservatorio Previdenza”, Cgil e Fondazione Di Vittorio, 30/11/2022.
[5] “Maurizio Landini: «Cosa han fatto di male i poveri a Meloni? Ora con Bonomi si dialoga»”, Il Fatto Quotidiano, 5/12/2022.