Ancora sulla guerra in Ucraina: una presa d’atto
A proposito della replica del compagno Ferrando
Valerio Torre
«Gli epigoni attuali, cioè i cattivi discepoli di Lenin,
adorano coprire le loro lacune in tutti gli aspetti
con citazioni che, molte volte, non sono affatto appropriate.
Per un marxista, non è la citazione bensì il metodo corretto
quello che permette di risolvere il problema.
Ma con l’aiuto di un metodo corretto
non è difficile trovare la citazione appropriata»
(L. Trotsky)
Il compagno Marco Ferrando, principale dirigente e figura pubblica del Partito comunista dei lavoratori (Pcl), nonché fra i più acuti conoscitori italiani del marxismo, ha avuto il garbo di dedicare gran parte di un suo recente testo di replica a un mio modesto contributo all’analisi di quanto sta accadendo da ormai più di un mese nella martoriata Ucraina.
Si tratta di un’attenzione sicuramente immeritata[1]. Sicché, dal bozzolo della mia pretesa «vocazione solitaria»[2], intendo rassicurare i miei “venticinque lettori” di manzoniana memoria[3] che le righe che seguono non vogliono essere una “controreplica”, bensì soltanto una presa d’atto.
D’altronde, non sarebbe nemmeno necessario: poiché tutti – tutti! – gli esempi storici con cui il compagno Ferrando e la sua organizzazione hanno ritenuto di corroborare i loro articoli, compresi quelli ripresi dal mio testo[4], depongono contro la tesi che egli sostiene. E ciò per una semplice ragione: perché per Ferrando e il Pcl quella che si sta svolgendo non è una guerra interimperialista, bensì soltanto una guerra di aggressione da parte di un Paese imperialista[5] (Russia) ai danni di un Paese dipendente[6] (Ucraina). Di modo che la presente guerra sarebbe solo una guerra di liberazione nazionale. E, com’è universalmente noto, i comunisti sono sempre dalla parte della nazione aggredita da uno Stato imperialista.
Il curioso argomento su cui si basa il ragionamento del compagno Ferrando è estremamente semplice: la guerra è interimperialista soltanto se è mondiale. Ma poiché oggi non saremmo nel pieno di una «terza guerra mondiale» dato che sul campo di battaglia ci sono esclusivamente truppe russe contro quelle ucraine, e non sono coinvolti eserciti di altri Stati, allora si tratta di una guerra per l’indipendenza nazionale del Paese aggredito. Questo è il suggestivo sillogismo che incarna il suo articolo.
Ed è anche il fulcro della replica del compagno Ferrando, che non intendo contestare con nessun tipo di argomento, dal momento che ognuno si assume la responsabilità delle proprie affermazioni. Prendo semplicemente atto della divergenza che c’è tra noi nella caratterizzazione della guerra in Ucraina: una divergenza che, ovviamente, ha delle conseguenze e delle ricadute pratiche nella politica che i marxisti debbono adottare. Perché, nella mia analisi, il “nemico principale è in casa nostra”; nell’analisi del compagno Ferrando è … in casa di Putin.
Non c’è nulla di strano in questa differenza di opinioni a proposito di un fenomeno storico. Accadde la stessa cosa tra noi in occasione del sorgere del movimento c.d. delle “sardine”: per Ferrando si trattava di un movimento progressivo in cui i marxisti dovevano intervenire; per me, al contrario, di un movimento reazionario da contrastare. Tutto qui.
E come la realtà si è occupata allora di chiarire le cose, non dubito che farà lo stesso anche oggi: sia pure, purtroppo, a spese di migliaia di morti.
Note
[1] Quantunque rivolta distorcendo volutamente il senso del mio scritto allo scopo di coonestare una diversa lettura dei fatti.
[2] Così, espressamente, nel testo di Ferrando.
[3] A. Manzoni, I promessi sposi, cap. I.
[4] E persino quelli utilizzati da talune sette che si richiamano al trotskismo, su cui mi sono già soffermato in un precedente articolo per contestarne l’abusiva interpretazione.
[5] Di secondo o terzo livello poco importa.
[6] Semicoloniale o meno.