Bisogna imparare a citare
Valerio Torre
Le sezioni statunitense ed europee di una certa tendenza internazionale che si richiama al trotskismo hanno pubblicato una dichiarazione congiunta a proposito della guerra in Ucraina, sostanzialmente centrata su due assi portanti: sostegno alla resistenza delle masse popolari ucraine contro l’invasione russa; rivendicazione dell’armamento delle masse popolari e della costituzione di milizie operaie e popolari di autodifesa.
Il fatto è che, per come è impostata, tale dichiarazione costituisce un oggettivo sostegno al governo borghese e reazionario di Volodymyr Zelens’kyj, presidente dell’Ucraina.
Le organizzazioni firmatarie, infatti, si dolgono del fatto che «il governo … ha ritardato molto nel decretare la mobilitazione generale della popolazione e ad armare le milizie. Lo ha fatto solo tre giorni dopo l’inizio dell’invasione, mentre conosceva con molto anticipo i piani di invasione. Ora sta consegnando armi ai civili e sta dando istruzioni su come preparare bottiglie molotov. Tuttavia, la distribuzione delle armi è limitata e sta procedendo lentamente».
Ma in realtà, quelli che stanno fronteggiando l’esercito invasore russo non sono poche migliaia di cittadini a mani pressoché nude (difficile immaginare che qualche molotov possa arrestare carri armati o mortai o missili che piovono come grandine sulle città), bensì le truppe dell’esercito regolare ucraino affiancate dai corpi paramilitari neonazisti come il tristemente noto “Battaglione Azov” ed equipaggiate con armi moderne di cui sono state da anni rifornite dai Paesi della Nato. Non c’è nessuna “milizia popolare e operaia” a combattere per le strade: sia i militari che i paramilitari e i civili che stanno resistendo sono alimentati dallo spirito ultranazionalista e patriottardo instillato da Zelens’kyj, il quale ha in quest’opera dato fondo a tutte le sue risorse di attore consumato qual è davvero. Chiedere armi per costoro significa chiederle per un governo altrettanto reazionario quanto quello di Putin, perché la resistenza contro l’invasore russo sta difendendo non la propria “autodeterminazione” – che rappresenta la facciata della propaganda bellica dell’Ucraina e delle potenze occidentali – ma il proprio governo. I civili armati di bottiglie molotov non stanno cercando di respingere le truppe russe per poi, una volta liberato il Paese, rivolgere quelle improvvisate armi contro il governo borghese che li ha affamati come classe in tempo di pace per poi mandarli a morire in guerra su criminale suggerimento degli Usa, della Nato e dell’Ue, ma stanno proprio difendendo il loro reazionario governo, col quale si sono totalmente immedesimati grazie allo sciovinismo del quale si sono alimentati.
Insomma, per farla breve, non c’è nessun Kornilov (Putin) contro cui combattere, non c’è nessun Kerenskij (Zelens’kyj) con cui fare fronte unico militare e, soprattutto, non c’è nessun Partito bolscevico (gli ucraini) a resistere al colpo di stato del primo per poi rovesciare il secondo.
Trotsky tirato per la giacchetta
Evidentemente, la dichiarazione di cui stiamo parlando deve aver suscitato qualche critica[1] se v’è stato chi, in nome di quella tendenza internazionale, si è sentito in obbligo di puntellare il claudicante documento ricorrendo a uno scritto di Trotsky: in fin dei conti, il “principio di autorità” è pur sempre un asso nella manica di chi ha una visione scolastica del marxismo.
Si tratta del testo intitolato “Bisogna imparare a pensare. Un amichevole consiglio a certi ultra‑sinistri”[2].
Pare infatti che circoli nei “social media” un lungo passaggio di questo articolo di Trotsky ripreso con l’evidente intenzione di fornire un supporto teorico di peso all’assurda rivendicazione di fornire armi ai “resistenti” ucraini.
In realtà, Trotsky scrive:
«Supponiamo che domani scoppi una sollevazione nella colonia francese dell’Algeria all’insegna dell’indipendenza nazionale e che il governo italiano[3], in ragione dei propri interessi imperialistici, si prepari ad inviare armi agli insorti. Quale dovrebbe essere in questo caso l’atteggiamento dei lavoratori italiani? Ho volutamente fatto l’esempio di un’insurrezione contro un imperialismo democratico appoggiata da un imperialismo fascista. Gli operai italiani dovranno fermare il carico di armi destinate agli algerini? Ci provi qualche ultra‑sinistro a rispondere affermativamente a questa domanda! Qualsiasi rivoluzionario, insieme agli operai italiani e ai ribelli algerini, respingerebbe con indignazione una tale risposta. Anche se nello stesso momento nei porti dell’Italia fascista fosse convocato uno sciopero generale, ebbene anche in questo caso gli scioperanti dovrebbero fare un’eccezione per le navi destinate al trasporto degli aiuti per gli schiavi coloniali insorti: nel caso contrario, essi altro non sarebbero che miserabili sindacalisti riformisti, non certo dei rivoluzionari proletari. Al contempo, i portuali francesi, pur non essendo in programma alcuno sciopero, avrebbero l’obbligo di fare tutto il possibile per fermare il carico di munizioni destinate all’utilizzo contro gli insorti. Soltanto mettendo in campo una politica del genere gli operai italiani e francesi darebbero mostra di una politica di internazionalismo rivoluzionario. Ma in questo caso ciò significherebbe per gli operai italiani un allentamento della loro lotta contro il regime fascista? Nient’affatto. Il fascismo intende “aiutare” gli algerini solo per indebolire il suo nemico, la Francia, allo scopo di allungare poi le proprie grinfie sulle sue colonie. Gli operai italiani lo sanno bene e fanno appello agli algerini a non riporre alcuna fiducia in questo perfido “alleato”; al contempo essi proseguono nella loro lotta inconciliabile contro il fascismo, “nemico principale in casa loro”. Solo così potranno guadagnare la fiducia degli insorti, aiutare la sollevazione e rafforzare la loro stessa posizione rivoluzionaria».
Tuttavia, non occorre spendere molte parole per dimostrare l’inappropriatezza del richiamo di questo passaggio di Trotsky, malamente utilizzato per coonestare e corroborare la tesi che stiamo criticando. Qui non stiamo parlando degli insorti di una colonia che cercano di liberarsi dal giogo della potenza coloniale che li schiaccia sotto il tallone, non siamo cioè in presenza di una lotta progressiva. L’Ucraina del 2022 non è l’Algeria del 1938 nell’esempio di Trotsky, ma è il classico vaso di coccio tra due vasi di ferro – entrambi riprovevoli – e la sua popolazione vuole stringersi nell’abbraccio mortale con uno dei due vasi cercando di sfuggire all’abbraccio altrettanto mortale con l’altro; è il topo che è conteso da due serpenti affamati, il quale crede di sfuggire alle fauci dell’uno gettandosi con tutto il cuore in quelle dell’altro[4].
Coloro che chiedono armi per l’Ucraina sono stati belli che accontentati dal governo italiano, il quale ha adottato un decreto legge con cui dispone la «cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina»[5], e non certo a vantaggio di fantomatiche e inesistenti “milizie operaie e popolari”. E va anche sottolineato che l’elenco di questi armamenti è stato secretato perfino ai pavidi parlamentari italiani che non sapranno mai di che genere di materiali si tratta.
In ogni caso, vogliamo anche squarciare il velo davanti agli occhi di chi avanza la richiesta di armare la “resistenza” ucraina, mostrandogli, con la foto che segue, nelle mani di quali “milizie operaie e popolari” vanno a finire le armi italiane … a meno di non voler ritenere che tali “milizie” siano composte dai paramilitari neonazisti del “Battaglione Azov” (come si evince dal distintivo sul braccio del soldato che impugna l’arma).
E crediamo sia anche il caso, per concludere, di parafrasare il titolo dell’articolo di Trotsky, così malamente tirato per la giacchetta: dunque, non già “Bisogna imparare a pensare”, bensì “Bisogna imparare a citare”.
Ci pare molto più opportuno.
Note
[1] E infatti, all’aeroporto di Pisa i lavoratori si sono rifiutati di imbarcare armi spacciate per aiuti umanitari destinati all’Ucraina.
[2] “Il faut apprendre a penser. Un conseil amical a certains ultra‑gauchistes”, 22 maggio 1938, in Œuvres, vol. 17, Institut Léon Trotsky, 1984, pp. 245 e ss. La traduzione dal francese del testo del rivoluzionario russo nel presente articolo è nostra.
[3] Qui Trotsky si riferisce al governo fascista di Mussolini (N.d.A.).
[4] È ciò che sosteneva Lenin quando scriveva: «Ma immaginate che un padrone di cento schiavi guerreggi con un altro che ne possiede duecento per una più “giusta” ripartizione degli schiavi stessi. È chiaro che, in un simile caso, la qualifica di guerra “difensiva” o di “difesa della patria” costituirebbe una falsificazione storica e, in pratica, solo un inganno …». Ne abbiamo parlato in quest’articolo.
[5] D.L. 28 febbraio 2022, n. 16 (G.U. Serie Generale n. 49 del 28/2/2022).