Pubblichiamo l’intervista che i compagni dell’organizzazione spagnola Izar (Izquierda Anticapitalista Revolucionaria) hanno fatto allo storico marxista Antonio Liz, a proposito del suo lavoro appena edito, “Lenin. Estratega de los desheredados (1870–1924)”.
Al di là dell’interesse generale, l’uscita di questo nuovo studio biografico su Lenin rappresenta per noi un evento che ci ha particolarmente rallegrati, dal momento che lo stesso Antonio Liz ci ha chiesto di tradurre il suo libro perché sia poi pubblicato in italiano. E il lavoro di traduzione è attualmente in corso a cura di compagni del nostro Collettivo.
Invitiamo i nostri lettori a continuare a seguire questo sito per avere informazioni sulla prossima pubblicazione e sulle modalità di acquisto di quest’interessante lavoro.
La redazione
Lenin, ieri e oggi
Intervista ad Antonio Liz, autore del libro “Lenin. Lo stratega dei diseredati (1870–1924)”
Izquierda Anticapitalista Revolucionaria (Izar)
Parlaci del tuo libro, della sua genesi e del suo sviluppo fino alla pubblicazione.
La mia biografia di Lenin è stata pensata in funzione di un approccio rigoroso alla sua figura in modo che fosse pronta per il centenario della sua morte, fissato per il 21 gennaio 2024. Ho iniziato a lavorarci su con largo anticipo perché Lenin ha una tale ricchezza politica da rendere necessario affrontare il suo personaggio con attenzione, pazienza e molto rigore. Voglio chiarire che studio Lenin da più di 40 anni, sicché questa biografia non rappresenta un’occasione per una pura e semplice celebrazione, ma un esercizio di autentico approccio alla sua personalità umana e politica.
Nel XXI secolo Vladimir Il’ič Lenin è una figura da rivendicare? Che significato ha nell’attualità? Era necessaria una biografia?
Non solo è da rivendicare per la sua coerente e appassionata traiettoria rivoluzionaria, ma è anche una figura che deve essere studiata per apprendere gli insegnamenti del più grande stratega politico che la classe operaia abbia avuto fino ad oggi. Sebbene sia stato Marx a segnalare per primo alla classe operaia la necessità di avere un proprio partito politico per condurre così una politica indipendente, è stato Lenin a creare quel partito, che è genericamente noto come Partito bolscevico. Pertanto, certamente era necessaria una sua biografia. E lo era non solo per questo, ma anche perché la maggior parte delle biografie che sono ultimamente state scritte su di lui hanno lo scopo di deformarne la figura, nascondere la sua opera di stratega dei diseredati e persino diffamarlo. Sì, era necessaria una vera biografia, cioè un’approssimazione a ciò che egli ha realmente detto e fatto.
Il ruolo di Lenin è ovviamente associato alla Rivoluzione d’ottobre del 1917. Tuttavia, era un personaggio che da decenni militava nel movimento operaio russo ed era un protagonista nelle controversie internazionali. Chi era Lenin prima del 1917? Come si è evoluto il suo pensiero in relazione agli eventi ai quali prese parte?
Ovviamente la figura di Lenin è associata alla Rivoluzione d’ottobre del 1917 perché fu questa, per la prima volta nella Storia universale, a portare al potere la classe operaia e a dare alle donne gli stessi diritti degli uomini. Tutto il suo precedente lavoro politico era stato preparatorio, cioè un lavoro metodico per fornire agli operai e alle operaie una leva per cambiare il mondo: il Partito bolscevico. Questo percorso è ovviamente tracciato, spiegato, nella biografia. Va sottolineato che già nel 1894, all’età di soli 24 anni, Lenin si era affermato, con il suo lavoro di studio sistematico, come stratega della classe operaia, contemporaneamente formando negli ambienti marxisti di San Pietroburgo i lavoratori più entusiasti e consapevoli.
Nell’aprile del 1917 riuscì a tornare dal suo esilio nell’impero russo, che si trovava in piena situazione di effervescenza dopo la Rivoluzione di febbraio. Qual era il suo orientamento in quel momento? Cosa cambiò? Ci sarebbe stato l’Ottobre senza Lenin?
Quando ad aprile Lenin arrivò a Pietrogrado – come allora si chiamava San Pietroburgo – la direzione bolscevica si trovava completamente in balìa degli eventi, non aveva cioè una politica indipendente, sicché si dedicava a sostenere “criticamente” il governo provvisorio del principe L’vov. Quando Lenin arrivò, presentò le Tesi di aprile, il cui centro era: nessun sostegno al governo provvisorio e prepariamo la classe operaia, i marinai e i soldati per prendere il potere. Le Tesi di aprile le presentò e pubblicò da solo e furono i quadri operai del Partito bolscevico a decidere che esse sarebbero diventate la linea del partito, contro, ad esempio, la direzione della Pravda, che pubblicò il testo di Lenin firmato solo da lui.
Senza Lenin non ci sarebbe stata la Rivoluzione d’ottobre, cioè la conquista del potere da parte della classe operaia, dei soldati e dei marinai. In poche parole, ci furono due momenti decisivi: le già citate Tesi di aprile – il programma politico – e l’appello a preparare l’insurrezione di ottobre che, quando Lenin lo presentò al Comitato Centrale del Partito Bolscevico, venne accolto dalla stragrande maggioranza con stupore e incredulità ritenendo che fosse inattuabile.
Lo stalinismo si è appropriato della figura di Lenin e del suo pensiero, stravolgendolo al punto da presentarsi come una presunta continuazione. In cosa si differenziano? Come si spiega questo processo di appropriazione? Lenin e la sua proposta politica sono stati responsabili di ciò che sarebbe successo dopo? Era solo un altro dittatore? Qual era la sua concezione della democrazia?
Lo stalinismo nacque come fenomeno politico a causa del “cordone sanitario” che i governi “democratici” di Francia e Gran Bretagna, con l’appoggio degli Stati Uniti, realizzarono contro la Russia sovietica. Questo isolamento reso possibile quello che verrà chiamato “socialismo in un Paese solo”, la teoria di Stalin per giustificare l’autarchia politica ed economica di fronte alla nascente burocrazia. Si trattava esattamente dell’opposto di ciò che Lenin aveva spiegato più e più volte, cioè che la rivoluzione socialista avrebbe potuto avere successo nella Russia sovietica solo se si fosse estesa al di fuori dei confini dell’Unione Sovietica, a cominciare dalla Germania.
Lo stalinismo fece di Lenin una mummia politica, una specie di santo, e parti delle sue opere venivano recitate come una litania. Ma c’è di più. Stalin divenne il più grande assassino di comunisti della storia da quando uccise i compagni di Lenin e i quadri politici “bolscevico‑leninisti” della generazione dell’Ottobre, cioè la generazione che era chiamata a continuare la lotta per il socialismo in Urss e in Europa insieme ai loro compagni della Terza Internazionale, l’Internazionale comunista, che presto Stalin avrebbe dissolto. Pertanto, Lenin non ha nulla a che fare con Stalin, comunismo e stalinismo non hanno nulla in comune. Lenin non ha mai imposto nulla al Partito bolscevico poiché in numerose occasioni, come spiego nella biografia, egli fu in minoranza, e se il Partito bolscevico finì poi per seguire la strada indicata da Lenin fu per la solidità delle sue argomentazioni e il prestigio che aveva tra i suoi compagni. Ricordiamoci che Lenin non è mai stato il segretario generale del Partito, era il presidente di un Consiglio dei Commissari del popolo che nelle sue decisioni doveva ottenere l’approvazione del Partito e dei Soviet.
Lenin si batteva per una democrazia socialista, per una democrazia dei Soviet, in cui erano i lavoratori a decidere la strada da seguire. Al contrario, Stalin uccise tantissimi comunisti per perpetuarsi al potere. Lo stalinismo è stato il più grande flagello che ha colpito il movimento operaio, non solo perché è stato responsabile dell’assassinio dei suoi migliori quadri rivoluzionari, ma anche perché con i suoi crimini ha screditato il comunismo, dato che si è cinicamente definito un continuatore dell’opera di Lenin: un argomento che i “democratici” e i loro intellettuali hanno sfruttato appieno mescolando consapevolmente comunismo e stalinismo con l’obiettivo di ostacolare la consapevolezza politica dei lavoratori e delle lavoratrici.
Leggendo il libro, si nota quanto il personaggio sia legato all’idea di cambiare la società e porre fine al capitalismo, ciò che lo ha portato a dover pensare a problemi di natura diversa. Ce n’è uno di particolare interesse a causa della scarsa considerazione che spesso incontra in diversi settori dell’attivismo: quale fu il suo rapporto con la questione dell’emancipazione delle donne?
Sì, Lenin voleva che la classe operaia conquistasse il socialismo per strappare l’umanità allo sfruttamento e all’alienazione. Così, tutta la sua opera è stata finalizzata all’emancipazione dell’umanità attraverso la lotta politica della classe operaia, soggetto storico del cambiamento per il ruolo di suprema creatrice di ricchezza che essa svolge nel sistema capitalista.
La questione dell’emancipazione delle donne è centrale per Lenin: già cento anni fa – e sottolineo cento anni! – egli sosteneva che, senza l’emancipazione delle donne, il socialismo non poteva essere conquistato. Disse con orgoglio che nessuna democrazia borghese, comprese quelle più avanzate, quelle repubblicane, aveva mai concesso alle donne gli stessi diritti degli uomini come avvenne nella Russia dei Soviet. Ma a Lenin questo non bastava: più e più volte avvertì che i diritti formali, l’uguaglianza davanti alla legge, non bastano, ma che ciò che conta nella vita sociale sono i diritti reali. Benché la questione delle donne sia presente in varie parti della mia biografia, c’è una sezione specifica che voglio segnalare affinché in una rapida lettura si capisca la posizione di Lenin: è quella che ho intitolato “Alle operaie”, all’inizio del capitolo VI.
Sono tanti i giovani che, pur essendo consapevoli della necessità di cambiare il mondo in cui vivono, o non conoscono questa figura o ne sono lontani. Cosa diresti loro?
È normale che i giovani siano lontani dalla conoscenza di Lenin. Già gli apparati ideologici “democratici” dello Stato (sistema educativo e mass media) sono responsabili del fatto che i giovani non abbiano idea di chi sia stato Lenin; se poi qualcuno vuole superare questo ostacolo trova “libri” in cui egli viene semplicemente insultato e definito dittatore, e così via. Ciò che posso dire ai giovani compagni è che quando incontreranno il vero Lenin capiranno perché i “democratici” di ogni genere sono politicamente terrorizzati da lui. Scrive con una semplicità così marcata che riesce a spiegare perfettamente i concetti più complessi, il che rende possibile imparare velocemente e bene. Ma c’è di più, nei suoi scritti si riflette uno spirito libero indomabile, con un amore incommensurabile per gli sfruttati e un enorme disprezzo per gli sfruttatori.
Hai pubblicato altri libri, come una biografia di Trotsky, lavori sulla Rivoluzione russa, sulla Rivoluzione spagnola o sulla Rivoluzione d’ottobre del 1934[*]. Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Certo, ho altri progetti in cantiere, ma nessuno è in grado di procurarmi l’emozione che ho provato scrivendo le biografie di Lenin e Trotsky e i testi sulla Rivoluzione russa e sulla Rivoluzione spagnola. Specifico che tutti questi lavori sono stati il prodotto di anni e anni di letture e riflessione. Il tempo che ho passato a scriverli è stato solo e soltanto il tempo che mi è servito per sintetizzarne, concretizzarne, l’essenza, il fulcro. Del prossimo progetto, lasciatemi solo dire che sarà legato a due personaggi centrali e spregevoli della Storia contemporanea dello Stato spagnolo.
Note
[*] Il riferimento, qui, è all’esperienza rivoluzionaria che, nell’ottobre del 1934 – nel quadro della Rivoluzione spagnola – portò alla Comune delle Asturie. Ne abbiamo parlato in questo testo (N.d.T.).
(Traduzione di Ernesto Russo)