Come attuò il governo bolscevico durante le terribili epidemie di peste, tifo e malaria che si trovò ad affrontare?
A differenza del precedente regime zarista, non lasciò spazio a negazionisti e complottisti, no-vax e oscurantisti, che anche a quell’epoca – come oggi – cercarono di ritagliarsi un ruolo da protagonisti nelle drammatiche condizioni della fame, della miseria e della guerra civile che il neonato regime proletario dovette affrontare.
Ce lo spiega l’autrice di questo documentatissimo saggio, che presentiamo tradotto in italiano dall’inglese, pubblicato sulla rivista Médecines et santé – Medical Practices And Health (vol. 4, ORSTOM Éditions, Parigi, 1996), secondo la quale «l’efficienza nell’eradicazione delle malattie infettive» affondava le proprie radici nella «priorità politica data dal governo sovietico e da un apparato statale forte alla soppressione delle malattie infettive strettamente legate all’espansione dell’ordine statale sovietico. Questo sistema consentiva gradi di sorveglianza, intervento e controllo che la sanità pubblica occidentale poteva solo sognare».
E proprio la fase storica che stiamo vivendo ci fornisce la prova dell’esattezza di queste conclusioni, se confrontate con le politiche dei governi capitalisti di ogni latitudine: anche per quel che riguarda le sfide indotte dall’attuale pandemia, solo un’economia non capitalista (in transizione verso il socialismo, com’era quella sovietica), con un forte potere centralizzato, potrebbe efficacemente farvi fronte imponendo «un programma apertamente a vantaggio della collettività».
Buona lettura.
La redazione
Il sistema di controllo delle epidemie in Urss
Breve saggio sulla sua storia
Elena S. Izmailova [*]
La considerazione della storia della sanità pubblica nei periodi russo e sovietico offre un interessante caso di relazione tra misure di sanità pubblica e condizioni politiche. Il controllo delle malattie infettive nell’ex Urss ha rappresentato un compito difficile. Il Paese copriva una vasta area geografica e comprendeva ogni zona climatica, da quella tropicale a quella polare. La popolazione era multietnica e multinazionale, con tradizioni e stili di vita differenti. La Russia occupava il primo posto per mortalità dovuta a malattie infettive tra i Paesi europei, principalmente a causa della loro ampia propagazione nelle terre di confine dell’impero russo[1]. Nonostante queste condizioni avverse, l’eradicazione di alcune di queste malattie e il controllo delle altre furono raggiunti con successo dallo Stato sovietico: un risultato in gran parte dovuto al sistema di controllo delle malattie epidemiche istituito in Russia dopo la rivoluzione.
La caratteristica del controllo delle malattie in Unione Sovietica è stata incentrata sulla medicina preventiva piuttosto che su quella curativa. Il sistema di controllo generale istituito dopo il 1917 ha avuto un effetto indiscutibile nell’arco di vent’anni ed è stato in netto contrasto con l’effetto minimo del servizio frammentato che esisteva prima della rivoluzione. L’assenza di qualsiasi organo centrale nella Russia zarista significava che il controllo della malattia era per lo più nelle mani delle autorità locali, come gli Zemstvo e i consigli comunali, con l’ausilio di organizzazioni filantropiche e di volontariato[2]. La priorità stava nell’affrontare le crisi epidemiche, non nelle strategie preventive a lungo termine, né nell’educazione delle persone[3]. Nel frattempo, la medicina rurale stava muovendo i suoi primi passi nella Russia centrale dopo la riforma agraria del 1861[4] e non c’era servizio medico nelle colonie russe[5].
I principi del sistema sanitario pubblico cambiarono radicalmente con la “dittatura del proletariato”. Subito furono introdotti diversi cambiamenti. In primo luogo, venne assicurata l’assistenza sanitaria gratuita, che fu preservata anche nelle difficili condizioni della guerra civile (1918‑1922)[6]. In secondo luogo, venne abbandonata la sacralità della riservatezza del paziente, in quanto si diceva che “gli interessi della società sono più importanti degli interessi di una persona”. Su un manuale medico si poteva leggere: «Se la riservatezza rispetto all’anamnesi del paziente è in contraddizione rispetto agli interessi della collettività, un medico non deve sentirsi vincolato al segreto professionale. Se un medico diagnostica una malattia infettiva, deve immediatamente informare le autorità»[7]. In terzo luogo, un unico organismo medico statale, il Commissariato del popolo della Sanità pubblica, venne istituito nel luglio 1918 e il controllo delle malattie infettive divenne una delle sue principali priorità. Un decreto statale, “Sulle misure per combattere le epidemie”, fu emanato nel 1918: le epidemie vennero considerate dal governo bolscevico come una delle principali minacce per il nuovo ordine statale[8]. Il nuovo sistema di controllo delle malattie godeva di un importante vantaggio: era sostenuto e gestito sia dalle autorità della sanità pubblica, sia direttamente dall’apparato del Partito, i cui organismi locali erano obbligati a supportare le misure di sostegno attuate nei rispettivi territori[9]. L’anno successivo Lenin emanò un decreto “Sulla vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo”, che rappresentò l’inizio della vaccinazione obbligatoria e del trattamento dei pazienti infettivi[10]. Per raggiungere quest’obiettivo fu istituita a vari livelli una rete di stazioni sanitarie, dai distretti fino alla Repubblica, e ben presto tutto il Paese ne fu coperto. C’erano tre tipi di stazioni: 1) stazioni sanitarie aventi finalità generali; 2) stazioni contro la peste, che si occupavano anche di altre malattie altamente infettive come colera, vaiolo, tularemia, antrace e brucellosi; 3) stazioni contro la malaria[11].
In questo articolo intendo prendere in considerazione la storia della formazione e dello sviluppo degli ultimi due tasselli di questo sistema, vale a dire le stazioni di controllo della peste e della malaria che hanno costituito la base del sistema di controllo delle malattie epidemiche in Urss. Lo sviluppo della rete iniziò subito dopo la guerra civile. Durante la guerra, l’incidenza sia della peste che della malaria era relativamente bassa rispetto al tifo, che devastava l’esercito e la popolazione civile. Tra il 1918 e il 1922, si registrarono 6,5 milioni di casi di tifo e 3,2 milioni di febbre tifoide[12]. Mentre il tifo era abbastanza facilmente controllabile osservando le norme igienico‑sanitarie generali, il problema dell’eliminazione della peste e della malaria era molto meno gestibile, tanto da minacciare la ricostruzione post‑bellica. L’incidenza di queste malattie aumentò a causa del reinsediamento della popolazione e della costruzione industriale su larga scala in aree con focolai endemici, come nelle regioni orientali dell’Urss (Asia centrale, Caucaso, Siberia).
Controllo della peste
La peste, conosciuta sin dai tempi antichi in Russia, è sempre stata considerata come un grande disastro in questo Paese[13]. La pandemia ebbe origine in terra russa, nella regione di Caffa‑Feodosia in Crimea nel 1347. L’ultima apparizione della peste su suolo europeo ebbe luogo a Mosca (la famosa peste del 1771) con un tasso di mortalità fino al 25%. Dopo l’inizio della colonizzazione russa dell’Asia centrale nel 1860, apparve il pericolo di un permanente ritorno della peste dall’India e dall’Afghanistan verso la metropoli[14]. Nel 1897 venne creata una “Commissione nominata da Sua Maestà per la lotta contro la peste”, allo scopo di prevenire la propagazione della peste nell’impero russo[15]. Fu il primo organismo statale con un tale potere nella storia delle epidemie, che comprendeva nella sua composizione i ministri della Giustizia, dei Trasporti, delle Finanze, dell’Interno e degli Affari militari. L’attività della Commissione riguardava sia le misure amministrative, sia quelle di sostegno alla ricerca scientifica. Tra i primi provvedimenti adottati dalla Commissione vi furono: il divieto dei pellegrinaggi alla Mecca, giustificato dalla presenza di epidemie di peste in Oriente, l’organizzazione di quarantene nei luoghi minacciati e la pubblicazione di informazioni sulla propagazione della peste[16]. La Commissione sostenne la creazione nel 1898 del laboratorio “Alessandro I”, che produceva vaccini e sieri e che fu aperto su un’isola sperduta nel Golfo di Finlandia, vicino a San Pietroburgo. Furono organizzate diverse spedizioni per studiare i focolai di peste in India, in Mongolia e nella regione del Trans‑Baikal.
L’inizio dell’attività della Commissione coincise con l’avvio dell’epoca batteriologica nella ricerca medica, che venne celebrata in Russia dall’apertura delle stazioni Pasteur in diverse città nel 1886[17]. La prima stazione Pasteur fu inaugurata a Odessa e svolse in seguito un ruolo significativo nella liquidazione dell’epidemia di peste del 1901‑1902 sotto la guida del Prof. Visokovich e del Prof. Gamalea[18]. Quest’organismo divenne l’archetipo delle stazioni permanenti di controllo della peste, la cui necessità nelle aree minacciate era evidente[19]. Nello stesso anno furono create alcune stazioni antipeste nel sud‑est del Paese. Queste stazioni erano piuttosto importanti non solo nel controllo della peste, ma svolgevano anche un lavoro eccezionale sugli studi dei focolai di peste naturale in diverse regioni del paese. Nel 1913 il dottor Deminskij, a costo della propria vita, scoprì le relazioni della peste con i focolai di malattie animali nell’area del Caspio. Due anni prima, il prof. Zabolotny aveva dimostrato il ruolo degli scoiattoli delle zone selvagge nella trasmissione della peste nella regione del Trans‑Baikal[20]. Oltre a questi due focolai di peste, il prof. Tkhomirov ne trovò un altro nelle montagne della Kirgizia[21]. L’insieme di questi studi svolse un ruolo cruciale nello sviluppo della sanità pubblica nel controllo della peste. Si stabilì che i focolai interni di peste naturale rappresentavano la più grande minaccia nell’impero russo, mentre nei Paesi europei la peste si propagava principalmente attraverso i porti.
Nonostante tutte queste attività, oltre 5000 persone morirono di peste tra il 1899 e il 1913[22]. Il fallimento delle misure di controllo della peste derivava da diversi motivi. Innanzitutto, i medici russi dovevano spesso affrontare l’opposizione delle popolazioni locali verso quei metodi di medicina occidentale come la sieroterapia e la vaccinazione. Ad esempio, nel 1914, durante un’epidemia di peste nell’insediamento di Kharanor (Siberia meridionale), i medici furono arrestati. Gli abitanti li avevano accusati della propagazione della peste, si erano rifiutati di sottoporsi alla vaccinazione e avevano minacciato di ucciderli. La situazione rimase tesa fino al loro allontanamento[23]. La quarantena era generalmente inefficace[24]. Inoltre, le persone si opponevano alle misure igienico‑sanitarie nascondendo molti casi di peste. I pazienti temevano l’isolamento in ospedale, che era percepito solo come un luogo in cui morire. Durante un’epidemia di peste in Manciuria, molti cinesi ricchi che vivevano in territorio russo erano risultati infetti, ma pagavano altre persone perché andassero in ospedale al posto loro[25]. Numerose furono le richieste avanzate dai medici perché il laboratorio “Alessandro I” si trasferisse da San Pietroburgo verso le aree contaminate dalla peste, dato che spesso si erano verificati ritardi dannosi nella consegna di sieri e vaccini durante le epidemie. Tutto ciò venne ignorato dalle autorità sanitarie pubbliche.
Le autorità bolsceviche, invece, superarono questi ostacoli in breve tempo prendendo in considerazione gli errori commessi dalla “Commissione nominata da Sua Maestà”. Prima di tutto, aumentarono notevolmente lo stanziamento di risorse economiche. Un decreto “Sulla partecipazione dei lavoratori alla battaglia contro le epidemie di peste” contribuì a sconfiggere il sabotaggio delle attività del governo bolscevico da parte dei medici. Nel 1918 il laboratorio “Alessandro I” fu trasferito a Saratov, nell’area della peste nel Caspio, e dopo qualche tempo divenne un centro di coordinamento e formazione[26]. La rete esistente di stazioni di controllo della peste era stata distrutta durante la guerra civile; tuttavia, venne restaurata nel 1922 e furono create nuove stazioni aggiuntive[27]. Negli anni 20 furono organizzate diverse spedizioni sotto la supervisione del Prof. Zabolotny per studiare focolai di peste in Asia centrale e Kazakistan. Si scoprì che la peste non era stata trasmessa in Asia centrale dai Paesi vicini e le epidemie erano sorte da focolai indipendenti in quelle regioni[28].
Il tratto caratteristico della sanità pubblica sovietica era l’estremo autoritarismo. Una particolareggiata descrizione dei metodi autoritari utilizzati nella liquidazione dei focolai è stata fornita da Lev Zilber, che aveva guidato la spedizione contro la peste in Azerbaigian nel 1930. Poco dopo l’arrivo sul luogo dove era scoppiata l’epidemia, il personale della spedizione si rese conto che era impossibile arrestare la propagazione della peste con le normali misure di quarantena. La popolazione musulmana locale si rifiutava di accettare la vaccinazione e nascondeva i cadaveri dei morti di peste. Seguendo le tradizioni locali della stregoneria, i cadaveri venivano sezionati e i loro organi interni consegnati ai parenti della persona morta. Per far fronte a tale situazione, il personale della spedizione prese la decisione di bruciare il villaggio e trattare tutto il distretto con la cloropicrina, un pesticida altamente tossico[29]. Queste misure erano messe in atto dall’esercito e dalle forze dell’ordine dei servizi di sicurezza dello Stato. La dose di cloropicrina impiegata in questa campagna di lotta contro la peste era così alta che non vi fu vegetazione per i tre anni successivi[30].
Epidemie permanenti di peste si verificarono negli anni 20 in Asia centrale[31]. Però queste epidemie erano al di fuori di ogni controllo a causa dell’instabilità politica e nazionale in questa regione. Il servizio di controllo della peste venne organizzato in Asia centrale solo nel 1935 dopo che il governo centrale era intervenuto per reprimere i disordini politici locali[32].
Nel 1931 fu completata l’organizzazione del servizio di lotta contro la peste. I laboratori furono riorganizzati per diventare la base delle stazioni di controllo della peste e ognuna di esse aveva diramazioni nelle aree endemiche. Il personale di ogni stazione di controllo della peste doveva includere un epidemiologo, un microbiologo, uno zoologo e un parassitologo. Il personale venne completato con l’assegnazione obbligatoria dei laureati: il mancato rispetto di queste direttive era punito con la reclusione[33]. Controlli alle frontiere, sorveglianza interna e tempestività nell’adozione delle misure portarono a una forte diminuzione dell’incidenza della peste negli anni 30[34].
Durante il periodo della guerra civile le campagne di lotta alle malattie erano una questione di sicurezza dello Stato, per diventare in seguito una parte importante della propaganda sovietica sulle “conquiste dello stile di vita sovietico”. Tutte le informazioni sulle epidemie di peste furono classificate nel 1930. Infatti, le cifre ufficiali non mostrano casi di peste umana in Urss dal 1937[35]. Fonti non ufficiali indicano che ci sono stati casi isolati nelle aree con focolai epizootici intensivi, ma confermano l’assenza di grandi epidemie[36]. I ricercatori sovietici sottolinearono l’importanza della circolazione sotterranea del bacillo Yersinia pestis tra i roditori, con conseguente lieve contagio della malattia, con esplosioni cicliche che determinavano casuali infezioni tra gli esseri umani in contatto con i roditori. In presenza di roditori, la peste era trasmessa dalle pulci (di una specie diversa da quelle che trasmettono la malattia tra gli esseri umani).
Una volta che la peste umana è stata sotto controllo, l’obiettivo delle stazioni di controllo è cambiato in direzione della liquidazione di potenziali serbatoi di infezioni in natura. La sterminazione dei roditori venne attuata nella regione del Caspio nord‑occidentale nel 1933‑1937 su un territorio di 310.000 chilometri quadrati[37]. Un lavoro così unico su larga scala è stato possibile solo dopo la collettivizzazione di massa che consentì l’utilizzo di molta manodopera che non veniva pagata. Dopo la scoperta di nuovi focolai di peste nel dopoguerra si rese necessario l’ampliamento della rete di stazioni di controllo della peste. Attualmente, il servizio di controllo della peste sul territorio dell’ex‑Urss comprende 6 istituti di ricerca, 27 stazioni di controllo della peste e 52 stazioni secondarie. Oltre al coinvolgimento diretto nel controllo della peste, queste istituzioni sono state anche responsabili della ricerca e hanno svolto studi di primaria importanza sulla biologia del bacillo della peste, sui sieri e vaccini contro la peste e lo studio unico sull’ecologia dei roditori e la classificazione dei loro ectoparassiti.
Controllo della malaria
Il modello di sviluppo della sanità pubblica nel controllo della peste è stato replicato anche nel caso delle campagne di lotta alla malaria. Non esisteva un servizio di controllo della malaria prima del 1917, nonostante l’elevata incidenza della malattia e il tributo di vite umane. Non c’era sostegno statale per la ricerca sulla malaria e sulle misure di controllo[38]. La situazione era abbastanza paradossale perché era stato elaborato un ampio programma per il controllo della malaria prima della Rivoluzione del 1917.
Il successo del controllo della malaria nella seconda metà del XIX secolo fu indistinguibile dalla politica coloniale nel Caucaso settentrionale e nell’Asia centrale. La colonizzazione russa del Caucaso settentrionale iniziò subito dopo che i nativi (Circassi) erano stati espulsi in Turchia. Molti russi emigrarono nel Caucaso dalla Russia Centrale, attratti dalle fertili terre. Non conoscevano le regole e le tradizioni agricole delle popolazioni indigene. I russi si stabilirono nelle valli fluviali e vi crearono sistemi di irrigazione, mentre i nativi le avevano sempre lasciate per dirigersi in alta montagna durante la stagione della malaria. La prima ondata della colonizzazione russa (1866‑1880) fallì soprattutto a causa delle terribili epidemie di malaria[39]. La maggior parte dei coloni russi morì e il resto tornò nella madrepatria[40]. In Asia centrale la malaria era la principale causa di alta mortalità fra le truppe e fra i lavoratori addetti alla costruzione della linea ferroviaria[41].
Di fronte a questo stato di cose, venne nominata la Commissione per la Ricerca sulla Malaria sotto la guida dell’VIII Congresso dei medici russi in memoria dello scienziato N.I. Pirogov. La Commissione organizzò diverse spedizioni per la ricerca sulla malaria supportate dallo zemstvo della provincia di Voronezh e da organizzazioni di volontariato[42]. Nel 1911 la Commissione propose un piano diversificato per una campagna antimalarica per tutto il Paese. Questo piano comprendeva: 1) trattamento al chinino con il metodo di Koch; 2) drenaggio delle paludi con il metodo italiano; 3) sterminio delle larve di zanzara mediante trattamento dei bacini idrici con olio e paraffina; 4) misure contro la malaria nelle stazioni ferroviarie tra cui la bonifica del suolo locale e l’impiego nel servizio ferroviario di nativi del posto; 5) educazione della popolazione e pubblicazione di letteratura popolare sulla malaria nelle lingue locali; 6) registrazione di tutti i pazienti malarici e garanzia di cure mediche gratuite.
Questi suggerimenti furono completamente ignorati dalle autorità, così come l’idea di creare un istituto di medicina tropicale, simile a quelli presenti in altre parti dell’Europa occidentale. La stazione unica per la malaria fondata nel 1913 a Batum fu chiusa sei mesi dopo a causa di difficoltà finanziarie. La malaria non era considerata dal governo così minacciosa come la peste. La cura della malaria, diffusa soprattutto nelle colonie, non era prevista per la popolazione non russa. Inoltre diverse misure proposte dalla Commissione per la malaria contraddicevano le politiche dello “sciovinismo grande‑russo”. Il direttore delle ferrovie del Caucaso si rifiutò di assumere nativi nel servizio ferroviario a causa della «impossibilità di portare gli indigeni nella civiltà sottraendoli alla loro barbarie»[43].
Il servizio sovietico di controllo della malaria fu avviato nel 1921 a seguito di un decreto del Commissariato del popolo della sanità pubblica che richiese la registrazione obbligatoria dei pazienti malarici. Nello stesso anno vennero creati l’Istituto per la Malaria, Parassitologia e Medicina Tropicale diretto dal Prof. Martzinovsky[44] e quindi altri dieci istituti simili in ciascuna delle principali aree endemiche. In un paio d’anni fu istituita la rete delle stazioni antimalariche. Avviata nel 1923 la creazione di una rete di stazioni di controllo della malaria, nel 1940 questi organismi erano diventati 1236[45]. Le autorità sanitarie pubbliche bolsceviche diedero un accurato taglio netto con il passato rispettando completamente il programma di controllo della malaria della Commissione Pirogov, benché poi non ne abbiano mai fatto menzione nelle loro relazioni.
Il numero dei casi di malaria iniziò a diminuire verso la metà degli anni 20 e la politica cambiò, passando dalla gestione delle crisi al controllo a lungo termine. Furono implementate sia la terapia che le misure profilattiche[46]. L’uso del trattamento era limitato a causa della carenza di chinino; il farmaco era riservato ai malati di malaria ed era usato a scopo preventivo solo per le persone impegnate in lavori economicamente importanti. Le cose cambiarono un po’ negli anni 30, quando venne avviata la produzione degli equivalenti del chinino: plasmacid e akrikhin. Allo stesso tempo, gli epidemiologi sostenevano che le campagne contro la malaria avrebbero dovuto essere estese a diversi tipi di attività agricole e industriali, in particolare l’irrigazione.
Tuttavia un picco nell’incidenza della malaria arrivò nel 1935, quando vennero segnalati nove milioni di casi. Un così forte aumento della mortalità per malaria era una conseguenza diretta della politica di collettivizzazione di Stalin. La campagna di collettivizzazione era stata realizzata in modo estremamente rapido, senza alcuna considerazione del suo impatto economico, sociale o demografico, o addirittura delle conseguenze epidemiologiche. Terribili epidemie di malaria si verificarono nel regione del Volga, nel Caucaso settentrionale e in Asia centrale, dove le condizioni per l’aumentata estensione delle zone paludose e la propagazione delle zanzare fu accelerata da sistemi di irrigazione mal progettati[47]. L’aumento della diffusione dell’infezione venne aggravato dalla carestia e dalla successiva migrazione della popolazione, che portò alla perdita di quaranta milioni di giornate di lavoro nel 1934‑1935[48]. L’ottavo Congresso dei Soviet dichiarò la malaria un intollerabile “disastro industriale” che metteva a repentaglio i piani di industrializzazione e collettivizzazione. Venne allora realizzato un accelerato sviluppo del servizio antimalarico. Dal 1936 il finanziamento della campagna antimalarica fu quadruplicato e contemporaneamente vennero istituiti corsi per la formazione avanzata dei medici presso gli istituti specializzati, come l’Istituto per la Malaria, Parassitologia e Medicina Tropicale di Mosca[49]. Fu introdotto il trattamento medico sia per i nuovi casi di malaria che contro le ricadute per i pazienti guariti[50]. Le autorità sovietiche si videro obbligate a spegnere un incendio che avevano esse stesse provocato. Questi sforzi riuscirono a ridurre significativamente la mortalità per malaria nel 1940, quando il numero di casi scese a tre milioni di persone.
L’esperienza di questa campagna contro la malaria è stata presa come base nell’Urss per il programma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) di eradicazione della pestilenza adottato negli anni 50. Il programma venne realizzato in un tempo inaspettatamente breve, non solo perché furono impiegate innovazioni, come l’irrorazione con DDT e un nuovo farmaco (bigumal), ma anche perché venne svolta un’enorme quantità di lavoro di indagine tradizionale sui focolai di malaria, che consentì l’utilizzo di misure adeguate a diversi tipi di focolai[51]. A seguito di questa campagna e del consolidamento dei precedenti risultati, la malaria quartana venne dichiarata eradicata nel 1950, il falciparum (o “malaria tropicale”) nel 1957 e la malaria terzana nel 1960[52].
Dopo aver completato il loro compito, le stazioni di controllo della malaria sono state convertite in dipartimenti parassitologici delle stazioni sanitarie nel 1957. Nonostante le sue diverse condizioni climatiche e una diffusa malaria endemica, l’Urss è stato uno dei primi Paesi al mondo a raggiungere l’obiettivo dell’Oms dell’eradicazione della malaria. Questa posizione è stata riconosciuta dalla scelta di Tashkent in Uzbekistan per lo svolgimento della Conferenza Internazionale sulla medicina tropicale indetta dall’Oms nel 1961. In quell’incontro, il dottor Bruce‑Chwatt, a capo della sezione dell’Oms per il controllo della malaria, affermò che il successo sovietico era dovuto sia alla brillante organizzazione di campagne contro la malaria che all’ampia rete di centri di assistenza medica[53]. Da allora la malaria è rimasta sotto controllo.
In conclusione, si può sostenere che il sistema comunista si è dimostrato estremamente efficiente nel controllo e nell’eradicazione delle malattie infettive, in aree di intensa trasmissione. Non c’è dubbio che questo sistema è stato dovuto a due fattori: misure obbligatorie di profilassi e trattamento, registrazione dei casi e controllo delle epizoozie e campagne di eradicazione a livello regionale, da un lato; d’altra parte, è stato fondamentale anche lo sviluppo delle stazioni di ricerca, situate vicino ai focolai di infezione e integrate in una ben finanziata rete accademica: la parassitologia sovietica accumulò un impressionante numero di dati riguardanti l’eco‑epidemiologia dei roditori.
Il successo del regime comunista illustra l’importanza della componente politica nella sanità pubblica e il dilemma tra persuasione e costrizione. La sanità pubblica è favorita dalla forte organizzazione di un potere centrale, determinato ad imporre un programma apertamente a vantaggio della collettività. È probabile che lo smantellamento della rete di stazioni attraverso i nuovi confini in Asia centrale sia seguita da una massiccia ripresa di epidemie in alcune aree. I lavori dei parassitologi sovietici avevano contribuito a mostrare che la circolazione del virus persiste nel sottosuolo tra le altre popolazioni di roditori, e che la peste e altre epidemie dipendenti dai roditori esploderanno di nuovo non appena l’attenzione dell’uomo verrà a calare.
L’efficienza nell’eradicazione delle malattie infettive potrebbe essere spiegata anche dal generale sviluppo economico e dalle nuove tecnologie di controllo del dopoguerra. Tuttavia, più importante era la priorità politica data dal governo sovietico e da un apparato statale forte alla soppressione delle malattie infettive strettamente legate all’espansione dell’ordine statale sovietico. Questo sistema consentiva gradi di sorveglianza, intervento e controllo che la sanità pubblica occidentale poteva solo sognare.
Note
[1] Sulla situazione epidemiologica in Russia nel XIX secolo e agli inizi del XX, v.: Vasiliev K.G., Segal A.E., History of Epidemics in Russia, (1960), Mosca, Medgiz. (in russo), Skorokhodov L.Ya., Materials on the History of Medical Microbiology in Pre‑Revolution Russia (1948), Mosca, Medgiz, (in russo).
[2] Sulle fonti di finanziamento delle campagne di lotta contro l’epidemia prima della rivoluzione v.: Favr V.V., The Experience of Malaria Research in Russia, (1903), Kharkov (in russo); Materials of Malaria Commission under the Pirogov Society of Russian Physicians, (1911), Mosca, (in russo); Berienson I., Essay about fighting Diphtheria in Russia, Vestnik Evropi (1882), pp. 832‑844 (in russo).
[3] Konstansov S.V., On Tasks and Role of Bacteriological Plague Control Station in Chita, Vestnik Obzhchestvennoy Gigieni, Sudebnoy I Prackticheskoy Meditzini (1912), n. 12, p. 1892 (in russo); Metelkin A.I., “Plague Control Service in Russia before the October Revolution”, Zhurnal Mikrobiologii, Epidemiologii l lmmunobiologii, (1959), v. 5, pp. 1I9‑121 (in russo).
[4] Osipov E.A., Popov I.V., Kurkin I.I., Russian Medicine of Zemstvo, (1899), Mosca, (in russo); Skorokhodov L.Ya., Short Review of History of Russian Medicine, (1926), Mosca, (in russo).
[5] Likhachev V., The Report for His Majesty and Sanitary Description of Volga Region, (1898), Saint‑Petersburg, (in russo); Malkovsky P.I., “Existing State Order and Next Sanitary Task in Irkutsk”, Sibirskii Vrach, (1914) n. 13, p. 711‑712 (in russo).
[6] Semashko N.A., Public Health Service in New Conditions (1922), Medgiz, Mosca.
[7] Semashko N.A., Essays on the Theory of Organisation Of Soviet Public Health System (1942), AMN SSSR, Mosca.
[8] Riferendosi alle epidemie di tifo, Lenin sottolineò l’importanza delle campagne di lotta alle malattie nel suo discorso al VII Congresso dei Soviet (1919): “Either louses win socialism or socialism wins louses”, Complete works of Lenin V.I., (1959), v. 39, p. 410.
[9] Per la descrizione dell’apparato del Partito e della partecipazione delle truppe all’eradicazione delle epidemie v.: Kaminskii G.N., Public Health in the USSR, (1935), Biomedgiz, Mosca, (in russo) e Zilber L.A., Strategy of Scientific Research, Priroda, (1966), v. 12, pp. 55‑62, (in russo).
[10] Le autorità sanitarie zariste fecero tre tentativi per introdurre la vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo durante il XIX secolo e l’inizio del XX, ma questi sforzi non ebbero successo. Per la storia della vaccinazione contro il vaiolo in Russia v.: Gamalea N.F., Smallpox Vaccination Institute. Works of Gamalea N.F., (1953), v. 5, pp. 223‑230 (in russo); Soloviev M.N., “150 Years of Smallpox Vaccination and its Results”, Vrachebnoe delo, (1947), n. 6, pp. 513‑518 (in russo).
[11] Boytzova A.A., “On the History of Sanitary Stations”, Gigiena y Sanitaria, (1955), v. 10, pp. 32‑36 (in russo).
[12] Zhdanov V.M., Fighting the infections (1960), Znanie, Mosca (in russo).
[13] Vasiliev K.G., Segal A.E., History of Epidemics in Russia, (1960), Mosca, Medgiz (in russo); Derbek E.A., History of Plague Epidemics in Russia from the State Foundation up to our Day (1905), St. Petersburg (in russo); Alexander J.T., Bubonic Plague in Early Modern Russia, (1980), Hopkins Univ. Press, Baltimore and London.
[14] Likhachev V., The Report for His Majesty and Sanitary Description of Volga Region (1898), Saint-Petersburg (in russo); Materials and Protocols of Meetings of “His Majesty Appointed Commission for Plague Fighting”, 1900, 22 gennaio.
[15] Materials and protocols of Meetings of “His Majesty Appointed Commission for Plague Fighting”, 1897, 28 gennaio.
[16] Materials and protocols of Meetings of “His Majesty Appointed Commission for Plague Fighting”, 1898, 24‑28 gennaio. Il divieto di pellegrinaggi fu abolito nel 1900. Materials and protocols of Meetings of “His Majesty Appointed Commission for Fighting Plague”, 1900, 12 gennaio.
[17] Levtova K.Z., “First Pasteur Stations in Russia”, Feldsher l Akusherka, (1960), n. 3, pp. 33‑36 (in russo).
[18] Materials and Protocols of Meetings of “His Majesty Appointed Commission for Plague Fighting”, 1902, 19 June‑16 July; Belikovskii V.A., Gamalea N.F., Burda M.K., Plague in Odessa, v. 1, 1903, v . 2, 1904 (in russo).
[19] La stazione Pasteur di Chita, oltre al trattamento della rabbia, ha svolto anche ricerche sulla peste.
[20] Zabolotny D.K., Communication about Plague Epidemiology on the Meeting of Astrakhan Physician’s Society (27 dicembre), lzdatelstvo Obzhchestva Astrkhanskikh Vrachey (1912), Astrakhan, pp. 74‑77 (in russo).
[21] Tikhomirov I.I., “Epidemiological Relation between Winter Plague Epidemics in Kirgizia Steeps and Mice Epizootic” secondo Data of Epidemiological Research Made in 1913, Arkhiv Biologicheskikh Nauk, (1926), v. 26. n. 1‑3, pp . 95‑102.
[22] Nikolaev N.M., “Plague Control in the South‑East of Russia in 1918‑1923”, in Works of the Plague Control Service Network, Saratov, (1965), pp. 32‑48 (in russo); Golubinsky E.P., Zhovty I.F., e Lemesheva L.B., Plague in Siberia, (1987), Irkutsk (in russo).
[23] Legkov K.I., “Fruits of People’s Darkness”, Meditzinskiy Zhurnal Zabaikalskogo Obzhchestva Vrachey, (1922), n. 1, pp. 84‑90, (in russo); Suknev V.V., Plague in Trans‑Bailkal Region, (1923), Chita (in russo).
[24] Rules of Realisation of Measures to Prevent Plague and Cholera Propagation in Russian Empire (1904), Mosca (in russo).
[25] Bogutzkii V.M., Medical Report about Anti‑plague, Bureau Activity, Kharbin (1911) (in russo).
[26] Anisimov P.I., Gorkova A.V. e Kuraev I.I., “The 60th Anniversary of the «Microbe» Institute”, Problemy Osobo Opasnikh lnfectziy, (1978), v. 6, pp. 45‑60 (in russo).
[27] Nikolaev N.I. e Nikolaev N.M., “Avantgarde of the Soviet Public Health Service in Combating Plague”, Problemy Osobo Opasnykh lnfektziy (1968), v. 4, pp. 3‑15.
[28] Zabolotny D.K., “Organisation and Results of Study of Endemic Plague Foci”, Arkhiv Biologicheskikh Nauk, (1922), v. 21, pp. 21‑45.
[29] L’attuazione di queste misure non prevedeva il reinsediamento delle persone, né rimborsi ai proprietari per la proprietà.
[30] Zilber L.A., Strategy of Scientific Research, Priroda, (1969), v. 12, pp. 55‑62 (in russo). Zilber L.A., Operatzia Ruda, Nauka I Zhizn, (1966), n. 12, pp. 55‑60.
[31] Grekov A.D., “Short Information about Plague‑Control Centre in Tashkent”, Proceedings of the First Anti‑Plague Meeting, Saratov, 31 maggio‑3 giugno 1927, p. 41 (in russo).
[32] Tkhomirova V.A., “The achievements of the Turkmenian Plague Control Station over 20 Years”, in Proceeding of the Turkmenian Plague Control Station, (1958), pp. 45‑49 (in russo). Gold E.Yu., Ladny I.D., Prof. Nikanorov, An Outstanding Soviet Epidemiologist. Sovetskoe Zdravookranenie, (1976), v. 12, pp. 66‑69 (in russo).
[33] Official Annals of the People’s Commissariat of Public Health (1940), v. 2, p. 10.
[34] Nikolaev N.M., “Plague Control in the South‑East of Russia in 1918‑1923”, in Works of the Plague Control Service Network, Saratov, (1965), pp. 32‑48, (in russo); Skorodumov A.M., Plague in Siberia (1934), Irkutsk.
[35] Pavlovskii E.N., Natural Nidality of Transmissive Disease, (1964), Nauka, Mosca.
[36] Casi isolati di peste erano riportati come focolai di peste anche nei Paesi con un buon servizio di controllo. V., p.es., Reed W.P., “Bubonic Plague in the Southern United States. A Review of Recent Experience”, Medicine, 1970, v. 29. p. 480.
[37] Shishkin A.K., “Activity of the Rostov‑on‑Don Research Institute”, in Works of the Rostov‑on‑Don Plague Control Institute, (1957), pp. 3‑16 (in russo); Mironov N.P., “On Frequency of Ground Squirrel Extermination with the Aim of Liquidation of Plague Foci”, in Works, cit., pp. 17‑50 (in russo).
[38] Numerose richieste degli scienziati relative al problema della malaria furono completamente ignorate dalle autorità di pubblica sanità. La decisione di non accordare più il sostegno statale venne accettata dal IX Congresso Pirogov dei medici russi: Proceedings of IX Pirogov Congress (1904), v. 1, p. 217.
[39] Una suggestiva descrizione delle esplosioni di malaria tra i coloni russi nel Caucaso si trova in Shingarev I., Dying Wllage (1901), St. Petersburg (in russo).
[40] Rozov, “History of Colonisation of South Black Sea Coast”, Trudy Kavkazskogo Selskokhoziaystvennogo Obzhchesva, 1890, n. 1, 2 (in russo); Startzev, “Mugan Steep”, Newsletter “Kavkaz” (1892), n. 55 (in russo).
[41] Kushelevskiy V., Materials on Medical Geography and Statistical Description of Fergana Region, Noviy Magelan (1890‑1891), v. 3 (in russo); Volkov, “Malaria Epidemics of 1896 among Merv Region Population and Forces of Merv’s Garrison”, Voenno‑Meditzinskiy Zhurnal, (1897), v. 8 (in russo).
[42] Materials of Malaria Commission under the Pirogov Society of Russian Physicians (1911), Mosca (in russo).
[43] Cit. da Favr V.V., The Experience of Malaria Research in Russia, (1903), Kharkov, p. 168.
[44] Bychkov I.Ya., “Malaria Control Legislation in the RSFSR”, Tropicheskaya Meditzina i Veterinaria, (1931), v. 19, pp. 24‑27 (in russo); Lipkin G.N., “On Some Results of Malaria Control and the Aims for 1936”, Voenno‑Sanitarnoe Delo, (1936), v. 41, p. 3–11 (in russo).
[45] Plotnikov N.N., “Achievements of the USSR in Fighting Infectious Diseases”, Sovetskaya Meditzina, (1967), v. 111, pp. 155‑158 (in russo).
[46] Materials of Adler Malaria Expedition of Caucasus of Regional Committee of Public Health. Malaria on Black Sea Coast of North Caucasus, (1926), Rostovan-Don (in russo).
[47] Isaev L.M., “Aims and Organisation Structure of Malaria Control During Cotton Harvesting”, Bulleten po Borbe s Malariey (1934), v. 31, p. 25‑30 (in russo); Chinnoy N.I., “On Mechanisation of Land-based Treatment of Water Basins Infected with Anopheles Larvae”, Bulleten po Borbe s Malariey (1934), v. 3, pp. 31‑35 (in russo); Kaminskii G.N., “Public Health in the USSR” (1935), Biomedgiz, Mosca (in russo).
[48] Prokopenko L.I., Fighting Malaria in the USSR, A Dr. Med. Sci. Thesis (1962), Mosca.
[49] Nemirovskaya A.I., Rashina M.G., Kamalov N.G., Lisenko A.Ya., Shulman E.S., “Higher Education in Parasitology in the USSR”, Meditzinskaya Parasitologia i Parazitarnie Bolezni (1967), v. 51, pp. 553‑569 (in russo).
[50] Official Annals of the People’s Commissariat of Public Health (1940), v. 3, p. 19.
[51] Dukhanina N.N., “Peculiarities of Malaria Eradication Campaign in the USSR and Foreign Countries”, Voprosy Bakteriologii, giguieni parazitologii y virusologii, (1962), pp. 117‑118, (in russo); Sergiev P.T., Rashina M.G., Dukhanina N.N., “Eradication of Malaria in the USSR: History and Analysis”, Vestnik AMN (1961). v. 41, pp. 19‑29 (in russo).
[52] Ma ora sappiamo che la distinzione clinica tra febbre terzana e febbre quartana non consente di diagnosticare i diversi tipi di infezione da Plasmodium: rispettivamente Plasmodium falciparum, Plasmodium vivax e Plasmodium malariae. Una febbre terzana può essere causata da una qualsiasi delle tre specie …
[53] Bruce‑Chwatt R., “The Role of WHO in Malaria Eradication”, Meditsinskaya Parasitogia I Parazitarnye Zabolevania (1962), v. 11, pp. 14‑42 (in russo).
(Traduzione dall’inglese di Cinzia Romano)
[*] Istituto per la Storia della Scienza e della Tecnologia, Accademia russa delle Scienze, Mosca (Russia)