Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Donne

Perché amiamo così tanto Diego se siamo femministe?

Diego Armando Maradona da bambino

Oltre al dolo­re pla­ne­ta­rio per la per­di­ta del più gran­de cal­cia­to­re di tut­ti i tem­pi, la mor­te di Die­go Arman­do Mara­do­na ha sca­te­na­to anche, sia pure in set­to­ri mino­ri­ta­ri, rea­zio­ni di sedi­cen­ti “opi­nio­ni­sti” che han­no squa­der­na­to – per smi­nuir­ne l’immagine (sen­za, peral­tro, riu­scir­vi) – gli ecces­si e i vizi che il cam­pio­ne, argen­ti­no di nasci­ta, ma napo­le­ta­no di ado­zio­ne, ha avu­to nel­la sua vita.
Ma abbia­mo dovu­to regi­stra­re anche le dichia­ra­zio­ni di alcu­ne fran­ge del fem­mi­ni­smo – un fem­mi­ni­smo da caser­ma, anti­po­po­la­re e disu­ma­no – che han­no cal­ca­to la mano sui rap­por­ti, anche vio­len­ti a vol­te, di Mara­do­na nei con­fron­ti del­le donne.
Cre­dia­mo però che una let­tu­ra del gene­re sia pro­fon­da­men­te erra­ta, poi­ché dise­gna – appun­to – una con­ce­zio­ne “mili­ta­re­sca” del fem­mi­ni­smo. A que­sto tipo di ana­li­si pre­fe­ria­mo con­trap­por­re quel­la di alcu­ne fem­mi­ni­ste argen­ti­ne, che trat­teg­gia­no inve­ce una figu­ra più “com­ples­si­va” di Die­go Arman­do Maradona.
Il testo che pre­sen­tia­mo, scrit­to in occa­sio­ne del recen­te ses­san­te­si­mo com­plean­no del cam­pio­ne, è sta­to tra­dot­to in ita­lia­no da Ali­ce Riz­zo e Fran­ce­sca De Rosa, atti­vi­ste di “Non Una di Meno” di Napo­li, e pub­bli­ca­to sul sito Dina­mo­Press oggi, dopo la sua scomparsa.
Buo­na lettura.
La redazione

Perché amiamo così tanto Diego se siamo femministe?


Tre donne argentine e maradoniane scrivono di politica, amore e calcio. L’articolo è stato pubblicato il 30 ottobre scorso, in occasione del sessantesimo compleanno del Dieci. L’ultimo

 

Nadia Fink, Lisbeth Mon­taña e Cami­la Parodi

 

Que­sta sarà la pri­ma e l’ultima vol­ta che dare­mo spie­ga­zio­ni sul per­ché dei nostri sen­ti­men­ti e le nostre scel­te. Per noi il fem­mi­ni­smo è mol­to più che una lot­ta per una cau­sa e per degli spe­ci­fi­ci dirit­ti. Per noi il fem­mi­ni­smo è un modo di guar­da­re, di ama­re, di goder­si e di vive­re le nostre vite. E le nostre vite non sono nient’altro che con­ti­nue con­trad­di­zio­ni, per que­sto dedi­chia­mo le nostre paro­le alla rifles­sio­ne di que­sti sen­ti­men­ti, del­le scel­te e del­le con­trad­di­zio­ni che vivia­mo, in modo da raf­for­za­re quel­lo che sia­mo: fem­mi­ni­ste, popo­la­ri e aman­ti di Mara­do­na. Abbia­mo memo­ria e non ci dimen­ti­chia­mo la vio­len­za che ha agi­to con­tro mol­te don­ne; que­sto ce lo abbia­mo chia­ro, e sap­pia­mo che fa par­te del­la socie­tà e del futu­ro per il qua­le lot­tia­mo; una socie­tà dove esse­re un maschio non signi­fi­chi ave­re pri­vi­le­gi né agi­re alcun tipo di vio­len­za con­tro le donne.
Voglia­mo che l’essere maschi non sia una que­stio­ne di pote­re né di for­za fisi­ca. Ma in mez­zo a tan­to rumo­re che sof­fo­ca le voci dei pove­ri, non dimen­ti­chia­mo che Die­go e il suo cal­cio pun­ta­va­no sem­pre a Sud. Fin dal­la nasci­ta que­sto era il suo desti­no e ha sem­pre sapu­to bene da dove veni­va e dove vole­va pun­ta­re: è usci­to dal fan­go e non ha mai dimen­ti­ca­to la sua ori­gi­ne, la coscien­za di clas­se l’ha for­gia­to nei luo­ghi dove ha per­fe­zio­na­to la sua arte con il pal­lo­ne e con gli ulti­mi, i dimen­ti­ca­ti, ha tra­sfor­ma­to il cal­cio in un pal­co­sce­ni­co per ren­de­re visi­bi­le l’invisibile.
Se par­lia­mo di Die­go, par­lia­mo del­la gen­te, quel­la che lo ha sem­pre accom­pa­gna­to, non solo per le sue com­me­die, ma per­ché i quar­tie­ri pove­ri si sen­ti­va­no rap­pre­sen­ta­ti nel­la loro ribel­lio­ne e nel­le loro deci­sio­ni. Ha sapu­to anche vol­ta­re le spal­le a que­sto cal­cio truc­ca­to, come quan­do ha lascia­to il Bar­cel­lo­na per dare glo­ria a una squa­dra del Sud Ita­lia, il gran­dis­si­mo Napo­li, e toglie­re l’egemonia ai ric­chi del Nord, alla poten­te Juven­tus di Pla­ti­ni, al poten­te Milan di Ber­lu­sco­ni; Die­go si è oppo­sto al più poten­te e ha pro­iet­ta­to la sua voce nel collettivo.
Si è ribel­la­to alla mac­chi­na e alle mul­ti­na­zio­na­li FIFA e Con­me­bol per­ché non ha accet­ta­to il gio­co dei poten­ti e ha pre­fe­ri­to por­ta­re avan­ti la sua posi­zio­ne poli­ti­ca. Il costo è sta­to alto: sono sta­ti que­gli stes­si uomi­ni poten­ti a tagliar­gli le gam­be nel Mon­dia­le del 1994, e abbia­mo sof­fer­to tut­ti. Tut­ta­via, Die­go non ha impa­ra­to la lezio­ne e la sua disob­be­dien­za è sta­ta quel­la di resi­ste­re al bloc­co con­tro Cuba, soste­ne­re la rivo­lu­zio­ne boli­va­ria­na in Vene­zue­la, gio­ca­re a cal­cio con Evo e soste­ne­re la pace in Colom­bia, sem­pre quan­do le voci suo­na­va­no tie­pi­de. E’ inol­tre da qual­che anno che ormai per i gio­ca­to­ri miliar­da­ri la par­te­ci­pa­zio­ne alla Nazio­na­le spes­so non è una prio­ri­tà. Ci sono trop­pi inte­res­si in gio­co per lascia­re le par­ti­te del­le pro­prie squadre.
Ed ecco che tor­na Die­go in un’immagine di Ita­lia 90: pian­gen­do davan­ti alle tele­ca­me­re per la scon­fit­ta di un Mon­dia­le che ave­va gio­ca­to anco­ra non fisi­ca­men­te al top. Ma le autri­ci di que­sto testo non sono le uni­che a pro­nun­ciar­si sul nostro amo­re per Mara­do­na. Ecco per­ché aggiun­gia­mo altre voci che ci aiu­ta­no a guar­da­re, a met­te­re sul tavo­lo le con­trad­di­zio­ni, a non can­cel­la­re il nostro pas­sa­to, la nostra edu­ca­zio­ne e le nostre pas­sio­ni, che non rie­sco­no ad entra­re in una man­cia­ta di parole.

È incon­ce­pi­bi­le per me pen­sa­re il mon­do sen­za Mara­do­na come è incon­ce­pi­bi­le per me pen­sa­re il mon­do sen­za femminismo
Moni­ca San­ti­no è un’ex cal­cia­tri­ce, par­te de La Nue­stra, di Vil­la 31. E ci racconta:

«Non so per­ché una per­so­na deb­ba spie­ga­re il per­ché ami qual­cu­no. Ami qual­cu­no per quel­lo che fa, per quel­lo che signi­fi­ca. E tut­to ciò che inten­de­va tra­scen­de­va il cam­po da cal­cio e da gio­co per­ché era una per­so­na capa­ce di tra­smet­te­re un livel­lo di emo­zio­ne che si vede­va rara­men­te. Il cal­cio lo gene­ra, lo fa, ti fa abbrac­cia­re qual­cu­no che non cono­sci quan­do la tua squa­dra segna un gol. Il cal­cio ti fa pian­ge­re pro­fon­da­men­te, che hai una gio­ia a vol­te incon­ce­pi­bi­le o ecces­si­va. E Mara­do­na è il cal­cio e Mara­do­na è tut­to que­sto. Mara­do­na è una per­so­na che non dimen­ti­ca mai da dove vie­ne, qua­li sono le sue ori­gi­ni, di cui è orgo­glio­so. Que­sto è un pun­to di vici­nan­za con un movi­men­to socia­le come il fem­mi­ni­smo, che vuo­le tra­sfor­ma­re il mon­do. E Mara­do­na, a modo suo e a vol­te anche machi­sta, cer­ca di tra­sfor­ma­re il mon­do. Quin­di, abbia­mo più pun­ti in comu­ne che pun­ti di diver­gen­za. Poi, ovvia­men­te, ci sono del­le con­trad­di­zio­ni, ma fan­no par­te del­la vita e del gio­co stesso.
È incon­ce­pi­bi­le per me pen­sa­re al mon­do sen­za Mara­do­na come è incon­ce­pi­bi­le per me pen­sa­re al mon­do sen­za fem­mi­ni­smo. Quin­di, met­te­re una cosa in con­trad­di­zio­ne con l’altra, come se esse­re una fem­mi­ni­sta non ti per­met­ta di ama­re Mara­do­na, non è il fem­mi­ni­smo che mi pia­ce o a cui voglio par­te­ci­pa­re. E il fem­mi­ni­smo non è nem­me­no uno stru­men­to che uti­liz­zo per tra­sfor­ma­re la mia vita e quel­la di chi mi cir­con­da: sem­pli­ce­men­te, lo stru­men­to per un mon­do più giu­sto dove non ci sono né oppres­si né oppres­so­ri. E Mara­do­na ne ha mol­to. Amo Mara­do­na, sono fem­mi­ni­sta, lesbi­ca, ven­go da Bue­nos Aires e amo il mio pae­se. Sono una pero­ni­sta e ho odia­to i 10 anni di Menem. Io sono tut­to que­sto, come acca­de alla mag­gior par­te di noi: sia­mo un mare di con­trad­di­zio­ni che ci fa esse­re vive e non solo per man­gia­re dor­mi­re e guar­da­re la tv, ma per bru­cia­re e cam­bia­re tut­to come ha fat­to Die­go in tut­ti i suoi anni da gio­ca­to­re e come fa anche oggi, nel gior­no del suo ses­san­te­si­mo compleanno».

Esse­re una fem­mi­ni­sta signi­fi­ca dover can­cel­la­re le nostre sto­rie, i nostri viag­gi, ciò che una vol­ta ci face­va vibra­re per l’ emozione?
Ro Fer­rer è una comu­ni­ca­tri­ce, illu­stra­tri­ce e fumet­ti­sta e aggiun­ge il suo sguardo:

«Chi sarei sta­ta sen­za il pugno alza­to di Die­go, il pian­to scon­so­la­to, la costru­zio­ne di una spi­ri­tua­li­tà del­la squa­dra e del­la gen­te … sen­za il cuo­re a mil­le quan­do i musco­li del­le sue gam­be si allun­ga­va­no in quel momen­to in cui il suo pie­de toc­ca­va la pal­la e comin­cia­va­no a bal­la­re … Sono fem­mi­ni­sta e con­vi­vo con tan­te con­trad­di­zio­ni, rico­no­scen­do anche gli erro­ri, i miei e quel­li degli altri. Mi ha fat­to ama­re il cal­cio. E lui non è Dio, è un uomo che oltre la glo­ria, ha avu­to e ha anco­ra mise­rie; figlio di que­sta cul­tu­ra di mer­da che ti por­ta in alto e ti schiac­cia con la stes­sa for­za, che inse­gna agli uomi­ni che noi sia­mo la loro “pro­prie­tà pri­va­ta”, che han­no tut­ti i pri­vi­le­gi e poche respon­sa­bi­li­tà oltre a quel­le sta­bi­li­te dagli spa­zi del pote­re . Sono una fem­mi­ni­sta e una mara­do­nia­na, per­ché quan­do lo vedo, la mia infan­zia tor­na ad abbracciarmi».

È oro ed è anche fango
Aye­lén Pujol è una gior­na­li­sta spor­ti­va e gio­ca a pal­lo­ne. Ci racconta:

«Mi inte­res­sa il suo cal­cio e, come è ovvio, il fat­to che lui sia sem­pre dal­la par­te degli oppres­si. Quan­do l’ho visto gio­ca­re e par­la­re, ho sogna­to di esse­re come lui: sfon­da­re in cam­po, emo­zio­nar­mi all’idea di segna­re come face­va lui con il sini­stro, e poi usci­re e dire le cose che dice­va. È un crea­to­re, ci ha invi­ta­to a pen­sa­re a mon­di nuo­vi e più giu­sti pos­si­bi­li attra­ver­so il cal­cio. È oro e anche fan­go, sia chiaro».

E in que­sto viag­gio abbia­mo tro­va­to paro­le che ci han­no affa­sci­na­to e che han­no inne­sca­to la voglia di con­ti­nua­re a pensare.
Come quel­le di Maia Morei­ra, del dipar­ti­men­to Gene­re del Lanús Club (di cui è fan) con il suo arti­co­lo Mara­do­nia­na e fem­mi­ni­sta: l’ordine dei fat­to­ri non cam­bia il risul­ta­to, sul por­ta­le “La bola siem­pre al Diez”, dove ci dice, tra le altre cose:

«Ci sono tan­ti fem­mi­ni­smi, per que­sto mi pia­ce defi­ni­re il mio fem­mi­ni­smo a par­ti­re da alcu­ne que­stio­ni che con­si­de­ro fon­da­men­ta­li. Una di que­sti è abbat­te­re quell’assioma che assur­da­men­te segna l’antinomia dell’essere fem­mi­ni­sta e tifo­sa di Mara­do­na. […] Come tan­te altre, costrui­sco la mia vita intor­no ai miei gusti. Amo esse­re feli­ce pen­san­do che – come ho impa­ra­to da Die­go e dal fem­mi­ni­smo – l’esistenza si inter­se­ca con i sen­ti­men­ti di miglia­ia di com­pa­gne che come me voglio­no un mon­do miglio­re e più giu­sto: un mon­do più egua­li­ta­rio. Per me la mili­tan­za fem­mi­ni­sta ha mol­to a che fare con que­sto spi­ri­to di squa­dra che ho sem­pre visto in Die­go, nono­stan­te il pas­sa­re del tem­po. Cre­do che Mara­do­na sia sem­pre pre­sen­te in que­sta misce­la che amal­ga­ma il popo­la­re e l’accademico e che, non a caso, ha tro­va­to in mol­te di noi la scu­sa per­fet­ta: il cal­cio. Scu­sa che usia­mo anche come stru­men­to per fare in modo che un mon­do, di dirit­ti per tut­ti, diven­ti real­tà. Non voglio come fem­mi­ni­sta che ci dimen­ti­chia­mo da dove venia­mo, voglio che ci cono­scia­mo e ci accet­tia­mo nel­le nostre dif­fe­ren­ze, che ci muo­va­no sem­pre le ingiu­sti­zie, che ci si met­ta in gio­co sem­pre come una squa­dra. E sen­to dal più pro­fon­do che Die­go è anche un po’ que­sto, con tut­ti i suoi difet­ti, come lo sono anche io con tut­ti i miei difet­ti. El Pelu­sa ci par­la del­le sue ori­gi­ni, di quan­do ha accet­ta­to il suo nuo­vo mon­do ma sen­za mai smet­te­re di met­ter­lo in discus­sio­ne tut­te le vol­te che lo cre­de­va ingiu­sto. E con­ti­nua sem­pre- e spe­ria­mo per sem­pre- a fare squa­dra e a rega­lar­ci alle­gria. Die­go è un incon­tro, è il nul­la e la glo­ria che can­ta­to da Patri­cio Rey, è il popolo».

E ter­mi­nia­mo, non sen­za augu­ra­re buon com­plean­no al ragaz­zo per cui abbia­mo pre­ga­to o acce­so can­de­le o fat­to i nostri ritua­li quan­do la sua vita sta­va per sva­ni­re e miglia­ia di per­so­ne in atte­sa pian­ge­va­no in tut­to il mon­do. Vi salu­tia­mo con­ti­nuan­do a pen­sa­re e a inter­ro­gar­ci: a vol­te sba­glia­mo a vol­te no e ne paghia­mo le con­se­guen­ze. Un po’ come lui, che si fa cari­co dei suoi erro­ri. E con­di­vi­dia­mo que­ste idee per­ché il nostro fem­mi­ni­smo si costrui­sce nel fan­go e nel­la con­trad­di­zio­ne; nel­la col­let­ti­vi­tà e nel­la cele­bra­zio­ne; nel pian­to e nel dolo­re quo­ti­dia­no per tut­te le ingiu­sti­zie. Voglia­mo cam­bia­re il mon­do tut­ti i gior­ni ma, nel frat­tem­po, gri­dia­mo gol e ci abbracciamo.