Di come il cretinismo parlamentare spalanca le porte persino al sionismo
Ovvero, come distruggere ogni residuo di credibilità nel marxismo rivoluzionario
Valerio Torre
«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi;
siate dunque prudenti come i serpenti
e semplici come le colombe»
(Matteo: 10,16)
Quando, lo scorso mese di ottobre 2019, alla vigilia delle elezioni presidenziali in Argentina, anche in Italia circolò un appello sottoscritto da organizzazioni e partiti della sinistra internazionale, nonché da intellettuali e personalità in rappresentanza di movimenti di diversi Paesi del mondo, a sostegno della lista denominata “Frente de Izquierda y de Trabajadores‑Unidad” (Fit‑U) – un cartello elettorale formato dai principali partiti politici argentini che in qualche modo si richiamano al trotskismo – il nostro piccolo Collettivo rifiutò esplicitamente di dare tale sostegno politico. Motivammo quest’atteggiamento con un breve testo che spiegava diffusamente tutte le ragioni che ci impedivano di unirci alle altre organizzazioni nell’appoggio alla lista argentina. E, benché proveniente da un minuscolo gruppo, una posizione così dissonante ci attirò parecchie critiche.
Ebbene, non è piacevole, soprattutto nel campo della sinistra rivoluzionaria, attendere l’errore altrui per poi dire “visto? Avevamo ragione noi”. Soprattutto, non è utile.
È utile, invece, proseguire nella polemica politica e teorica perché tutti noi che militiamo in questo campo possiamo apprendere da quegli errori e imboccare un’altra linea. E poi perché nel caso su cui andremo di qui a poco a soffermarci non si tratta di “semplici errori”, ma di qualcosa di ben più grave.
Il sionismo impone la propria agenda agli Stati
La scorsa settimana, il 18 giugno, l’Assemblea legislativa della Città autonoma di Buenos Aires ha sacralizzato in una formula legislativa il concetto di “antisemitismo”. Si è trattato del culmine di una campagna di “lobbying” portata avanti a livello internazionale dalla Alleanza Internazionale per il Ricordo dell’Olocausto (Ihra).
In realtà, dissimulata dietro quest’operazione c’è l’attività del sionismo israeliano, che cerca così di sviare l’attenzione del mondo dalla terrificante pulizia etnica che da decenni lo Stato di Israele sta compiendo ai danni del popolo palestinese con l’obiettivo di annichilirlo totalmente.
E infatti, il testo della legge approvata, partendo dall’ovvia definizione dell’antisemitismo come «odio verso gli ebrei», introduce una descrizione delle sue «manifestazioni fisiche e retoriche» come quelle dirette nei confronti di «individui ebrei o non ebrei e/o ai loro beni, alle istituzioni delle comunità ebraiche …». Il cavallo di Troia del sionismo sta proprio in quest’ultima ambigua specificazione: d’ora in avanti, qualsiasi critica, manifestazione, azione politica contro “le istituzioni delle comunità ebraiche” sarà considerato un attacco discriminatorio antisemita.
È appena il caso di ricordare che il parlamento israeliano ha per legge sancito che «Israele è lo Stato nazionale del popolo ebraico», cioè un’entità che si fonda su un elemento identitario “razziale” prevedendo il principio dell’identificazione fra Israele e l’etnia ebraica, disconoscendo quindi totalmente che altre etnie abitano il Paese, fra cui quella araba, che non sono certo di discendenza ebraica. In questo senso, quello di Israele è uno Stato razzista.
Ora, grazie alla legge appena approvata in Argentina, perfino la partecipazione alla campagna internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) rivolta contro la politica israeliana di annichilimento del popolo palestinese sarà considerata un atteggiamento discriminatorio antisemita e potrà essere perseguito.
Per giunta, la Ihra ha fornito un’illustrazione dei comportamenti sanzionabili grazie alla normativa introdotta. Ad esempio, sostenere – come abbiamo appena fatto – che l’esistenza dello Stato di Israele rappresenta la concretizzazione di un progetto razzista costituisce un “attentato al diritto di autodeterminazione degli ebrei”; paragonare l’attuale politica di Israele contro i palestinesi a quella del nazismo contro gli ebrei è manifestazione di “antisemitismo”; così come è “antisemita” chiedere allo Stato di Israele di applicare determinate politiche quando non lo si chiede ad altri Stati: sicché, dato che … non si chiede all’Italia di non opprimere o discriminare, per esempio, i siciliani piuttosto che i valdostani, analogamente non lo si può pretendere da Israele nei confronti dei palestinesi!!!
Il crimine commesso in nome del “trotskismo”
Alla già in sé grave vicenda va però aggiunto che la norma è stata licenziata col voto favorevole di tre deputati “trotskisti” – Myriam Bregman e Alejandrina Barry (del Pts, Partido de los Trabajadores socialistas) e Gabriel Solano (del Po, Partido obrero) – che fanno parte del gruppo parlamentare del Fit‑U.
Crediamo sia addirittura superfluo evidenziare il colpo a tradimento che questi tre impostori del marxismo rivoluzionario hanno inflitto, non solo alla causa del popolo palestinese, ma ai sacrosanti principi dell’internazionalismo proletario: un tradimento che in tempi rivoluzionari di guerra civile sarebbe stato sanzionato con una fucilata alla schiena, come meritano gli infami.
Lo scandalo che è montato all’interno del più ampio panorama della sinistra argentina ha indotto i tre, dapprima, a un’imbarazzata difesa della loro posizione sostenendo che si trattava di votare a favore o contro l’Olocausto (!); in un secondo momento, a diramare una nota congiunta – pubblicata con risalto sugli organi di stampa dei rispettivi partiti nel goffo tentativo di sgonfiare la cosa – con la quale essi fanno ammenda di questo abominevole comportamento, dichiarando di ritirare il proprio voto favorevole (a legge ormai approvata!).
Ma, come sempre, la toppa è peggiore del buco. Nelle motivazioni di questo “ravvedimento” i tre invocano a propria scusante che:
- la norma era inserita in una sessione di approvazione senza discussione;
- il testo era stato loro consegnato la sera prima della votazione, con poco tempo quindi per esaminarlo;
- in ogni caso, la norma era “affogata” in un complesso di altre disposizioni che trattavano i più vari temi, come quelli delle autorizzazioni da concedere ai “dogsitter” in periodo di quarantena per il Covid, o di cambiamento di nome a un liceo (nel linguaggio parlamentare italiano un provvedimento del genere sarebbe definito un decreto “omnibus”).
Ora, tutti questi ridicoli argomenti non fanno altro che confermare il giudizio che già esprimemmo nel testo che abbiamo richiamato all’inizio di quest’articolo: e cioè che questi sedicenti “trotskisti”, così come i loro partiti, sono afflitti da quella gravissima e incurabile malattia che è il “cretinismo parlamentare”.
Il cretinismo parlamentare: nella teoria e nella pratica
Nel luglio del 1852, Friedrich Engels scriveva a proposito dei deputati della sinistra nell’Assemblea legislativa:
«Questi disgraziati poveri di spirito per tutto il corso delle loro esistenze generalmente molto oscure […] dal principio della loro carriera legislativa erano stati più di qualsiasi altra frazione dell’Assemblea contaminati dalla incurabile malattia del cretinismo parlamentare, infermità che riempie gli sfortunati che ne sono vittime della convinzione solenne che tutto il mondo, la sua storia e il suo avvenire, sono retti e determinati dalla maggioranza dei voti di quel particolare consesso rappresentativo che ha l’onore di annoverarli tra i suoi membri e che qualsiasi cosa accada fuori delle pareti di questo edificio […] non conta nulla in confronto con gli eventi incommensurabili legati all’importante questione, qualunque essa sia, che in quel momento occupa l’attenzione dell’onorevole loro assemblea»[1].
Pressappoco nello stesso periodo, Karl Marx, questa volta a proposito dei deputati dell’Assemblea nazionale francese, si esprimeva nei medesimi termini:
«Essi erano … tenuti a muoversi strettamente nei limiti del parlamento. E dovevano essere colpiti da quella particolare malattia che a partire dal 1848 ha infierito su tutto il Continente, il cretinismo parlamentare, malattia che relega quelli che ne sono colpiti in un mondo immaginario e toglie loro ogni senso, ogni ricordo, ogni comprensione del rozzo mondo esteriore»[2].
Anche Lenin (che, com’è noto ai più, non era affatto un “antiparlamentarista”) definiva cretini parlamentari coloro che pensavano di conquistare «la simpatia della maggioranza dei lavoratori» attraverso elezioni svolte «sotto il giogo della borghesia, sotto il giogo della schiavitù salariata»[3].
E allora, sono o non sono dei cretini parlamentari tre sedicenti “rivoluzionari” che, beandosi del proprio status (con annesse prerogative) di deputati votano insieme al governo di cui dovrebbero essere l’opposizione operaia una misura pretesa e imposta dal movimento sionista internazionale? Sono o non sono dei cretini parlamentari coloro i quali, tutti compresi del loro ruolo di “legislatori”, hanno dal primo momento ignorato la raccomandazione della Terza Internazionale, secondo cui «ogni deputato comunista al parlamento è tenuto a ricordarsi di non essere un legislatore che cerca un comune linguaggio con altri legislatori ma che è un agitatore del partito, mandato presso il nemico per applicare le decisioni del partito»[4] (chiara esemplificazione della citazione evangelica che abbiamo posto all’inizio di questo testo)?
E ancora: sono o non sono dei cretini parlamentari tre presunti rappresentanti dei lavoratori che accampano scuse come non aver potuto leggere il testo in anticipo, quando invece la relatrice del provvedimento, la deputata Claudia Neira, aveva preannunciato l’iniziativa addirittura su Twitter? O che non sono in grado, in un provvedimento “omnibus”, di discernere misure in favore dei “dogsitter” da una norma criminale imposta dal sionismo?
🏛️| Hoy, en la sesión en @legiscaba aprobaremos el proyecto que presentamos para que la Ciudad adopte la definición de antisemitismo de la @TheIHRA que ya fue incorporada recientemente por el Estado Nacional. (1/2)
— Claudia Neira (@NeiraClaudia) June 18, 2020
Se ciò è accaduto non è perché i tre sono degli sprovveduti – ricordiamo che almeno due di loro (Bregman e Solano) sono ai vertici dirigenti dei rispettivi partiti – ma perché essi e le loro organizzazioni sono imbevuti dell’ideologia dominante che proclama la “centralità” delle istituzioni borghesi, la “sacralità” dell’istituzione parlamentare borghese, avendo da tempo dimenticato – per essersi accomodati a quell’ideologia – che il primo compito dei marxisti rivoluzionari è proprio la distruzione di quelle istituzioni, anche partecipandovi.
E ora? Una prospettiva
Quello inferto dai tre deputati del Fit‑U alla causa del popolo palestinese e al socialismo rivoluzionario è un colpo mortale. La nostra estrema marginalità – occorre chiamare le cose col proprio nome, a dispetto dello spirito autocelebrativo di tante sette, in Italia e all’estero – viene ulteriormente sanzionata da condotte come quelle che abbiamo denunciato, che aggravano le condizioni in cui i marxisti tentano di rivolgersi alla classe lavoratrice.
Quando Trotsky scrisse che «la situazione politica mondiale […] è caratterizzata principalmente da una crisi storica di direzione del proletariato»[5], mai avrebbe immaginato che questa crisi avrebbe potuto raggiungere simili picchi.
Concludemmo il testo che abbiamo richiamato all’inizio con «un sincero augurio militante alla classe lavoratrice argentina che sente la reale esigenza di una piena indipendenza di classe anche nelle elezioni: che dal suo seno emerga quanto prima un nuovo settore di dirigenti operai che sostituisca l’attuale direzione burocratica, riformista e piccolo‑borghese del Fit‑U, e imprima a quest’organismo, che tante aspettative aveva suscitato, una politica autenticamente rivoluzionaria».
Crediamo che non ci siano alternative: è necessario, e non solo in Argentina, passare dall’auspicio all’azione; costruire, a partire da un fronte unico sempre più indispensabile, nuovi embrioni di organizzazioni rivoluzionarie dando spazio alla centralità operaia a scapito delle incrostazioni intellettuali piccolo‑borghesi.
Dobbiamo essere amaramente consapevoli che, se vogliamo perseguire il progetto socialista di cambiamento radicale della società capitalista, partiamo tutti pressoché da zero. Evidentemente, da un certo punto di vista, da una condizione migliore rispetto agli albori del movimento socialista, avendo accumulato l’esperienza storica delle lotte dei lavoratori di tutto il mondo e delle esperienze rivoluzionarie; dall’altro però, e contraddittoriamente, da una sconfitta del movimento operaio che non dobbiamo aver timore di registrare e riconoscere.
Ma non si tratta di una sconfitta storica, epocale, dato che il capitalismo apparentemente vittorioso vive crisi sempre più ricorrenti e sempre più gravi, che cerca tuttavia di scaricare sulle classi lavoratrici e le masse popolari allo scopo di guadagnare tempo per ristrutturarsi. È perciò necessario pensare sin da ora a come suscitare la fiducia delle masse lavoratrici in se stesse, come far sì che esse sviluppino “l’istinto del potere” e si dispongano, benché irrazionalmente e partendo dall’interno dei limiti delle regole del sistema, a rovesciarlo. Bisogna creare nel loro seno un clima di disposizione alla lotta sulla base di una mobilitazione indipendente.
E non saranno certo cartelli elettorali o organismi come il Fit‑U, o come i suoi dirigenti e parlamentari, a riuscirci.
Note
[1] F. Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania, Editori Riuniti, 1976, p. 98 e s.
[2] K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Editori Riuniti, 1997, p. 151.
[3] V.I. Lenin, “Saluto ai comunisti italiani, francesi e tedeschi”, in Opere, vol. 30, Edizioni Lotta comunista, 2002, p. 46.
[4] “Tesi sui partiti comunisti e il parlamentarismo”, in Assalto al cielo. Documenti e manifesti dei Congressi dell’Internazionale Comunista (1919‑1922), Giovane Talpa, 2005, p. 137.
[5] L. Trotsky, Programma di transizione, Massari editore, 2008, p. 69.