Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Lotta di classe

I lavoratori neri e bianchi devono restare uniti

Il bru­ta­le assas­si­nio a Min­nea­po­lis di un afroa­me­ri­ca­no, Geor­ge Floyd, da par­te di uno sprez­zan­te poli­ziot­to bian­co con l’ausilio dei suoi col­le­ghi di pat­tu­glia, ha sca­te­na­to, non solo a Min­nea­po­lis stes­sa, ma in cen­ti­na­ia di cit­tà degli Sta­ti Uni­ti, gigan­te­sche mani­fe­sta­zio­ni di pro­te­sta sfo­cia­te in rivol­te che stan­no met­ten­do a fer­ro e fuo­co l’intero Pae­se. Per sof­fo­car­le, le auto­ri­tà han­no mes­so in cam­po un’inaudita repres­sio­ne, ma men­tre scri­via­mo le dimo­stra­zio­ni sono anco­ra in atto.
Il fat­to è che negli Usa è anco­ra pre­sen­te la “que­stio­ne nera”, cioè quel­la del­la discri­mi­na­zio­ne più o meno sco­per­ta ai dan­ni del­la popo­la­zio­ne di colo­re, in par­ti­co­la­re se proletaria.
Una que­stio­ne che non è mai sta­ta vera­men­te risol­ta, al di là del rico­no­sci­men­to pura­men­te for­ma­le dell’uguaglianza (bor­ghe­se) dei dirit­ti, e sul­la qua­le Cyril Lio­nel Robert James, che fu mili­tan­te mar­xi­sta rivo­lu­zio­na­rio e diri­gen­te del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, anch’egli nero, ha scrit­to mol­te ope­re e saggi.
Pub­bli­chia­mo qui di segui­to uno dei suoi innu­me­re­vo­li scrit­ti sul tema – “I lavo­ra­to­ri neri e bian­chi devo­no resta­re uni­ti” – che ci sem­bra par­ti­co­lar­men­te signi­fi­ca­ti­vo, in quan­to, al di là del perio­do con­tin­gen­te in cui fu ela­bo­ra­to, richia­ma al fon­da­men­ta­le con­cet­to dell’unità fra bian­chi e neri, tut­ti qua­li mem­bri del­la stes­sa clas­se lavo­ra­tri­ce: un’unità che è un tas­sel­lo fon­da­men­ta­le nel­la comu­ne lot­ta con­tro i capi­ta­li­sti, i qua­li cer­ca­no inve­ce di impor­re un’artificiosa divi­sio­ne fun­zio­na­le al loro domi­nio. E abbia­mo scel­to que­sto bre­ve sag­gio per­ché le enor­mi mani­fe­sta­zio­ni di pro­te­sta con­tro la vio­len­za del­la poli­zia e del­le isti­tu­zio­ni sta­tu­ni­ten­si ai dan­ni dei neri sono inner­va­te pro­prio da que­sto sen­ti­men­to uni­ta­rio che non fa distin­zio­ni sul­la base del colo­re del­la pelle.
Come nota a piè di pagi­na, pre­sen­tia­mo inol­tre una nota bio­gra­fi­ca, scrit­ta da Pao­lo Cascio­la, sul­la tra­iet­to­ria poli­ti­ca di C.L.R. James.
Buo­na lettura.
La redazione

I lavoratori neri e bianchi devono restare uniti

 

J.R. John­son (C.L.R. James) [*]

 (12 ago­sto 1940)

 

Attual­men­te l’America, come il resto del mon­do, è in gra­ve cri­si. I neri osser­va­no i miliar­di che ven­go­no river­sa­ti negli arma­men­ti, il pro­get­to di leg­ge per la coscri­zio­ne in tem­po di pace, i vio­len­ti attac­chi con­tro gli immi­gra­ti e le quin­te colon­ne[1]. Il mon­do come lo cono­scia­mo sta per scom­pa­ri­re. Que­sto è chia­ro. Cosa sta pren­den­do il suo posto e in che misu­ra influen­ze­rà i neri?
Ciò che sta avve­nen­do è una rior­ga­niz­za­zio­ne inter­na­zio­na­le del­la socie­tà per rispon­de­re alla cri­si eco­no­mi­ca mon­dia­le. La cri­si ha cau­sa­to la guer­ra. Il risul­ta­to è che essi non sono altro che schia­vi. Il fasci­smo ha assun­to il pie­no pote­re su tut­ta la pro­du­zio­ne e ha crea­to un poten­te arma­men­to con cui spe­ra di con­qui­sta­re l’Europa e ridur­re l’intero con­ti­nen­te a una colo­nia dell’imperialismo tedesco.

Guer­re e anco­ra guerre
I neri lo capi­sco­no bene. San­no come l’imperialismo euro­peo abbia cal­pe­sta­to l’Africa e ridot­to gli afri­ca­ni alla schia­vi­tù per sfrut­tar­li. Oggi le colo­nie non sono suf­fi­cien­ti e i gran­di impe­ria­li­smi divo­ra­no i Pae­si vici­ni più pic­co­li e più debo­li. E allo stes­so modo in cui l’imperialismo in Afri­ca ha crea­to teo­rie sul­la supe­rio­ri­tà del­la raz­za bian­ca al fine di giu­sti­fi­ca­re il suo attac­co ai neri, così l’hitlerismo crea teo­rie sul­la supe­rio­ri­tà del­la raz­za tede­sca per poter giu­sti­fi­ca­re la schia­vi­tù dei popo­li europei.
Pos­sia­mo tut­ta­via rap­pre­sen­ta­re l’attuale impe­ria­li­smo come del­le enor­mi e insa­zia­bi­li fau­ci che divo­ra­no tut­to ciò che è a por­ta­ta di mano. L’imperialismo bri­tan­ni­co sta com­bat­ten­do in dife­sa del­le pro­prie colo­nie di schia­vi in India e in Afri­ca. Allo stes­so tem­po, Gran Bre­ta­gna, Ita­lia, Giap­po­ne, Ame­ri­ca e Ger­ma­nia stan­no com­bat­ten­do una fero­ce bat­ta­glia com­mer­cia­le per il con­trol­lo dell’America Lati­na. Ecco per­ché Hull è anda­to all’Avana: per cer­ca­re di gua­da­gna­re il soste­gno dei Pae­si dell’America Lati­na[2]. Nell’Asia orien­ta­le, il Giap­po­ne cer­ca di fago­ci­ta­re la Cina e di bat­te­re sul tem­po l’America e la Gran Bre­ta­gna per il domi­nio del com­mer­cio e del­le risor­se dell’Estremo Oriente.
C’è una lot­ta per la vita e la mor­te in atto tutt’intorno e lo Sta­to fasci­sta ha un gran­de van­tag­gio. Una vol­ta scon­fit­ti i lavo­ra­to­ri, li farà lavo­ra­re dodi­ci ore al gior­no per sala­ri da fame, pro­dur­rà armi inve­ce di cibo e vesti­ti, e mer­ci da ven­de­re sot­to­co­sto per bat­te­re la con­cor­ren­za di altri Pae­si sui mer­ca­ti este­ri. Di fron­te a ciò, i capi­ta­li­sti ame­ri­ca­ni si stan­no pre­pa­ran­do a fare esat­ta­men­te lo stes­so, se pos­si­bi­le, per scon­fig­ge­re le orga­niz­za­zio­ni dei lavo­ra­to­ri, assu­me­re il con­trol­lo e com­bat­te­re guer­re com­mer­cia­li e poi anche mili­ta­ri. Ma l’ultima guer­ra non ha fer­ma­to la cri­si e la cri­si – pri­ma che ini­zias­se quel­la attua­le – era già così gra­ve che il mon­do affron­te­rà anni di con­ti­nue guer­re, caos e disa­stri fino a che que­sti impe­ria­li­sti non potran­no esse­re rovesciati.

I lavo­ra­to­ri deb­bo­no resta­re uniti!
Tut­to ciò riguar­da i neri mol­to da vici­no. Ovun­que la clas­se capi­ta­li­sta si pro­pon­ga di scon­fig­ge­re i lavo­ra­to­ri, cer­ca di demo­ra­liz­zar­li divi­den­do­li e met­ten­do­li gli uni con­tro gli altri. In Ger­ma­nia, Hitler usa gli ebrei. In Ame­ri­ca, use­ran­no non solo gli ebrei ma anche i neri. I capi­ta­li­sti han­no una lun­ga pra­ti­ca nel met­te­re i lavo­ra­to­ri neri con­tro i bian­chi. Man mano che la guer­ra con­tro gli ope­rai si farà più acu­ta, cer­che­ran­no di toglie­re lavo­ro ai neri per sod­di­sfa­re un set­to­re dei bian­chi; inten­si­fi­che­ran­no la pro­pa­gan­da con­tro i neri; cer­che­ran­no anzi di svia­re ver­so gli stes­si i lavo­ra­to­ri l’ostilità che i lavo­ra­to­ri bian­chi nutro­no per la clas­se capi­ta­li­sta. I neri devo­no dun­que com­pren­de­re che la cri­si che si sta svi­lup­pan­do non solo col­pi­rà dura­men­te la clas­se lavo­ra­tri­ce ame­ri­ca­na, ma col­pi­rà ancor più dura­men­te loro stes­si, in quan­to set­to­re oppres­so di quel­la classe.
Qual è il rime­dio? Il rime­dio è lot­ta­re, non doma­ni, non la pros­si­ma set­ti­ma­na, ma ora! Lot­ta­re innan­zi­tut­to per lavo­ri nell’industria. I neri sof­fro­no di più e quin­di devo­no lot­ta­re di più. Devo­no com­bat­te­re sot­to lo slo­gan gene­ra­le di “Demo­cra­zia per i neri sen­za se e sen­za ma!” Devo­no unir­si alle orga­niz­za­zio­ni dei lavo­ra­to­ri loca­li, come i sin­da­ca­ti,  denun­cian­do­li impla­ca­bil­men­te se que­sti cer­che­ran­no di tener­li fuo­ri. Devo­no for­ma­re orga­niz­za­zio­ni loca­li nere e coo­pe­ra­re con orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che che com­bat­te­ran­no per i dirit­ti dei neri. Oggi, il Wor­kers Par­ty[3] è pro­prio in pri­ma linea in que­sta battaglia.
I neri devo­no dimo­stra­re ai lavo­ra­to­ri bian­chi che inten­do­no ave­re i loro dirit­ti, che devo­no ave­re la loro quo­ta di lavo­ro, che sono dei com­bat­ten­ti, che lot­ta­no sem­pre per i loro dirit­ti nel­la clas­se lavo­ra­tri­ce come mem­bri di quel­la clas­se lavo­ra­tri­ce. In que­sto modo, i neri potran­no otte­ne­re rico­no­sci­men­to e rispet­to da par­te del­le gran­di mas­se di lavo­ra­to­ri bian­chi, pre­pa­ran­do la stra­da per la bat­ta­glia con­giun­ta che tut­ti insie­me dovran­no com­bat­te­re con­tro le orde riu­ni­te del fasci­smo americano.

C.L.R. James

Insie­me a que­sta bat­ta­glia per i loro dirit­ti, i neri dovran­no lot­ta­re per la dife­sa del­le liber­tà civi­li, con­tro la per­se­cu­zio­ne dei rivo­lu­zio­na­ri come quin­ta colon­na, con­tro i nemi­ci dei dirit­ti demo­cra­ti­ci ovun­que si mani­fe­sti­no. Poi­ché ovun­que la clas­se ope­ra­ia o il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio subi­sce una scon­fit­ta, pure lì i neri ven­go­no scon­fit­ti, se anche uno solo di essi vive in quel­la comu­ni­tà. Que­sta è la lezio­ne di oggi. I neri devo­no impa­rar­la e impa­rar­la bene, e devo­no lot­ta­re per il loro posto nel movi­men­to del­la clas­se ope­ra­ia come il modo più sicu­ro per difen­de­re il poco che han­no e otte­ne­re la pie­na uguaglianza.

(Tra­du­zio­ne di Andrea Di Benedetto)


Note (tut­te le note sono del traduttore)

[1] Con que­sto ter­mi­ne veni­va­no iden­ti­fi­ca­te negli Usa pre­sun­te pic­co­le orga­niz­za­zio­ni di matri­ce comu­ni­sta che, ope­ran­do clan­de­sti­na­men­te dall’interno del­lo Sta­to, avreb­be­ro inte­so inde­bo­lir­lo e favo­ri­re così la vit­to­ria del bol­sce­vi­smo. Il mac­car­ti­smo nac­que e si svi­lup­pò esat­ta­men­te sul­la base di que­sta presupposizione.
[2] Cor­dell Hull fu un poli­ti­co ame­ri­ca­no, poi segre­ta­rio di Sta­to duran­te la pre­si­den­za Roosevelt.
[3] Il Wor­kers Par­ty fu una scis­sio­ne del Socia­li­st Wor­kers Par­ty, che era la sezio­ne sta­tu­ni­ten­se del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le (si veda la nota bio­gra­fi­ca di C.L.R. James a piè di pagi­na a cura di Pao­lo Casciola).


[*] Cyril Lionel Robert James (1901–1989)

Pao­lo Cascio­la (29 gen­na­io 1994)

Cyril Lio­nel Robert James, det­to J.R. John­son, nac­que il 4 gen­na­io 1901 a Tuna­pu­na, nell’isola di Tri­ni­dad. Figlio di un inse­gnan­te e di un’appassionata let­tri­ce di roman­zi, sul fini­re degli anni ven­ti diven­ne egli stes­so un isti­tu­to­re ed uno scrit­to­re di novel­le, oltre che un otti­mo gio­ca­to­re di cricket.
Nel mar­zo del 1932, dopo aver ulti­ma­to la ste­su­ra del suo pri­mo libro – The Life of Cap­tain Cipria­ni, una bio­gra­fia del prin­ci­pa­le por­ta­vo­ce anti­co­lo­nia­li­sta degli antil­la­ni che ave­va­no ser­vi­to nell’esercito bri­tan­ni­co duran­te la pri­ma guer­ra mon­dia­le – James emi­grò in Gran Bre­ta­gna, sta­bi­len­do­si a Nel­son, nel Lan­ca­shi­re. In quel­la cit­tà, famo­sa per le sue indu­strie tes­si­li, riu­scì a far pub­bli­ca­re il suo libro, inco­min­ciò a com­men­ta­re le par­ti­te di cric­ket per il Dai­ly Tele­gra­ph ed ebbe modo di osser­va­re da vici­no le lot­te quo­ti­dia­ne del­la clas­se ope­ra­ia inglese.
A par­ti­re dal set­tem­bre del 1932 James ven­ne assun­to in pian­ta sta­bi­le come gior­na­li­sta spor­ti­vo dal Man­che­ster Guar­dian e nell’aprile del 1933 si tra­sfe­rì a Lon­dra, dove ade­rì al Labour Par­ty (LP). In quel­lo stes­so anno die­de alle stam­pe una ver­sio­ne ridot­ta del suo stu­dio su Cipria­ni, sot­to il tito­lo signi­fi­ca­ti­vo di The Case for West‑Indian Self‑Government.
Nel cor­so del 1935 egli ade­rì al Mar­xi­st Group (MG) – una del­le quat­tro orga­niz­za­zio­ni distin­te in cui il movi­men­to tro­tski­sta bri­tan­ni­co era all’epoca divi­so – e all’Independent Labour Par­ty (ILP), in seno al qua­le il MG pra­ti­ca­va l’entrismo.
Mes­so­si in luce per i suoi arti­co­li con­tro l’aggressione dell’imperialismo fasci­sta ita­lia­no ai dan­ni dell’Abissinia, James fon­dò e pre­sie­det­te l’International Afri­can Friends of Abys­si­nia, che si tra­sfor­mò poi in Inter­na­tio­nal Afri­can Ser­vi­ce Bureau e che ebbe tra i suoi ade­ren­ti per­so­na­li­tà di colo­re come Geor­ge Pad­mo­re e Kwa­me Nkru­mah. Nell’aprile del 1936 egli inter­ven­ne al con­gres­so dell’ILP a favo­re del­le “san­zio­ni ope­ra­ie” con­tro l’Italia di Mussolini.
Fu in veste di dele­ga­to del suo grup­po che James par­te­ci­pò alla Con­fe­ren­za per la Quar­ta Inter­na­zio­na­le svol­ta­si a Pari­gi nel luglio di quell’anno. E tre mesi dopo, in otto­bre, al momen­to dell’ingresso del­la mag­gio­ran­za del MG – sot­to il nuo­vo nome di Bolshevik‑Leninist Group – nel LP, James man­ten­ne in vita il MG in seno all’ILP e lan­ciò il gior­na­le Fight.
Espul­so dall’ILP nel novem­bre del 1936 con quan­to resta­va del suo grup­po, nel 1937 James ini­ziò a lavo­ra­re per il Gla­sgow Herald e pub­bli­cò una sto­ria dell’Internazionale Comu­ni­sta: World Revo­lu­tion. L’anno seguen­te vide­ro la luce un suo stu­dio sul­la rivo­lu­zio­ne gia­co­bi­na a San­to Domin­go – The Black Jaco­bins. Tous­saint L’Ouverture and the San Domin­go Revo­lu­tion (a) – e una sto­ria del­la ribel­lio­ne dei popo­li di colo­re con­tro il colo­nia­li­smo e l’imperialismo: A Histo­ry of Negro Revolt.
Nel feb­bra­io del 1938 James pre­se par­te all’unificazione di tre orga­niz­za­zio­ni quart’internazionaliste bri­tan­ni­che e, set­te mesi dopo, rap­pre­sen­tò il grup­po uni­fi­ca­to – la Revo­lu­tio­na­ry Socia­li­st Lea­gue – alla Con­fe­ren­za di fon­da­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, svol­ta­si nel sob­bor­go pari­gi­no di Péri­gny. In quell’occasione ven­ne elet­to al Comi­ta­to Ese­cu­ti­vo Internazionale.
Ver­so la fine di quell’anno, sol­le­ci­ta­to dal diri­gen­te tro­tski­sta sta­tu­ni­ten­se James Patrick Can­non, James si recò negli USA per tener­vi un ciclo di con­fe­ren­ze pub­bli­che e per con­tri­bui­re ad orga­niz­za­re il lavo­ro del Socia­li­st Wor­kers Par­ty (SWP) in dire­zio­ne del­le mas­se di colore.
Giun­to a New York nel novem­bre del 1938, egli com­pì poi un viag­gio a Coyoa­cán, in Mes­si­co, nell’aprile del 1939, dove discus­se con Tro­tsky i pro­ble­mi del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le e la que­stio­ne dell’autodeterminazione per i neri ame­ri­ca­ni. Rien­tra­to negli Sta­ti Uni­ti, nel luglio di quell’anno par­te­ci­pò al II Con­gres­so Nazio­na­le del SWP, in occa­sio­ne del qua­le pre­sen­tò due riso­lu­zio­ni sul­la “Black que­stion” e sul lavo­ro poli­ti­co del SWP in rela­zio­ne alla popo­la­zio­ne di colore.
Nel set­tem­bre del 1939 James si unì alla ten­den­za ani­ma­ta da James Bur­n­ham e da Max Sha­cht­man che, all’interno del SWP, si oppo­ne­va alla defi­ni­zio­ne tro­tskia­na dell’Unione Sovie­ti­ca come “sta­to ope­ra­io dege­ne­ra­to” e alla poli­ti­ca di dife­sa incon­di­zio­na­ta del­le sue basi socio-eco­no­mi­che, che da quel­la carat­te­riz­za­zio­ne discen­de­va. Egli seguì tale ten­den­za al momen­to del­la sua rot­tu­ra con il SWP e del­la crea­zio­ne del Wor­kers Par­ty (WP), avve­nu­ta nell’aprile del 1940.
Cir­ca un anno dopo James conob­be Rae Spie­gel, meglio nota sot­to il nome di Raya Dunaye­v­ska­ya, che nel feb­bra­io del 1941 ave­va appli­ca­to la teo­ria del “capi­ta­li­smo di sta­to” all’URSS sta­li­nia­na. Insie­me alla Dunaye­v­ska­ya, che all’epoca si fir­ma­va Fred­die Fore­st, James ani­mò la John­son-Fore­st Ten­den­cy (JFT), la qua­le si bat­té con­tro i due pun­ti di vista pre­va­len­ti all’interno del WP: quel­lo di Sha­cht­man, secon­do cui l’Unione Sovie­ti­ca, pur non essen­do uno sta­to ope­ra­io dege­ne­ra­to, rap­pre­sen­ta­va comun­que un ordi­na­men­to socia­le pro­gres­si­vo; e quel­la di Jose­ph Fried­man det­to Jose­ph Car­ter, che con­si­de­ra­va l’URSS come un col­let­ti­vi­smo buro­cra­ti­co altret­tan­to rea­zio­na­rio del capitalismo.
La pri­ma metà degli anni Qua­ran­ta, con­tras­se­gna­ta dagli even­ti bel­li­ci del secon­do con­flit­to mon­dia­le, mise a nudo l’incapacità del WP di svi­lup­par­si dal pun­to di vista teo­ri­co ed orga­niz­za­ti­vo. Nell’agosto del 1945 esso avan­zò allo­ra l’ipotesi del­la riu­ni­fi­ca­zio­ne con il SWP e, nel con­te­sto del­la discus­sio­ne che si aprì, la JFT si orien­tò sem­pre più deci­sa­men­te ver­so il rien­tro nel­la sezio­ne sta­tu­ni­ten­se del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, rien­tro che ebbe poi luo­go nell’ottobre del 1947.
Tut­ta­via nei due anni suc­ces­si­vi la JFT svi­lup­pò le pro­prie con­ce­zio­ni poli­ti­che ed orga­niz­za­ti­ve di tipo ope­rai­sta, giun­gen­do a rifiu­ta­re ogni distin­zio­ne tra l’operaio in quan­to ogget­to di sfrut­ta­men­to e l’operaio in quan­to sog­get­to dota­to di una coscien­za poli­ti­ca rivo­lu­zio­na­ria. A que­sta revi­sio­ne del­la con­ce­zio­ne mar­xi­sta del­la natu­ra e del ruo­lo del par­ti­to cor­ri­spo­se il rifiu­to del pro­gram­ma tro­tski­sta – rifiu­to che James siste­ma­tiz­zò nel 1950 nel suo lavo­ro su Sta­te Capi­ta­li­sm and World Revo­lu­tion.
Fu così che nell’agosto del 1951 James, insie­me alla Dunaye­v­ska­ya e ad altri mem­bri del­la JFT, abban­do­nò defi­ni­ti­va­men­te il movi­men­to tro­tski­sta per dar vita al Cor­re­spon­den­ce Publi­shing Com­mit­tee (CPC). Nel 1952 egli ven­ne inter­na­to sul­la Ellis Island dove, in atte­sa di esse­re espul­so dagli USA, scris­se uno stu­dio sull’opera di Her­man Mel­vil­le – Mari­ners, Rene­ga­des and Casta­ways.
Cac­cia­to dagli Sta­ti Uni­ti nel 1953, James tra­scor­se i cin­que anni suc­ces­si­vi in Gran Bre­ta­gna, da dove col­la­bo­rò al perio­di­co Cor­re­spon­den­ce lan­cia­to nell’ottobre di quell’anno dal CPC, che ave­va tra­sfe­ri­to la pro­pria sede da New York a Detroit per esse­re più vici­no all’ambiente operaio.
Alla luce del­la rivo­lu­zio­ne anti­bu­ro­cra­ti­ca unghe­re­se dell’ottobre 1956 e del­le nuo­ve espe­rien­ze del sin­da­ca­li­smo di base allo­ra in atto tan­to in Euro­pa quan­to negli Sta­ti Uni­ti, James aggior­nò la sua ela­bo­ra­zio­ne teo­ri­ca nel volu­me Facing Rea­li­ty, pub­bli­ca­to a Lon­dra nel 1958.
Dopo il suo rien­tro a Tri­ni­dad, avve­nu­to in quel­lo stes­so anno, egli diven­ne segre­ta­rio del Fede­ral Labour Par­ty, col­la­bo­rò con il People’s Natio­nal Move­ment e scris­se due libri: Par­ty Poli­tics in the West Indies e Modern Poli­tics. Fau­to­re del pana­fri­ca­ni­smo, nel 1960 com­pì il suo pri­mo viag­gio in Afri­ca per incon­tra­re il suo vec­chio ami­co Nkru­mah, nel Ghana.
In segui­to alla proi­bi­zio­ne del suo Modern Poli­tics e alla vigi­lia dell’indipendenza poli­ti­ca for­ma­le otte­nu­ta da Tri­ni­dad nell’ambito del Com­mo­n­wealth bri­tan­ni­co (ago­sto 1962), James fece ritor­no in Inghil­ter­ra, dove appog­giò la crea­zio­ne del Facing Rea­li­ty Publi­shing Com­mit­tee (FRPC), crea­to a Detroit da Mar­tin Gla­ber­man, Geor­ge Rawick ed altri super­sti­ti dell’esperienza del CPC, che la Dunaye­v­ska­ya ave­va abban­do­na­to nel 1955. E sem­pre nel 1962 egli pub­bli­cò un volu­me di carat­te­re auto­bio­gra­fi­co: Beyond a Boun­da­ry.
Tor­na­to anco­ra una vol­ta a Tri­ni­dad nel 1965 in veste di gior­na­li­sta spor­ti­vo, James ven­ne posto agli arre­sti domi­ci­lia­ri e dovet­te la pro­pria libe­ra­zio­ne al fat­to di esse­re sta­to uno dei “padri fon­da­to­ri” del movi­men­to per l’indipendenza del­le Indie Occi­den­ta­li. Nei mesi suc­ces­si­vi lan­ciò il gior­na­le We the Peo­ple e avviò la costru­zio­ne di un Wor­kers and Pea­san­ts Party.
Il fal­li­men­to di que­sto suo ten­ta­ti­vo di tro­va­re una col­lo­ca­zio­ne nel­la vita poli­ti­ca di Tri­ni­dad lo spin­se a rag­giun­ge­re di nuo­vo la Gran Bre­ta­gna, dove con­ti­nuò a scri­ve­re di cric­ket e a por­ta­re avan­ti la sua atti­vi­tà di sag­gi­sta poli­ti­co per nume­ro­se rivi­ste, tra cui le ingle­si New Socie­ty, New Left Review e Race Today, e le ame­ri­ca­ne Black World, Free­dom­ways, Radi­cal Ame­ri­ca e Ami­stad.
James ha inse­gna­to e tenu­to con­fe­ren­ze in diver­se uni­ver­si­tà bri­tan­ni­che, sta­tu­ni­ten­si, cana­de­si ed afri­ca­ne, con­ti­nuan­do a divi­de­re il suo tem­po tra le Indie Occi­den­ta­li ed un mode­sto appar­ta­men­to lon­di­ne­se nel quar­tie­re di Brix­ton, dove il suo cuo­re ha ces­sa­to di bat­te­re il 31 mag­gio 1989.

(a) Una cui ver­sio­ne rive­du­ta ed amplia­ta appar­ve poi nel 1963; su di essa si basa la tra­du­zio­ne ita­lia­na di Raf­fae­le Peril­lo: I gia­co­bi­ni neri. La pri­ma rivol­ta con­tro l’uomo bian­co, Fel­tri­nel­li, Mila­no 1968.
(b) Il nume­ro 1 (feb­bra­io 1970) di quest’ultima rivi­sta pub­bli­cò un suo sag­gio inti­to­la­to “Il com­mer­cio atlan­ti­co degli schia­vi e la schia­vi­tù. Alcu­ne inter­pre­ta­zio­ni del­la loro impor­tan­za nel­lo svi­lup­po degli Sta­ti Uni­ti e del mon­do occi­den­ta­le”, la cui tra­du­zio­ne ita­lia­na, rea­liz­za­ta da Bru­no e Manue­la Car­to­sio, è appar­sa nel volu­me di C.L.R. James, H.M. Baron e H.G. Gut­man, Da schia­vo a pro­le­ta­rio, Muso­li­ni, Tori­no 1973.

(Dal­la pagi­na web del­l’As­so­cia­zio­ne Pie­tro Tresso)