Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Lotta di classe

Il privilegio di vivere: il carattere classista della pandemia

Operai della fabbrica Lobo (hinterland milanese) in sciopero.
I cartelli recitano “Non siamo sacrificabili”

Come spie­ga bene Feli­pe Demier in que­st’ar­ti­co­lo, anche nel­l’at­tua­le situa­zio­ne di pan­de­mia da coro­na­vi­rus si mani­fe­sta­no le dif­fe­ren­ze socia­li che sono alla base del siste­ma capi­ta­li­sta, e che anzi ne costi­tui­sco­no il fon­da­men­to. La rispo­sta di tut­ti i gover­ni bor­ghe­si all’e­mer­gen­za sani­ta­ria mostra che, oltre a tut­ti i pri­vi­le­gi di cui esse da sem­pre frui­sco­no, le clas­si domi­nan­ti inten­do­no gode­re in via esclu­si­va anche di un altro: il pri­vi­le­gio di vivere.
Ma la rea­zio­ne del­la clas­se lavo­ra­tri­ce deve esse­re for­te e uni­ta­ria, per riap­pro­priar­si, in que­sto momen­to, innan­zi­tut­to del dirit­to alla vita, alla salu­te e all’assistenza.
Ben­ché cala­to nel­la real­tà del Bra­si­le, il testo assu­me una valen­za uni­ver­sa­le e per que­sta ragio­ne lo pre­sen­tia­mo ai nostri let­to­ri tra­dot­to in italiano.
Buo­na lettura.
La redazione.

Il privilegio di vivere: il carattere classista della pandemia

La lot­ta di clas­se ai tem­pi del coronavirus

Feli­pe Demier [*]

 

L’universalità di un feno­me­no, come l’attuale pan­de­mia, aiu­ta ad espli­ci­ta­re le rela­zio­ni con­trad­dit­to­rie tra le par­ti­co­la­ri­tà che costi­tui­sco­no que­sta stes­sa uni­ver­sa­li­tà. Ben­ché ori­gi­na­ria­men­te di natu­ra “bio­lo­gi­ca”, la rela­zio­ne “coronavirus‑corpo uma­no”, mani­fe­stan­do­si in una tota­li­tà con­cre­ta (la socie­tà capi­ta­li­sta) acqui­si­sce, anzi, è “sovra­de­ter­mi­na­ta” da una dimen­sio­ne socia­le. Quest’ultima è, alla fine dei con­ti, lo strut­tu­ra­le anta­go­ni­smo mate­ria­le fra le clas­si socia­li, che a sua vol­ta si tro­va con­den­sa­to nel­lo Sta­to capi­ta­li­sta, respon­sa­bi­le del­le poli­ti­che pub­bli­che (sem­pre clas­si­ste) adot­ta­te nel pie­no del­la cri­si. Anche nel­la lot­ta con­tro il coro­na­vi­rus si mani­fe­sta, come non potreb­be esse­re altri­men­ti, la lot­ta di classe.
Tra­spor­ta­ta, inter­na­zio­na­liz­za­ta e pro­pa­ga­ta dai set­to­ri bor­ghe­si e medio‑alti, più cosmo­po­li­ti e aman­ti degli aero­por­ti, la malat­tia ten­de a dif­fon­der­si ini­zial­men­te nei quar­tie­ri più ric­chi per poi pro­pa­gar­si ver­ti­gi­no­sa­men­te nel­le regio­ni cen­tra­li, e soprat­tut­to peri­fe­ri­che, del­le gran­di cit­tà: aree, que­ste, abi­ta­te e/o fre­quen­ta­te da lavo­ra­to­ri e set­to­ri popo­la­ri in gene­ra­le. Ed è pro­prio in seno alla clas­se lavo­ra­tri­ce – quel­la che non dispo­ne di ciò che Marx chia­mò una vol­ta “il pote­re dei pote­ri” del nostro tem­po, il dena­ro – che i casi diven­te­ran­no più con­si­sten­ti, più gra­vi e, per­tan­to, più leta­li. Ormai, i gran­di capi­ta­li­sti, uomi­ni dal­le enor­mi for­tu­ne, ben­ché sia­no pla­sma­ti in for­ma di esse­ri bio­lo­gi­ca­men­te uma­ni (pur essen­do per­lo­più sog­get­ti­va­men­te disu­ma­niz­za­ti e pri­vi di vir­tù), pos­sie­do­no risor­se spro­por­zio­na­te, con­tat­ti e pote­ri che per­met­te­ran­no loro di tute­lar­si meglio e curar­si di fron­te al caos vira­le che deva­sta il Pae­se e che ren­de il caos socia­le, a voler esse­re pleo­na­sti­ci, ancor più cao­ti­co. Sono loro quel­li che han­no, oggi più di pri­ma, il pri­vi­le­gio di vivere.
Dall’altro lato, dal­la par­te di colo­ro che vivo­no o ten­ta­no di vive­re ven­den­do la loro for­za lavo­ro, sono la pau­ra, l’angoscia e la mor­te che si avvi­ci­na­no. Alcu­ni lavo­ra­to­ri rego­la­ri, sia nel­le impre­se pri­va­te (come gli edi­li e i com­mes­si, ad esem­pio) che nel set­to­re pub­bli­co (come, tra gli altri, gli impie­ga­ti di ban­ca e del­le impre­se petro­li­fe­re), sono obbli­ga­ti ad anda­re a lavo­ra­re e ven­go­no per­ciò mes­si a rischio con­tro la loro volon­tà, con­tro la loro vita.

Ope­ra­ia costret­ta a lavo­ra­re con la masche­ri­na per pro­teg­ger­si dall’infezione

E inve­ce, men­tre alcu­ni lavo­ra­to­ri pre­ca­ri o a nero temo­no che assen­tar­si pos­sa pro­vo­ca­re il loro licen­zia­men­to, altri san­no che se non andran­no a lavo­ra­re non avran­no di che dar da man­gia­re alle loro fami­glie, e non avran­no acqua, luce e gas in casa. Nell’insieme del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, mol­te don­ne sono costret­te, a cau­sa del­la chiu­su­ra del­le scuo­le e degli asi­li, a dover­si fare cari­co per l’intera gior­na­ta dei figli, men­tre i gio­va­ni neri deb­bo­no allo stes­so tem­po tute­lar­si dal virus bio­lo­gi­co e con­ti­nua­re a guar­dar­si dal leta­le virus poli­zie­sco. A loro vol­ta, i lavo­ra­to­ri più pove­ri e con mino­ri pos­si­bi­li­tà di acces­so alle cure sani­ta­rie diven­ta­no sem­pre più vul­ne­ra­bi­li in que­sta pan­de­mia, dal momen­to che abi­ta­no in quar­tie­ri degra­da­ti e dor­mo­no in case sovraf­fol­la­te e dal­le pre­ca­rie con­di­zio­ni igie­ni­che: e sarà cer­ta­men­te fra loro che il virus potrà mag­gior­men­te pro­li­fe­ra­re cau­san­do più morti.
Nono­stan­te que­ste innu­me­re­vo­li par­ti­co­la­ri­tà all’interno del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, segna­ta dal­la sua ete­ro­ge­nei­tà e com­ples­si­tà, essa è un sog­get­to socia­le uni­ver­sa­le per­ché è strut­tu­ra­to come oppo­si­zio­ne al capi­ta­le nel­la vita mate­ria­le e costi­tui­to sog­get­ti­va­men­te da espe­rien­ze comu­ni di lot­ta con­tro di esso. Ed è que­sta clas­se, come un tut­to, la mag­gior vit­ti­ma poten­zia­le di que­sta pan­de­mia che comin­cia a dila­ga­re in Bra­si­le, favo­ri­ta dal­le poli­ti­che ultra‑neoliberali e neo­fa­sci­ste del gover­no Bol­so­na­ro. In una paro­la: esi­ste una deter­mi­na­zio­ne clas­si­sta nel­la pan­de­mia, e per que­sto, esat­ta­men­te per que­sto, è neces­sa­rio con­dur­re una lot­ta, una lot­ta di clas­se, in seno ad essa.
È neces­sa­rio e urgen­te pro­pa­gan­da­re le nostre richie­ste e riven­di­ca­zio­ni, sì da spin­ge­re lo Sta­to capi­ta­li­sta ad appli­ca­re poli­ti­che pub­bli­che che sod­di­sfi­no le neces­si­tà del­la clas­se lavo­ra­tri­ce: il che signi­fi­ca, ovvia­men­te, che esse devo­no tener con­to del­le spe­ci­fi­ci­tà e par­ti­co­la­ri­tà dei diver­si stra­ti che la compongono.
In un momen­to di cri­si acu­ta come que­sta, il vero pri­vi­le­gio, il pri­vi­le­gio del­la vita, diven­ta sem­pre più un pri­vi­le­gio di clas­se, un pri­vi­le­gio del capi­ta­le. Non ha alcun sen­so, in que­sto momen­to, una reto­ri­ca fra noi che impu­ti a colo­ro che pos­so­no lavo­ra­re da casa una con­di­zio­ne di “pri­vi­le­gia­ti”, né ha sen­so stig­ma­tiz­za­re quei lavo­ra­to­ri di alcu­ne impre­se pri­va­te ai qua­li è sta­to con­ces­so di fare dei tur­ni. Allo stes­so modo, è infrut­tuo­so e divi­sio­ni­sta tac­cia­re quei dipen­den­ti pub­bli­ci che han­no potu­to sospen­de­re in tut­to o in par­te la loro atti­vi­tà di esse­re dei “pri­vi­le­gia­ti”, poi­ché in tal modo si raf­for­za la vec­chia e abu­sa­ta nar­ra­zio­ne neo­li­be­ra­le. È neces­sa­rio inve­ce lot­ta­re, tut­ti insie­me, per difen­de­re in que­sto momen­to la salu­te e la vita del­la tota­li­tà dei lavo­ra­to­ri e del­le lavo­ra­tri­ci: e ciò va fat­to bat­ten­do­si per poli­ti­che che, da un lato, met­ta­no il Siste­ma sani­ta­rio nazio­na­le nel­le con­di­zio­ni di curar­li, e dall’altro assi­cu­ri­no loro con­di­zio­ni mate­ria­li per ali­men­tar­si e vive­re digni­to­sa­men­te. È fon­da­men­ta­le anche riven­di­ca­re miglio­ri con­di­zio­ni e atten­zio­ni spe­cia­li per chi lavo­ra nei ser­vi­zi essen­zia­li, soprat­tut­to i lavo­ra­to­ri del­la sanità.
Il pri­vi­le­gio – va ricor­da­to – non sta da que­sta par­te, cioè dal­la par­te dei lavo­ra­to­ri, ma dall’altra par­te, da quel­la dove i pro­fit­ti val­go­no ben più del­la vita. I veri paras­si­ti, i veri pri­vi­le­gia­ti, sono loro, sono quel­li che godo­no in modo esclu­si­vo ed egoi­sta di ciò che dovreb­be esse­re di tut­ti, ma che nel capi­ta­li­smo ultra‑neoliberale e neo­fa­sci­sta appa­re sem­pre più come un pri­vi­le­gio, il pri­vi­le­gio di vivere.


(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)


[*] Feli­pe Demier, sto­ri­co, inse­gna all’Università Fede­ra­le Flu­mi­nen­se (Uff) e all’Università Sta­ta­le di Rio de Janei­ro (Uerj). Ha scrit­to diver­si libri, tra cui: O Lon­go Bona­par­ti­smo Bra­si­lei­ro: um ensa­io de inter­pre­tação histó­ri­ca (1930–1964), Mauad, 2013; e Depois do Gol­pe: a dia­lé­ti­ca da demo­cra­cia blin­da­da no Bra­sil, Mauad, 2017.