Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Storia del movimento operaio, Teoria

Trotsky e il “Sud Globale”

Come ave­va­mo pre­an­nun­cia­to in una nota a mar­gi­ne di un pre­ce­den­te sag­gio del­lo stes­so Auto­re, pre­sen­tia­mo oggi ai nostri let­to­ri uno scrit­to di Feli­pe Demier sul­le ana­li­si che Tro­tsky ela­bo­rò rispet­to ai Pae­si arre­tra­ti e al ruo­lo che rispet­ti­va­men­te in essi gio­ca­va­no il pro­le­ta­ria­to e le bor­ghe­sie nazio­na­li, alla luce del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te e di quel­la del­lo svi­lup­po disu­gua­le e com­bi­na­to. In par­ti­co­la­re, lo scrit­to pone bene in luce come l’in­ter­na­zio­na­li­smo non fos­se per Tro­tsky un prin­ci­pio astrat­to o, peg­gio, un’a­spi­ra­zio­ne “eti­ca”, «ben­sì il rifles­so poli­ti­co e teo­ri­co del carat­te­re inter­na­zio­na­le del­l’e­co­no­mia, del­lo svi­lup­po mon­dia­le del­le for­ze pro­dut­ti­ve e del­l’e­sten­sio­ne mon­dia­le del­la lot­ta di clas­se» (così, espli­ci­ta­men­te, Tro­tsky, nel testo “La rivo­lu­zio­ne permanente”).
Cre­dia­mo che su que­sti temi – che, con­tra­ria­men­te a quan­to, con giu­di­zio super­fi­cia­le, si pos­sa pen­sa­re, con­ser­va­no una strin­gen­te attua­li­tà – sia impor­tan­te, come mar­xi­sti rivo­lu­zio­na­ri, riflet­te­re e discu­te­re approfonditamente.
Buo­na lettura.
La redazione

Trotsky e il “Sud Globale”


Rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te, regi­mi poli­ti­ci e oppres­sio­ni (nazio­na­li e razziali)


Feli­pe Demier [a]

 

«Por que vocês não sabem
Do lixo ocidental?»
(Mil­ton Nasci­men­to, “Para Len­non e McCart­ney”) [b]

 

Tut­ta la teo­ria di Tro­tsky sul­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te è sta­ta cen­tra­ta sull’idea che lo svi­lup­po del capi­ta­li­smo nel­le regio­ni arre­tra­te[1] pre­ve­de­va una sto­ri­ci­tà pro­pria, con­tra­ria­men­te alla logi­ca del­la ripe­ti­zio­ne del­le “tap­pe” del capi­ta­li­smo euro­peo clas­si­co nei Pae­si “colo­nia­li” e “semi­co­lo­nia­li”, così come pro­cla­ma­va la Ter­za Inter­na­zio­na­le. La for­ma spe­ci­fi­ca in cui il capi­ta­li­smo si pre­sen­ta­va nei Pae­si arre­tra­ti (com­bi­nan­do dia­let­ti­ca­men­te ele­men­ti moder­ni con strut­tu­re arcai­che) non sareb­be con­se­guen­za, secon­do Tro­tsky, di una mera que­stio­ne di “sta­di” diver­si tra que­sti ulti­mi e i Pae­si a capi­ta­li­smo avan­za­to. Quest’affermazione, a sua vol­ta, si basa­va su una pro­spet­ti­va che com­pren­de­va il capi­ta­li­smo mon­dia­le come una tota­li­tà con­trad­dit­to­ria, e non già come una mera som­ma di nazio­ni (par­ti) isolate.
Pro­prio per­ché fram­men­ti dia­let­ti­ca­men­te inte­gra­ti in un tut­to (il capi­ta­li­smo mon­dia­le), le regio­ni “colo­nia­li” e “semi­co­lo­nia­li” non pote­va­no svi­lup­pa­re la loro sto­ria sepa­ra­ta­men­te, e, dun­que, non sareb­be sta­to per esse pos­si­bi­le supe­ra­re il loro sta­to di arre­tra­tez­za pas­san­do a uno “sta­dio” supe­rio­re entro il qua­dro del capi­ta­li­smo. Il siste­ma capi­ta­li­sta, spe­cial­men­te a par­ti­re dal­la sua fase impe­ria­li­sta, non avreb­be lascia­to più spa­zio per que­sti svi­lup­pi “auto­no­mi”, ren­den­do impos­si­bi­le alle regio­ni arre­tra­te la ripe­ti­zio­ne del­la sto­ria del­le regio­ni all’avanguardia. Allo stes­so modo, lo svi­lup­po sto­ri­co del­le nazio­ni cen­tra­li era dipe­so e dipen­de­va inte­ra­men­te dal­le rela­zio­ni sta­bi­li­te con le for­ma­zio­ni economico‑sociali peri­fe­ri­che. Que­sta tota­liz­zan­te pro­spet­ti­va di Tro­tsky costi­tui­va la base del suo inter­na­zio­na­li­smo, in oppo­si­zio­ne fron­ta­le alla teo­ria del “socia­li­smo in un Pae­se solo” soste­nu­ta dagli sta­li­ni­sti, e ciò lo por­ta­va a difen­de­re posi­zio­ni poli­ti­che com­ple­ta­men­te diver­se da quel­le di que­sti ulti­mi[2].
Nei bra­ni che seguo­no, estrat­ti da La rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te, si può per­ce­pi­re il col­le­ga­men­to esi­sten­te tra la con­ce­zio­ne di Tro­tsky sul­lo svi­lup­po sto­ri­co dei Pae­si arre­tra­ti e le sue pro­po­ste poli­ti­che per il pro­le­ta­ria­to di que­sti ultimi:

«Come instau­ra­re allo­ra la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to in cer­ti Pae­si arre­tra­ti, come la Cina, l’India ecc.? Rispon­dia­mo: la sto­ria non si fa su ordi­na­zio­ne. […] Non biso­gna mai par­ti­re da un’armonia aprio­ri­sti­ca dell’evoluzione socia­le. Nono­stan­te la dol­ce stret­ta teo­ri­ca di Sta­lin, la leg­ge del­lo svi­lup­po dise­gua­le esi­ste anco­ra. Fa vale­re la pro­pria for­za sia nei rap­por­ti tra i Pae­si diver­si sia nel­la cor­re­la­zio­ne dei vari pro­ces­si all’interno di un sin­go­lo Pae­se. Solo su sca­la mon­dia­le sarà pos­si­bi­le il supe­ra­men­to del­lo svi­lup­po dise­gua­le sul pia­no eco­no­mi­co e sul pia­no poli­ti­co. Ciò signi­fi­ca, in par­ti­co­la­re, che non si può con­si­de­ra­re la que­stio­ne del­la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to in Cina esclu­si­va­men­te entro il qua­dro dell’economia e del­la poli­ti­ca cine­se. Qui ci tro­via­mo di fron­te a due posi­zio­ni che si esclu­do­no reci­pro­ca­men­te: una è quel­la del­la teo­ria inter­na­zio­na­li­sta e rivo­lu­zio­na­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te, l’altra è quel­la del­la teo­ria nazio­nal­ri­for­mi­sta del socia­li­smo in un Pae­se solo. Non solo la Cina arre­tra­ta, ma nes­sun Pae­se del mon­do potrà costrui­re il socia­li­smo entro il qua­dro nazio­na­le: le for­ze pro­dut­ti­ve alta­men­te svi­lup­pa­te, che tra­scen­do­no i con­fi­ni nazio­na­li, vi si oppon­go­no non meno del­le for­ze insuf­fi­cien­te­men­te svi­lup­pa­te per la nazio­na­liz­za­zio­ne. […] Ciò signi­fi­ca for­se, quan­to meno, che tut­ti i Pae­si, anche i Pae­si colo­nia­li arre­tra­ti, sono matu­ri per la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, se non per il socia­li­smo? No, non signi­fi­ca affat­to que­sto. E allo­ra come rea­liz­za­re in gene­re e più par­ti­co­lar­men­te nel­le colo­nie la rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca? Alla doman­da rispon­de­rò con un’altra doman­da: e chi vi ha det­to che tut­ti i Pae­si colo­nia­li sia­no matu­ri per la rea­liz­za­zio­ne imme­dia­ta e inte­gra­le dei com­pi­ti nazio­nal­de­mo­cra­ti­ci? La que­stio­ne va capo­vol­ta. Nel­le con­di­zio­ni del­la fase impe­ria­li­sta, la rivo­lu­zio­ne nazio­nal­de­mo­cra­ti­ca può vin­ce­re solo se i rap­por­ti socia­li e poli­ti­ci di un Pae­se sono matu­ri per l’avvento al pote­re del pro­le­ta­ria­to come gui­da del­le mas­se popo­la­ri. […] In Cina, dove, nono­stan­te una situa­zio­ne estre­ma­men­te favo­re­vo­le, la dire­zio­ne dell’internazionale comu­ni­sta ha impe­di­to al pro­le­ta­ria­to di lot­ta­re per il pote­re, i pro­ble­mi nazio­na­li han­no avu­to una solu­zio­ne meschi­na, pre­ca­ria, nega­ti­va sot­to il regi­me del Kuo­min­tang»[3].

A destra, Sun Yat-sen , fon­da­to­re del Kuo­min­tang. A sini­stra, Chiang Kai-shek, suo successore

Par­ten­do da que­sta inter­pre­ta­zio­ne a pro­po­si­to del­le pos­si­bi­li­tà di svi­lup­po dei Pae­si arre­tra­ti nell’epoca dell’imperialismo, Tro­tsky pole­miz­zò con la pro­po­sta di una “dit­ta­tu­ra demo­cra­ti­ca” (sot­to la dire­zio­ne del­la “bor­ghe­sia nazio­na­le”), lan­cia­ta per la Cina e altri pae­si “colo­nia­li” e “semi­co­lo­nia­li” dal­la Ter­za internazionale:

«Non è pos­si­bi­le pre­ve­de­re quan­do e in qua­li con­di­zio­ni que­sto o quel Pae­se sarà matu­ro per una solu­zio­ne vera­men­te rivo­lu­zio­na­ria del­la que­stio­ne agra­ria e del­la que­stio­ne nazio­na­le. Ma in ogni caso pos­sia­mo affer­ma­re con cer­tez­za sin d’ora che non solo la Cina, ma anche l’India potrà arri­va­re a una vera demo­cra­zia popo­la­re, cioè ope­ra­ia e con­ta­di­na, solo per mez­zo del­la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to. Lun­go la stra­da ci potran­no esse­re fasi diver­se. Sot­to la pres­sio­ne del­le mas­se popo­la­ri la bor­ghe­sia farà anco­ra dei pas­si ver­so sini­stra per poi col­pi­re il popo­lo impla­ca­bil­men­te. Sono pos­si­bi­li e pro­ba­bi­li perio­di di “dua­li­smo di pote­ri”. Ma una ipo­te­si è esclu­sa com­ple­ta­men­te, quel­la di una vera dit­ta­tu­ra demo­cra­ti­ca che non sia una dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to. Una dit­ta­tu­ra demo­cra­ti­ca non può che assu­me­re le carat­te­ri­sti­che del Kuo­min­tang, cioè non può che esse­re diret­ta con­tro gli ope­rai e i con­ta­di­ni. Biso­gna com­pren­der­lo in par­ten­za e inse­gnar­lo alle mas­se, sen­za nascon­de­re la real­tà di clas­se die­tro una for­mu­la astrat­ta»[4].

Sal­vo che nei suoi innu­me­re­vo­li scrit­ti sul­la Rus­sia, in cui i par­ti­co­la­ri­smi del­la Ter­ra degli Zar furo­no oppor­tu­na­men­te affron­ta­ti[5], Tro­tsky non si dedi­cò a rifles­sio­ni appro­fon­di­te sul­la “que­stio­ne nazio­na­le” in altre for­ma­zio­ni socia­li. Tut­ta­via, nel­le sue ana­li­si su diver­si Pae­si, che abi­tual­men­te oggi ven­go­no defi­ni­ti “Sud glo­ba­le”, cer­cò sem­pre di tener con­to, quan­tun­que attra­ver­so ricer­che secon­da­rie, del­le loro spe­ci­fi­ci­tà storico‑sociali, sem­pre assu­men­do quei Pae­si – è bene ricor­dar­lo – come par­te di una tota­li­tà, il capi­ta­li­smo mondiale.
Anco­ra nel 1930 (anno di pub­bli­ca­zio­ne de La rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te), dan­do con­ti­nui­tà alla sua bat­ta­glia con­tro il “tap­pi­smo” dell’Internazionale comu­ni­sta, Tro­tsky scris­se testi che si rife­ri­va­no al carat­te­re del­la rivo­lu­zio­ne in Pae­si come l’Italia e l’India. Affer­man­do il ruo­lo con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rio di tut­ti i set­to­ri del­le clas­si domi­nan­ti di quei Pae­si, anco­ra una vol­ta Tro­tsky indi­vi­duò il pro­le­ta­ria­to come l’unico sog­get­to capa­ce di diri­ge­re qual­sia­si pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che affron­tas­se i com­pi­ti “demo­cra­ti­ci” e/o “nazio­na­li” pen­den­ti. In que­sto sen­so, per Tro­tsky in Ita­lia non si sareb­be potu­to inse­dia­re un regi­me “demo­cra­ti­co”, in quan­to tap­pa inter­me­dia tra il fasci­smo e un’eventuale futu­ra dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, che fos­se il pro­dot­to di una lot­ta vit­to­rio­sa del­la bor­ghe­sia ita­lia­na con­tro il regi­me di Mus­so­li­ni. Il rivo­lu­zio­na­rio rus­so ammet­te­va la pos­si­bi­li­tà che nel Pae­se potes­se sor­ge­re, in epo­ca suc­ces­si­va al fasci­smo, un regi­me par­la­men­ta­re e “demo­cra­ti­co” che, nel­la sua con­ce­zio­ne, avreb­be potu­to esse­re sol­tan­to ope­ra di una rivo­lu­zio­ne pro­le­ta­ria «insuf­fi­cien­te­men­te matu­ra e pre­ma­tu­ra», che, abor­ten­do, avreb­be per­mes­so alla bor­ghe­sia, dopo una cri­si rivo­lu­zio­na­ria, di rista­bi­li­re, in modo con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rio, il suo domi­nio su basi “demo­cra­ti­che”. In ogni modo, segna­la­va Tro­tsky, un’eventuale demo­cra­zia bor­ghe­se in Ita­lia sareb­be potu­ta sca­tu­ri­re da una vit­to­rio­sa rivo­lu­zio­ne “demo­cra­ti­ca” diret­ta dal­la clas­se domi­nan­te[6]. Anche la bat­ta­glia per la “libe­ra­zio­ne nazio­na­le” dell’India dal gio­go dell’imperialismo ingle­se non pote­va, secon­do lui, fare affi­da­men­to sul­la par­te­ci­pa­zio­ne degli “oppres­so­ri inter­ni”, i qua­li, nel­la misu­ra in cui cre­sce­va la lot­ta del­le mas­se per l’indipendenza, ave­va­no dimi­nui­to il loro «desi­de­rio … di sepa­rar­si dal­lo stra­nie­ro»[7].
Nei pri­mi anni 30, in con­si­de­ra­zio­ne del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio in Spa­gna ini­zia­to con la cadu­ta del­la dit­ta­tu­ra bona­par­ti­sta di Pri­mo de Rive­ra (1930) e il suc­ces­si­vo rove­scia­men­to del­la monar­chia (1931), Tro­tsky si dedi­cò a scri­ve­re una serie di testi desti­na­ti ad ana­liz­za­re il ruo­lo poli­ti­co che il pro­le­ta­ria­to di quel Pae­se avreb­be dovu­to svol­ge­re per­ché la rivo­lu­zio­ne potes­se ave­re un cor­so favo­re­vo­le. Con­sta­tan­do il carat­te­re “debo­le” del­la bor­ghe­sia spa­gno­la, anco­ra una vol­ta Tro­tsky sosten­ne che sol­tan­to il pro­le­ta­ria­to, in allean­za con i con­ta­di­ni, avreb­be potu­to por­ta­re a ter­mi­ne i com­pi­ti di una rivo­lu­zio­ne “democratico‑borghese” nel­la Spa­gna arre­tra­ta, come la rifor­ma agra­ria e la distru­zio­ne dei pri­vi­le­gi del­la Chie­sa cat­to­li­ca. Per­ciò, nei suoi scrit­ti del perio­do 1934‑1937 (deci­si­vo per il desti­no del­la Rivo­lu­zio­ne spa­gno­la), con­dan­nò fer­ma­men­te la poli­ti­ca di fron­te popo­la­re por­ta­ta avan­ti dall’Internazionale comu­ni­sta in Spa­gna. Attri­buen­do alla bor­ghe­sia spa­gno­la un carat­te­re “pro­gres­si­sta” e orien­tan­do gli ope­rai e i con­ta­di­ni a strin­ge­re con essa un’alleanza, gli sta­li­ni­sti soste­ne­va­no allo­ra che la rivo­lu­zio­ne dove­va resta­re nei limi­ti di una repub­bli­ca democratico‑borghese, e ciò avreb­be impe­di­to, secon­do l’Internazionale comu­ni­sta, la vit­to­ria del fascismo.

Il gene­ra­le Fran­ci­sco Franco

La fra­go­ro­sa scon­fit­ta del pro­le­ta­ria­to spa­gno­lo nel­la rivo­lu­zio­ne, così come la respon­sa­bi­li­tà dell’Internazionale e del Par­ti­to comu­ni­sta spa­gno­lo in que­sto fal­li­men­to sto­ri­co, sono uni­ver­sal­men­te note. La bor­ghe­sia spa­gno­la, che gode­va del­la fidu­cia degli sta­li­ni­sti, avreb­be dimo­stra­to tut­to il suo carat­te­re “pro­gres­si­sta” e “demo­cra­ti­co” acco­glien­do a brac­cia aper­te il gene­ra­le Fran­ci­sco Fran­co[8].
Nel 1935, men­tre era impe­gna­to a com­bat­te­re la poli­ti­ca di fron­te popo­la­re appli­ca­ta in Spa­gna dall’Internazionale comu­ni­sta, Tro­tsky scris­se anco­ra bre­vi com­men­ta­ri a pro­po­si­to dei com­pi­ti del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio in Sud Afri­ca, all’epoca colo­nia del­la Gran Bre­ta­gna. Riba­den­do l’esistenza di una dina­mi­ca sto­ri­ca pro­pria per i Pae­si arre­tra­ti, “colo­nia­li” e “semi­co­lo­nia­li”, sosten­ne che il supe­ra­men­to del­le que­stio­ni “agra­ria”, “nazio­na­le” e “raz­zia­le” era diret­ta­men­te rela­zio­na­to alla lot­ta per l’instaurazione del­la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to (nero e bian­co) nel Pae­se, oppo­nen­do­si così a qual­sia­si allean­za con i set­to­ri domi­nan­ti nati­vi in nome di una piat­ta­for­ma “comu­ne” di stam­po “antim­pe­ria­li­sta”[9].
Qual­che tem­po dopo, nel gen­na­io del 1937, Tro­tsky sareb­be giun­to in Mes­si­co, a quell’epoca gover­na­to dal gene­ra­le bona­par­ti­sta di sini­stra Láza­ro Cárdenas.

Tro­tsky sbar­ca in Messico

Nono­stan­te l’accordo di non inter­fe­ren­za nel­la poli­ti­ca inter­na fir­ma­to col pre­si­den­te, Tro­tsky, sin dal suo arri­vo, non si sot­tras­se all’elaborazione di ana­li­si rela­ti­ve alla lot­ta di clas­se in quel Pae­se e al ruo­lo che avreb­be dovu­to svol­ger­vi il pro­le­ta­ria­to. Ben­ché meno inten­sa­men­te, rivol­se il suo sguar­do anche ad altre espe­rien­ze poli­ti­che lati­noa­me­ri­ca­ne, cer­can­do di con­si­de­rar­le come par­ti costi­tu­ti­ve di una gran­de real­tà peri­fe­ri­ca e arre­tra­ta del siste­ma capi­ta­li­sta mon­dia­le, che attra­ver­sa­va una pro­fon­da cri­si dal momen­to del crol­lo del­la Bor­sa di New York nell’ottobre del 1929. Dal Mes­si­co, Tro­tsky scrisse:

«La socie­tà lati­noa­me­ri­ca­na, come ogni socie­tà – svi­lup­pa­ta o arre­tra­ta – è com­po­sta da tre clas­si: la bor­ghe­sia, la pic­co­la bor­ghe­sia e il pro­le­ta­ria­to. Nel­la misu­ra in cui i com­pi­ti sono demo­cra­ti­ci in un ampio sen­so sto­ri­co, sono com­pi­ti democratico‑borghesi, ma qui [in Ame­ri­ca Lati­na] la bor­ghe­sia è inca­pa­ce di risol­ver­li, com’è inve­ce acca­du­to in Rus­sia e in Cina. In que­sto sen­so, duran­te il cor­so del­la lot­ta di clas­se per i com­pi­ti demo­cra­ti­ci, oppo­nia­mo il pro­le­ta­ria­to alla bor­ghe­sia. L’indipendenza del pro­le­ta­ria­to, per­fi­no all’inizio di que­sto movi­men­to, è asso­lu­ta­men­te neces­sa­ria, e oppo­nia­mo il pro­le­ta­ria­to alla bor­ghe­sia soprat­tut­to per quan­to attie­ne alla que­stio­ne agra­ria, per­ché la clas­se che gover­ne­rà – in Mes­si­co come in tut­ti gli altri Pae­si lati­noa­me­ri­ca­ni – sarà quel­la che attrar­rà a sé i con­ta­di­ni»[10].

Assas­si­na­to dal­la Gpu (la poli­zia poli­ti­ca sovie­ti­ca) per ordi­ne di Sta­lin nel 1940, Tro­tsky ebbe in Ame­ri­ca Lati­na non solo il suo ulti­mo luo­go d’esilio, ma anche l’ultimo luo­go per l’osservazione del­la sua leg­ge del­lo svi­lup­po disu­gua­le e com­bi­na­to e del­la sua teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te. Le sue inter­pre­ta­zio­ni del­le pos­si­bi­li­tà sto­ri­che dell’America Lati­na sot­to il capi­ta­li­smo si con­trap­po­se­ro a qual­sia­si pro­spet­ti­va evo­lu­zio­ni­sta e “tap­pi­sta” in rela­zio­ne al cor­so eco­no­mi­co, poli­ti­co e socia­le del con­ti­nen­te. Que­ste inter­pre­ta­zio­ni, che risal­go­no alla fine degli anni 30, rap­pre­sen­ta­no dun­que un con­tral­ta­re teo­ri­co e poli­ti­co sia alle tesi ela­bo­ra­te dal­la secon­da metà degli anni 20 dai par­ti­ti comu­ni­sti lega­ti all’Internazionale comu­ni­sta, sia a quel­le del­la pro­spet­ti­va “nazional‑sviluppista” pro­ve­nien­ti da isti­tu­zio­ni come la Cepal (Com­mis­sio­ne eco­no­mi­ca per l’America Lati­na e il Cari­be) o altre di por­ta­ta nazio­na­le. In que­sto sen­so, rite­nia­mo che Tro­tsky, nel rico­no­sce­re una sto­ri­ci­tà pro­pria ai Pae­si dipen­den­ti – e in par­ti­co­la­re all’America Lati­na – pose le basi teo­ri­che di ciò che in segui­to sareb­be sta­to cono­sciu­to come “teo­ria del­la dipendenza”.


Note

[1] Si ren­de qui neces­sa­rio indi­ca­re che la stes­sa nozio­ne di arre­tra­tez­za è suscet­ti­bi­le di esse­re pro­ble­ma­tiz­za­ta, dato che, in qual­che manie­ra, può por­ta­re a inten­de­re che c’è una spe­cie di linea sto­ri­ca evo­lu­ti­va che le nazio­ni deb­bo­no segui­re. In que­sto testo uti­liz­zia­mo que­sto con­cet­to nell’accezione tro­tski­sta, cioè in modo che esso abbia come suo asse strut­tu­ran­te la dimen­sio­ne storico‑temporale del­le moder­niz­za­zio­ni indu­stria­li capi­ta­li­ste dei Pae­si a cui si riferisce.
[2] Cir­ca il meto­do inter­na­zio­na­li­sta di Tro­tsky, v. F. Demier, “Tota­li­da­de e inter­na­cio­na­li­smo em León Tro­tsky”, in Marx e mar­xi­smos, vol. 6 (n. 10), 2018; e A. Bian­chi, “O mar­xi­smo de León Tro­tsky: notas para uma recon­strução teó­ri­ca”, in Idéias, n. 14, Cam­pi­nas, 2007, pp. 57‑99.
[3] L. Tro­tsky, A revo­lução per­ma­nen­te. 2ª ed., São Pau­lo, Kai­rós, 1985, pp. 120‑121 [in ita­lia­no, L. Tro­tsky, La rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te, Arnol­do Mon­da­do­ri edi­to­re, 1979, pp. 174‑176: ndt].
[4] Ibi­dem. Le rifles­sio­ni di Tro­tsky a pro­po­si­to del cor­so del­la Rivo­lu­zio­ne cine­se del 1925‑1927 pos­so­no rin­ve­nir­si, tra gli altri scrit­ti, nel­le cor­ri­spon­den­ze intrat­te­nu­te, all’epoca dei fat­ti, con bol­sce­vi­chi come Radek, Alsky e Pre­o­bražen­skij (inclu­se nel­la rac­col­ta L. Tro­tsky, La teo­ría de la revo­lu­ción per­ma­nen­te. Com­pi­la­ción, Bue­nos Aires, Cen­tro de Estu­dios, Inve­sti­ga­cio­nes y Publi­ca­cio­nes León Tro­tsky [CEIP León Tro­tsky], 2000, p. 369‑394) [in ita­lia­no sono sta­te pub­bli­ca­te le “Tre let­te­re a Pre­o­bražen­skij” in L. Tro­tsky, Ope­re scel­te, Pro­spet­ti­va edi­zio­ni, 2006, vol. 8, pp. 65–78: ndt], e nell’articolo, scrit­to nel 1938, inti­to­la­to “La revo­lu­ción chi­na” (ivi, pp. 524‑535) [in ita­lia­no, L. Tro­tsky, “Rivo­lu­zio­ne e guer­ra in Cina”, in appen­di­ce al testo di P. Cascio­la, “Tro­tsky e le lot­te dei popo­li colo­nia­li”, in Qua­der­ni del Cen­tro Stu­di Pie­tro Tres­so n. 18, apri­le 1990, pp. 15–22. È uti­le anche con­sul­ta­re, al riguar­do, L. Tro­tsky, I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se e altri scrit­ti su que­stio­ni inter­na­zio­na­li. 1924‑1940, Giu­lio Einau­di edi­to­re, 1970, pp. 121‑297: ndt].
[5] A que­sto pro­po­si­to, v. F. Demier, “A lei do desen­vol­vi­men­to desi­gual e com­bi­na­do de Tro­tsky e a Revo­lução Rus­sa” in F. Demier e M.L. Mon­tei­ro (org.), 100 anos depois: a Revo­lução Rus­sa de 1917, Rio de Janei­ro, Mauad X, pp. 135‑166.
[6] L. Tro­tsky, “Pro­ble­mas de la revo­lu­ción ita­lia­na” in L. Tro­tsky, La teo­ría de la revo­lu­ción per­ma­nen­te. Com­pi­la­ción, cit., p. 552–553 [in ita­lia­no, L. Tro­tsky, “Let­te­ra ai «Tre»”, in L. Tro­tsky, Scrit­ti sull’Italia, Mas­sa­ri edi­to­re, 2001, pp. 182 e ss.: ndt].
[7] L. Tro­tsky, “Tareas e peli­gros de la revo­lu­ción en la India”, in L. Tro­tsky, La teo­ría de la revo­lu­ción per­ma­nen­te. Com­pi­la­ción, cit., p. 541 [Que­sto con­cet­to ven­ne ulte­rior­men­te riba­di­to da Tro­tsky nel­la “Let­te­ra aper­ta ai lavo­ra­to­ri dell’India”, scrit­ta il 25 luglio 1939 e pub­bli­ca­ta in ita­lia­no in L. Tro­tsky, I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se …, cit., pp. 597 e ss.: ndt].
[8] Gli scrit­ti di Tro­tsky rela­ti­vi alla Rivo­lu­zio­ne spa­gno­la pos­so­no leg­ger­si in L. Tro­tsky, La revo­lu­ción españo­la, S.l. El Puen­te Edi­to­rial, s.d. [in ita­lia­no non esi­ste una rac­col­ta orga­ni­ca degli scrit­ti di Tro­tsky sul­la Rivo­lu­zio­ne spa­gno­la; non­di­me­no alcu­ni di essi si tro­va­no, ad esem­pio, in L. Tro­tsky, Scrit­ti 1929‑1936, Arnol­do Mon­da­do­ri edi­to­re, 1970, pp. 205‑287; in I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se …, cit., pp. 519‑540; in Ope­re scel­te, cit., vol. 8, pp. 131 e ss.; in Pro­gram­ma di tran­si­zio­ne, Mas­sa­ri edi­to­re, 2008, pp. 173‑190; e in A. Nin, Ter­ra e liber­tà, Erre emme edi­zio­ni, 1996, pp. 334‑347: ndt].
[9] L. Tro­tsky, “Sobre las tesis suda­fri­ca­nas”, in L. Tro­tsky, La teo­ría de la revo­lu­ción per­ma­nen­te … cit., p. 561–567.
[10] L. Tro­tsky, “Discu­sión sobre Ame­ri­ca Lati­na”, in L. Tro­tsky, Escri­tos lati­noa­me­ri­ca­nos, 2ª ed., Bue­nos Aires, Cen­tro de Estu­dios, Inve­sti­ga­cio­nes y Publi­ca­cio­nes León Tro­tsky (CEIP León Tro­tsky), 2000, p. 123‑124. Il testo in que­stio­ne è un rias­sun­to tra­scrit­to di una con­ver­sa­zio­ne fra Tro­tsky, i suoi militanti‑guardie del cor­po nor­da­me­ri­ca­ni e il tro­tski­sta Char­les Cur­tiss, anch’egli nor­da­me­ri­ca­no. [Come per gli scrit­ti sul­la Spa­gna, anche per quel­li sull’America Lati­na non esi­ste una rac­col­ta orga­ni­ca in lin­gua ita­lia­na. Alcu­ni si pos­so­no tro­va­re in L. Tro­tsky, I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se …, cit., pp. 583‑593: ndt].

 

(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)

 

[a] Feli­pe Demier, sto­ri­co, inse­gna all’Università Fede­ra­le Flu­mi­nen­se (Uff) e all’Università Sta­ta­le di Rio de Janei­ro (Uerj). Ha scrit­to diver­si libri, tra cui: O Lon­go Bona­par­ti­smo Bra­si­lei­ro: um ensa­io de inter­pre­tação histó­ri­ca (1930–1964), Mauad, 2013; e Depois do Gol­pe: a dia­lé­ti­ca da demo­cra­cia blin­da­da no Bra­sil, Mauad, 2017.

[b] «Per­ché non sape­te del­la spaz­za­tu­ra occi­den­ta­le?».