Ci siamo già interessati in un precedente articolo al movimento delle “sardine”, che tanta attenzione ha suscitato nel panorama politico provocando un ampio dibattito. Non è dato sapere, oggi, come esso evolverà, se cioè dandosi una strutturazione di vera e propria organizzazione oppure permanendo nelle forme “liquide” che finora ha assunto. Né, d’altronde, appare particolarmente utile in questo momento avanzare delle ipotesi al riguardo.
Ci interessa, invece, soffermarci su un aspetto di questo movimento, sottolineato particolarmente dai media fuori d’Italia che hanno dipinto a beneficio dei propri lettori il quadro deformato di un movimento, qualificato come “antifascista” e che avrebbe risvegliato – in particolare con i cori collettivi a base di “Bella ciao” – la lotta del popolo italiano contro un ipotetico “fascismo” impersonato dalla Lega di Matteo Salvini[a]. In Italia, invece, la questione dell’“antifascismo” delle “sardine” è venuta in rilievo soprattutto in occasione dell’infelice apertura del responsabile romano del movimento, Stephen Ogongo, verso l’organizzazione neofascista CasaPound[b].
Ora, quello che qui ci interessa discutere è, appunto, questo distorto concetto di “antifascismo”, nel caso delle “sardine” declinato da un movimento che non abbiamo avuto remore a definire piccolo‑borghese e reazionario. La domanda da porci, in altri termini, è: può essere declinato in questi termini l’antifascismo? Si tratta di un vero antifascismo?
Riteniamo che la risposta corretta, benché apparentemente provocatoria – “L’antifascismo non è nulla” – ce la fornisca lo scritto di León Trotsky che presentiamo di seguito tradotto in italiano[c]. Si tratta della lettera che il grande rivoluzionario russo scrisse il 13 gennaio 1936 al comunista olandese Hendricus Sneevliet, raccomandando di votare in parlamento contro il progetto di legge per lo scioglimento delle organizzazioni armate paramilitari. Trotsky sapeva bene che, benché apparentemente dirette contro quelle fasciste, quelle norme erano in realtà pensate per reprimere gli organismi di autodifesa del proletariato. E la lettera si conclude proprio con l’illustrazione del concetto che ne fornisce il titolo: l’“antifascismo” – cioè quello piccolo‑borghese, che non mette in discussione le ragioni stesse del sistema capitalista che utilizza il fascismo come risorsa per la propria sopravvivenza; quello, in altri termini, soltanto declamato a parole e non forgiato nella lotta di classe contro lo Stato borghese – “non è nulla”, è un concetto vuoto in nome del quale si commette il più grande delitto nei confronti del proletariato: la collaborazione di classe, vale a dire la collaborazione degli sfruttati con i propri sfruttatori.
Ecco: l’“antifascismo” propugnato dalle “sardine” è proprio questo, un’idea astratta, un concetto vuoto che ha unificato chi si è identificato nel movimento contro un unico obiettivo, cioè le pur ripugnanti politiche di Salvini e della Lega. Ma si tratta di un’unificazione dal senso assolutamente distorto, giacché scopertamente a beneficio di quei partiti che per decenni sono stati – ancora sono e vogliono continuare ad essere – gli esecutori delle politiche borghesi che hanno generato proprio Salvini e la Lega. Prova ne sia la manifestazione che si è tenuta a Bologna il 19 gennaio scorso, organizzata e svoltasi esattamente per favorire la rielezione del candidato del centrosinistra a presidente della regione Emilia Romagna.
I marxisti rivoluzionari hanno tutt’altra idea dell’antifascismo, che è innanzitutto lotta contro le classi possidenti e il capitalismo, che cullano e proteggono il fascismo fin quando possono utilmente gestire, attraverso gli strumenti delle istituzioni borghesi, i propri interessi controllando le dinamiche di massa delle classi lavoratrici; salvo scatenarlo poi contro queste ultime, utilizzandolo come carta di riserva quando nessun altro congegno della “democrazia” consente loro di governarle tranquillamente.
Ecco perché presentiamo il testo di Trotsky che segue: perché riteniamo necessario, attraverso una chiarificazione teorica, “smontare” un altro dei rivestimenti esteriori delle “sardine”, e cioè quel preteso “antifascismo” che altro non è se non l’ennesimo specchietto per le allodole di questo movimento in realtà reazionario.
Precisiamo che le note a pié di pagina in calce al testo di Trotsky sono caratterizzate ognuna da una lettera: “W” se la nota è ripresa dall’edizione inglese dei Writings; “Œ” se dall’edizione francese delle Œuvres.
Buona lettura.
La redazione
L’antifascismo non è nulla
La democrazia borghese e la lotta contro il fascismo[1]
León Trotsky (13 gennaio 1936)
Caro amico[2],
la questione del nostro atteggiamento nei confronti dei provvedimenti del governo apparentemente diretti contro il fascismo è estremamente importante.
Dal momento che la democrazia borghese è storicamente in bancarotta, essa non è più in grado di difendersi sul suo stesso terreno dai propri nemici di destra e di sinistra. Cioè, per “mantenersi”, il regime democratico deve progressivamente liquidare se stesso per il tramite di leggi eccezionali e di misure amministrative arbitrarie. Questa autoliquidazione della democrazia nella lotta contro la destra e la sinistra pone in rilievo il bonapartismo della fase decadente, che ha bisogno, per la sua instabile esistenza, della minaccia sia della sinistra che della destra, allo scopo di metterle l’una contro l’altra ed elevarsi così, progressivamente, al di sopra della società e del suo parlamentarismo. È da parecchio tempo che il governo Colijn mi sembra l’espressione di un regime potenzialmente bonapartista.
In questo periodo estremamente critico, il principale nemico del bonapartismo resta, naturalmente, l’ala rivoluzionaria del proletariato. Sicché, possiamo dire con assoluta certezza che, nella misura in cui la lotta di classe si approfondirà, le leggi eccezionali, i poteri straordinari, ecc., saranno usati contro il proletariato.
Dopo che i socialisti e gli stalinisti francesi ebbero votato lo scioglimento amministrativo delle organizzazioni paramilitari[3], quella vecchia canaglia di Marcel Cachin[4] scrisse su L’Humanité pressappoco quanto segue: «Un grande vittoria … Naturalmente, noi sappiamo che nella società capitalista tutte le leggi possono essere utilizzate contro il proletariato. Ma ci impegneremo per impedirlo, ecc.». Qui la menzogna sta nella parola “possono”. Si sarebbe dovuto dire: «Sappiamo che con l’acuirsi della crisi sociale tutte queste misure saranno utilizzate contro il proletariato con forza decuplicata». Da ciò si sarebbe dovuto trarre la semplice conclusione che non possiamo con le nostre stesse mani rafforzare il bonapartismo della fase decadente e fornirgli le catene che esso inevitabilmente userà per paralizzare l’avanguardia del proletariato.
Ciò non vuol dire che nell’immediato futuro Colijn non voglia depurare il proprio fianco destro dall’eccessiva arroganza dei fascisti. La rivoluzione sociale in Olanda non sembra essere un pericolo immediato. Il grande capitale spera di allontanare i pericoli che lo minacciano con gli strumenti di uno Stato forte, concentrato, cioè bonapartista o semibonapartista. Ma per contenere entro certi limiti il vero nemico, il proletariato rivoluzionario, Colijn non eliminerà completamente, e neppure svierà il fascismo. Tutt’al più, vorrà tenerlo sotto controllo. Ecco perché la parola d’ordine dello scioglimento e del disarmo delle bande fasciste da parte dello Stato è in tutto e per tutto reazionaria, così come il voto per misure simili (i socialdemocratici tedeschi a gran voce reclamano: “lo Stato deve agire!”). Ciò significa fare una frusta con la pelle del proletariato con la quale gli arbitri bonapartisti forse accarezzeranno dolcemente ogni tanto il culo dei fascisti. Ma è nostra ineludibile responsabilità, e nostro dovere, proteggere la pelle della classe operaia, e non già consegnare la frusta al fascismo.
C’è un altro aspetto della questione che mi sembra ancor più importante. La democrazia borghese è per sua stessa natura una farsa. Quanto più fiorisce, tanto meno il proletariato può utilizzarla (si guardi la storia dell’Inghilterra e degli Stati Uniti). Ma la dialettica della storia richiede che la democrazia borghese diventi una realtà importante per il proletariato nel momento stesso in cui sta andando in pezzi. Il fascismo è l’espressione di questa decomposizione.
La lotta contro il fascismo, la difesa delle conquiste dei lavoratori nel quadro della democrazia in decomposizione, possono diventare una realtà importante nella misura in cui consegnano alla classe operaia l’opportunità di prepararsi a più dure battaglie e cominciare ad armarsi. Gli ultimi due anni in Francia dal 6 febbraio 1934[5] hanno offerto alle organizzazioni dei lavoratori un’eccezionale opportunità (che forse non si ripresenterà molto presto) per mobilitare in senso rivoluzionario il proletariato e la piccola borghesia, per creare milizie operaie, ecc. Questa preziosa occasione è concessa dalla decadenza della democrazia, dalla sua evidente incapacità di mantenere “l’ordine” con i metodi tradizionali e dal pericolo altrettanto palese che incombe sulle masse lavoratrici. Chiunque non sfrutti questa situazione, chiunque faccia appello allo “Stato” – cioè, alla classe nemica – perché “agisca”, ebbene costui vende la pelle del proletariato alla reazione bonapartista.
Dunque, noi dobbiamo votare contro tutti i provvedimenti in grado di rafforzare lo Stato capitalista‑bonapartista, anche quando si tratti di una misura che possa per il momento causare un temporaneo fastidio ai fascisti. Naturalmente, i socialdemocratici e gli stalinisti diranno che noi difendiamo il fascismo contro il Padre Colijn, che, dopo tutto, è preferibile al malvagio Mussert[6]. Possiamo con certezza replicare che siamo più lungimiranti degli altri e che i futuri sviluppi confermeranno a pieno le nostre impressioni e rivendicazioni.
Tuttavia, possiamo formulare alcuni emendamenti che, quando saranno respinti, renderanno chiaro ad ogni operaio che quel che è in gioco non è il culo dei fascisti ma la pelle del proletariato. Ad esempio: 1) I picchetti di sciopero dei lavoratori non sono in nessun caso oggetto di questa legge, anche laddove essi siano obbligati a reagire contro i crumiri, i fascisti e altri elementi sottoproletari; 2) i sindacati e le organizzazioni politiche della classe operaia hanno il diritto, contro il pericolo fascista, di costituire e armare i loro organismi di autodifesa. Lo Stato si impegna a fornire a questi organismi, su loro richiesta, armi, munizioni e risorse finanziarie.
In parlamento, queste proposte suoneranno strane, e per i Signori Uomini di Stato (come per i postulanti stalinisti) esse saranno uno “shock”. Ma i semplici operai, non solo quelli affiliati al NAS[7], ma anche quelli dei sindacati riformisti, le troveranno del tutto giustificate. Naturalmente, ho suggerito questi emendamenti solo a mo’ d’esempio. Qualcuno potrebbe, probabilmente, trovare formulazioni migliori e più precise. I signori socialdemocratici e stalinisti negheranno il loro sostegno o addirittura voteranno contro? Anche se votassero a favore, gli emendamenti saranno sicuramente respinti, e allora si vedrà con estrema chiarezza perché noi votiamo contro la proposta del governo nel suo insieme; e dobbiamo fare questo senza pensarci su due volte per le ragioni sopra esposte (anche se il sistema parlamentare di Colijn ritenesse contrari all’ordine pubblico questi emendamenti, dato che essi riguardano solo la tecnica di propaganda e non l’essenza della questione).
Dobbiamo prendere misure forti contro l’astratta filosofia “antifascista” che a volte fa capolino anche nelle nostre file. L’“antifascismo” non è nulla, è un concetto vuoto utilizzato per coprire le losche manovre degli stalinisti. Nel nome dell’“antifascismo”, essi hanno messo in atto la collaborazione di classe con i radicali[8].
Molti nostri compagni vogliono accordare al “fronte popolare” – cioè alla collaborazione di classe – lo stesso positivo sostegno che noi siamo disposti a fornire al fronte unico, cioè alla separazione del proletariato dalle altre classi. A partire dallo slogan assolutamente falso “fronte popolare al potere”[9], nel nome dell’“antifascismo” essi vanno oltre e dichiarano di essere pronti a sostenere il bonapartismo, dato che votare a favore del disegno di legge “antifascista” di Colijn significherebbe nientemeno che il sostegno diretto al bonapartismo.
[Siccome il compagno Parabellum[10] – a giudicare dalle citazioni – ha sviluppato in Die Internationale un punto di vista errato e pericoloso a proposito del “fronte popolare”, è ancor più necessario essere fermi nel partito olandese contro questo “antifascismo” astratto dalle conseguenze opportuniste][11].
Note
[1] Agli inizi del mese di dicembre del 1935, poco prima che Trotsky scrivesse questa lettera, la Camera dei deputati della Francia aveva approvato una legge per lo scioglimento delle organizzazioni paramilitari. Benché fosse evidente che la normativa poteva essere utilizzata sia contro i fascisti che contro gli organismi di autodifesa operaia, i deputati stalinisti e socialisti votarono a favore della stessa. L’idea fu subito adottata dagli olandesi: il governo di coalizione di destra, presieduto dal primo ministro Hendrik Colijn, presentò un progetto di legge per mettere fuorilegge i corpi speciali di difesa. Henricus Sneevliet, segretario del Rsap [v. nota seguente], chiese un’opinione a Trotsky, il quale gli rispose con questa lettera in cui i trotskisti olandesi venivano invitati ad opporsi al progetto e ai quali venivano suggeriti argomenti e pure emendamenti. A quell’epoca, Sneevliet era deputato alla Camera bassa del parlamento bicamerale olandese. Nel maggio del 1936, egli, insieme ai tre deputati comunisti, votò contro il progetto, che però venne ugualmente approvato entrando in vigore nel settembre successivo dopo l’esame anche dall’altra Camera. In Olanda vennero pubblicati brevi stralci di questa lettera dopo l’approvazione della legge. Hendrik Colijn fu primo ministro dell’Olanda nel 1925‑26 e nel 1933‑39. Era a capo del Partito antirivoluzionario (il riferimento era alla Rivoluzione francese), organizzazione borghese protestante con una certa base nella classe operaia e nella piccola borghesia. Nel testo, Trotsky lo chiama ironicamente “padre”, secondo il costume della stampa borghese olandese, che così definiva i politici borghesi molto popolari [W].
[2] Henricus Sneevliet (1883‑1942), pioniere del movimento comunista in Olanda, in Indonesia e in Cina, segretario del sindacato rosso NAS, era stato espulso dal Partito comunista olandese nel 1929 e aveva fondato il Rsp, organizzazione che era confluita nel settembre 1933 nell’Opposizione di Sinistra. Era poi diventato membro del Segretariato internazionale della Lci. Era uno dei capi del Rsap, formatosi nel 1935 dalla fusione tra il Rsp e l’Osp [Œ].
[3] Il 6 dicembre 1935, alla Camera dei deputati di Francia, il deputato della Croix‑de‑Feu [Croce di Fuoco, un partito nazionalista francese che raggruppava gli ex combattenti], Jean Ybarnegaray, aveva proposto un “disarmo generale” delle formazioni paramilitari. I dirigenti del Partito comunista e della Sfio [socialisti] ne avevano seguito l’esempio, votando insieme alla destra lo scioglimento delle milizie armate [Œ].
[4] Marcel Cachin (1869‑1958) era direttore de L’Humanité, nonché uno dei principali dirigenti del Partito comunista. Trotsky aveva l’abitudine di chiamarlo “canaglia” da molto tempo: Cachin era stato un socialpatriota nel 1914‑18 e aveva anche accettato delle missioni governative ufficiose in Italia e in Russia per provocare l’una e mantenere l’altra in guerra. In seguito, divenne uno zelante stalinista [Œ].
[5] Il 6 febbraio 1934, una manifestazione delle “Leghe” fasciste e fascistizzanti, oltre che delle associazioni dei reduci di guerra, aveva marciato su Palais‑Bourbon provocando degli scontri molto duri con le forze di polizia che lo difendevano [Œ].
[6] Anton A. Mussert (1894‑1946) era il capo del movimento nazionalsocialista dell’Olanda, fondato nel 1931 [Œ].
[7] Il NAS (Nationaal Arbeids‑Secretariaat) era un sindacato indipendente della centrale riformista, legato all’Internazionale sindacale rossa, di cui Sneevliet e i suoi compagni avevano conservato la direzione e che costituiva la loro autentica base [Œ].
[8] Qui Trotsky fa riferimento alla Francia e alla formazione del Fronte popolare, comprendente il Partito socialista, il Partito comunista e il Partito radicale e radical‑socialista [Œ].
[9] L’allusione è molto precisa. Trotsky conosceva e aveva annotato di suo pugno il verbale della riunione del Segretariato internazionale del 12 luglio 1935 (Biblioteca del Collegio di Harvard, 16484) in cui era stata discussa la questione dell’atteggiamento da prendere rispetto al Fronte popolare. Mentre Jean Rous (Clart) ed Erwin Wolf (Nicolle) sostenevano bene o male le analisi fatte da Trotsky nel suo libro Où va la France?, gli altri due membri dell’organismo, Alfonso Leonetti (Martin) e Ruth Fischer (Dubois) affermavano che queste analisi erano errate, si opponevano alla parola d’ordine “Fuori i radicali dal Fronte popolare” e propugnavano quella del “Fronte popolare al potere” [Œ].
[10] Parabellum era lo pseudonimo di Isaac Tcéréminsky, alias Arcady Maslow (1891‑1941), antico dirigente della sinistra del Kpd e a lungo rappresentante della sua ala “zinovievista” insieme a Ruth Fischer. Sebbene quest’ultima abbia fatto parte del Segretariato internazionale, né l’uno né l’altra erano stati accettati nella sezione tedesca, gli Ikd [Comunisti internazionalisti di Germania], e avevano fondato nel settembre del 1935 il gruppo “Die Internationale”, di cui costituivano il centro e nel quale sviluppavano sul Fronte popolare la linea difesa nel Segretariato internazionale da Ruth Fischer [Œ].
[11] L’ultimo paragrafo del testo di Trotsky, racchiuso tra parentesi quadre, è presente nella versione francese pubblicata nelle Œuvres e non in quella dei Writings, così come è assente nella versione pubblicata negli Escritos, edizione della scomparsa Editorial Pluma [Ndt].
[a] Ci sono molti esempi di questa superficiale ricostruzione scorrendo la stampa estera. Solo a titolo d’esempio: “À Rome, le mouvement antifasciste des Sardines rassemble des dizaines de milliers de manifestants”; “Italie: les «sardines» antifascistes tiennent leur premier congrès”; “Las Sardinas antifascistas invadieron Roma”; “Más de 40.000 ‘sardinas’ antifascistas contra Salvini se manifiestan en Roma”; “Decenas de miles de ‘sardinas’ antifascistas se movilizan en Roma”; “«6000 sardinhas»: movimento «antifascista» criado por 4 jovens desconhecidos na Itália ganha o mundo”; “Manifestação antifascista reúne «cardume de sardinhas» que entoa «Bela Ciao»”.
[b] “Sardine romane: ‘La nostra piazza aperta a tutti, pure a CasaPound’”, Il Fatto Quotidiano, 10/12/2019 (https://tinyurl.com/yjuc4rxh).
[c] Il testo originale venne pubblicato in lingua tedesca con il titolo “Lettera sull’Olanda” su Informations‑Dienst (Servizio Informazioni) n. 10, febbraio 1936, e tradotto in inglese da Russel Block per l’edizione dell’opera L. Trotsky, Writings [1935‑36], Pathfinder, 1976, pp. 242 e ss., dove ha assunto il titolo “La democrazia borghese e la lotta contro il fascismo”: è da questa versione che abbiamo realizzato la traduzione in italiano, confrontandola con quella pubblicata in L. Trotsky, Œuvres, vol. 8, Institut Léon Trotsky, 1980, pp. 94 e ss., dove invece è appunto intitolata “L’antifascismo non è nulla”.
(Traduzione di Valerio Torre)