Il 15 gennaio 1919, gli sgherri del sedicente governo “socialista” tedesco di Ebert, Scheidemann e Noske assassinavano Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.
Vogliamo rendere omaggio a questi due grandi rivoluzionari pubblicando, tradotto in italiano, il ricordo scritto da Hermann Duncker (1874‑1960) che militò insieme a loro e fu co‑fondatore della Lega Spartaco e poi del Partito comunista tedesco (Kpd).
Buona lettura.
La redazione
«Oggi, a Berlino, la borghesia e i social traditori esultano:
sono riusciti ad assassinare K. Liebknecht e R. Luxemburg.
Ebert e Scheidemann, che per quattro anni
hanno condotto gli operai al macello,
in nome di interessi briganteschi,
si sono assunti oggi la parte di carnefici dei dirigenti proletari.
L’esempio della rivoluzione tedesca
ci persuade che la “democrazia” è solo una copertura
della rapina borghese e della violenza più feroce.
Morte ai carnefici!»
(V.I. Lenin, “Discorso per l’assassinio di R. Luxemburg e di K. Liebknecht”)
In memoria dei nostri assassinati nel gennaio del 1919
Hermann Duncker
Il giovane Partito comunista tedesco, fondato nel dicembre del 1918, fu privato nel gennaio del 1919 dei suoi tre teorici, politici e letterati più importanti. Era un colpo di dimensioni sì grandi che fino ad allora non era stato sperimentato da nessun partito comunista! Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, entrambi di 47 anni d’età, vennero assassinati in maniera bestiale il 15 gennaio 1919 dai banditi ufficiali del governo socialdemocratico di Ebert e Scheidemann. Franz Mehring, che aveva allora 73 anni e che era gravemente malato, non poté sopportare la tragica fine dei suoi amici più prossimi e morì pochi giorni dopo, il 29 gennaio.
Tutti e tre furono per davvero “giganti per le loro facoltà intellettuali, passione e carattere, per la loro universalità e saggezza”, se vogliamo far ricorso alle parole usate da Engels per definire le grandi personalità del rinascimento.
Dal canto mio, ho avuto la fortuna e l’onore di essere stato legato a loro tre da vincoli personali e riconosco in loro i maestri e gli esempi che nelle più diverse relazioni hanno influito così fortemente nel mio sviluppo politico. Credo che qui mi mancheranno le parole per apprezzare tutto ciò di cui sono debitore a questi tre giganti del sapere marxista e dell’attività rivoluzionaria, a questi maestri della parola e dello scritto.
Nel 1908, Lenin definì la “seconda metà del secolo del marxismo”, iniziato con la morte di Engels, come l’epoca della lotta contro l’opportunismo. Questo è, naturalmente, il periodo dell’imperialismo, dato che l’opportunismo come fenomeno generale è la conseguenza di una concezione, deformata per non essere dialettica, dai caratteri unilaterali, singolari e temporali dello sviluppo imperialista, considerati isolatamente, senza correlazione alcuna. I sovraprofitti accumulati dal capitalismo monopolista hanno permesso e permettono, naturalmente, che i signori che dominano l’economia capitalista possono mantenere agevolmente un’aristocrazia operaia e persino allontanare temporaneamente ampi settori del proletariato dal movimento rivoluzionario, applicando lo slogan “divide et impera” mediante un’astuta politica salariale. E così possiamo constatare in tutti i Paesi capitalisti, dopo il risveglio della coscienza di classe e della lotta del proletariato, che con l’estensione dell’imperialismo inizia anche il periodo di un crescente abbrutimento opportunista; ma insieme a ciò nasce anche la necessità sempre più premente di un’energica lotta contro ogni genere di opportunismo. Soltanto in Russia venne vinta questa battaglia su tutti i fronti, e nell’ottobre del 1917 trionfò la Rivoluzione socialista. In Germania, al contrario, l’opportunismo conquistò a poco a poco il Partito socialdemocratico, aprendo così le porte al nazismo che ha dominato il nostro Paese per dodici lunghi anni.
Il primo rappresentante teorico dell’opportunismo in seno al movimento operaio tedesco, come tentativo di rivedere l’insegnamento rivoluzionario di Marx, fu Eduard Bernstein. Subito dopo la morte di Engels, Bernstein avviò il suo attacco a fondo attraverso una serie di articoli, raccolti in seguito nel libro Le premesse del socialismo. Rosa Luxemburg, Franz Mehring e Karl Liebknecht formarono la loro unione di lotta immortale per sbarrare il passo alla crescente ondata di opportunismo. Rosa Luxemburg si incaricò della direzione teorica e propagandistica. Nella lotta della sinistra, e specialmente del Gruppo spartachista, contro il militarismo e la guerra imperialista, toccò a Karl Liebknecht dirigere l’agitazione e l’organizzazione. Franz Mehring fu il polemista brillante e implacabile, colui che col suo talento letterario indicò la strada del ritorno al retaggio rivoluzionario.
Un ostacolo fatale, che impedì lo sviluppo di una potente sinistra, politicamente cosciente, fu il fatto che le prime azioni di Bernstein e dei suoi seguaci vennero considerate nel partito soltanto come un tentativo secessionista di un gruppo ideologico isolato che sembrava poter essere respinto dall’insieme del partito e dalla sua direzione ufficiale. Più tardi si ebbe la prova che proprio la direzione del partito (Bebel, Kautsky e altri) non era disposta a scontrarsi con decisione con gli opportunisti. Così nacque una frazione di centro che cedeva progressivamente terreno all’opportunismo, isolando e indebolendo politicamente il marxismo rivoluzionario nel seno del partito.
La lotta teorica dei marxisti tedeschi contro gli opportunisti giunse al suo apogeo con gli articoli di Rosa, pubblicati nel Leipziger Volkszeitung (1898/99), che furono poi raccolti nell’opuscolo di Rosa Luxemburg, Riforma o rivoluzione. Io lessi con emozione questi articoli quando ero studente a Lipsia. A quell’epoca ascoltai per la prima volta un discorso di Rosa durante una manifestazione. L’impressione che mi fece la sua personalità è per me indimenticabile. Proprio la contraddizione fra la sua minuscola figura e la potente forza spirituale della sua oratoria era davvero impressionante. Nel corso della mia vita ho ascoltato molti famosi oratori, a partire da Bebel e Wilhelm Liebknecht, ma non mi è mai più capitato di ascoltare un oratore così concentrato, intelligente, ingegnoso e appassionato come Rosa Luxemburg. All’epoca, Rosa parlò in una riunione di compagni a Lipsia. Ancora conservo nella memoria la definizione che ella diede delle “Leggi per la protezione degli operai” delle quali i riformisti che facevano riferimento a Bernstein si riempivano la bocca. Rosa ci disse: «Leggi per la protezione degli operai! Bene, compagni. Però esistono nel nostro Stato altre “leggi protettive”. Pensate soltanto alle leggi per la protezione della selvaggina! A vantaggio di chi sono state promulgate? Forse per pietà verso i teneri occhi dei cerbiatti, oppure per assicurare al cacciatore prede a sufficienza?». Ebbi modo di ascoltare un anno dopo (1899), nel Congresso del partito ad Hannover, un altro esempio del suo stile polemico, sarcastico e popolare. Anche in questo caso si trattava della battaglia contro Bernstein e i suoi seguaci opportunisti. Un certo dottor David ebbe la faccia tosta di spiegarci nel congresso che attraverso la lotta sindacale e dell’istituzione per legge di una giornata di lavoro legale si sarebbe potuto svuotare, ogni giorno in misura crescente, il potere dei capitalisti. Rosa replicò a questa teoria così peregrina: «David ci ha esposto una teoria completa a proposito dello svuotamento della proprietà capitalista. Io non so se la sua concezione della lotta socialista condurrà per davvero a un tale svuotamento, ma ho seri dubbi al riguardo. E però, ciò che è sicuramente indubbio è che una simile teoria presuppone lo svuotamento delle nostre teste».
Davvero vale la pena di studiare di nuovo i discorsi e gli scritti scelti di Rosa. Essi ci offrono, attraverso vent’anni del movimento operaio tedesco (1898‑1918), un’ininterrotta e appassionata battaglia di Rosa contro le utopie di un riformismo pacifico e piccolo‑borghese e contro il sindacalismo per il sindacalismo stesso, ma anche contro le conseguenze della codardia del centrismo e del suo continuo sottrarsi a diffondere energicamente la lotta di massa rivoluzionaria.
Se, nel descrivere Rosa Luxemburg, ho messo in secondo piano Mehring e Liebknecht, sono intimamente convinto che qualora essi fossero vivi sarebbero d’accordo. Pertanto, non mi resta che aggiungere che pure le migliori azioni e gli scritti di questi ultimi due sono passati all’immortalità: di ciò può facilmente rendersi conto qualsiasi lettore riflessivo. Non ci priviamo dallo sperimentare le più profonde impressioni scientifico‑marxiste, politiche ed estetiche! E non dimentichiamo mai che gli sforzi e le battaglie comuni di questi tre giganti hanno aiutato a costruire il Partito comunista tedesco e, con esso, il Partito socialista unificato di Germania!
(Traduzione di Ernesto Russo)