Argentina: le elezioni del 27 ottobre
Perché non diamo il nostro sostegno politico alla lista del Fit‑U
Valerio Torre – Collettivo marxista rivoluzionario “Assalto al cielo” [*]
Il prossimo 27 di ottobre si terranno in Argentina le elezioni presidenziali. La competizione servirà anche al rinnovo della Camera dei deputati e del Senato nazionale.
In queste settimane sta circolando anche in Italia un appello sottoscritto da numerose organizzazioni e partiti della sinistra internazionale, nonché da intellettuali e da personalità in rappresentanza di movimenti di diversi Paesi del mondo, a sostegno della lista denominata “Frente de Izquierda y de Trabajadores‑Unidad” (Fit‑U), un cartello elettorale formato dai principali partiti politici argentini che in qualche modo si richiamano al trotskismo: tra essi, il Partido Obrero (Po), il Partido de los Trabajadores socialistas (Pts), Izquierda socialista (Is) e il Movimiento socialista de los Trabajadores (Mst).
Quantunque riteniamo estremamente progressivo il fatto che nel panorama politico argentino si sia creato uno spazio in cui i lavoratori possano riconoscersi in un’alternativa elettorale improntata all’indipendenza di classe, tuttavia non reputiamo di poterci sommare alle forze e agli esponenti che hanno sottoscritto quest’appello.
Il Fit si formò per la prima volta nel 2011 su iniziativa del Po, del Pts e di Is, con l’esplicitato obiettivo di superare i limiti imposti dalla legge elettorale che, di fatto, impediva ad ognuno di questi partiti, da soli, di accedere al parlamento: nacque, dunque, come un blocco elettorale e non già – neppure embrionalmente – come un’organizzazione politica unica. Con la recente adesione del Mst, il Fit ha aggiunto al proprio simbolo la lettera “U”, a voler simboleggiare un processo “unitario”.
Ma siffatta “unità” sta, appunto, solo nel nome della coalizione, poiché il Fit‑U non agisce come organismo unitario nella realtà politica quotidiana, nelle lotte, all’interno dei movimenti di massa: ognuna delle organizzazioni che vi partecipano (e anche quelle che sono state ammesse solo come “simpatizzanti”) non fa altro che polemizzare violentemente contro le altre, tutte accusandosi vicendevolmente delle peggiori nefandezze politiche e cercando di parassitarsi reciprocamente allo scopo di guadagnare maggior forza all’interno del fronte per assumerne la direzione. L’intervento nella lotta di classe del Fit‑U come organismo è di fatto inesistente, e la sua visibilità pubblica in quanto tale si limita a iniziative di propaganda elettorale. Non è inappropriato, insomma, denunciarne l’elettoralismo e il parlamentarismo come unico suo orizzonte.
Leggi “in favore dei lavoratori”?
Un caso su tutti. In questi ultimi tempi l’emergenza alimentare è diventata insostenibile in Argentina. Alla Camera è stato perciò presentato un progetto di legge (Ley de Emergencia Alimentaria) che incrementa i capitoli del bilancio statale dedicati a politiche di alimentazione e nutrizione, prevedendo altresì una loro attualizzazione trimestrale automatica.
Orbene, dimenticando che «nella situazione attuale di imperialismo sfrenato, il parlamento si è trasformato in uno strumento di menzogne, di inganni, di violenze, di chiacchiere snervanti», e che le riforme parlamentari «hanno perso qualsiasi importanza pratica per le masse lavoratrici», sicché «il parlamento non può essere in nessun caso per i comunisti il teatro della lotta per delle riforme, per il miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia»[1], i due parlamentari del Pts eletti nel gruppo del Fit (Nicolás Del Caño e Myriam Bregman) e quello del Po (Pablo López) hanno votato a favore di una legge che si pone oggettivamente come freno alle lotte[2].
La giustificazione addotta da questi parlamentari, corsi a sostegno di una maggioranza borghese addirittura a rischio di numero legale, è stata che si trattava di “una legge in favore dei lavoratori”.
La questione delle “misure progressive”
Siamo in presenza, qui, di un tema di discussione che ricorre spesso in seno al movimento operaio, e che costituisce uno spartiacque fra i riformisti che indossano un abito rivoluzionario e gli autentici rivoluzionari.
Solo a mo’ d’esempio, subito dopo la caduta dello Zar, dopo la Rivoluzione del febbraio 1917, Kamenev e Stalin tornarono dall’esilio e assunsero la direzione del giornale bolscevico, Pravda. Da quel momento, il periodico espresse una linea di sostegno critico al governo provvisorio, una linea che venne ferocemente criticata da Lenin ancora in esilio. Alla fine di marzo, poi, si tenne una conferenza del partito nella quale fu proprio Stalin a presentare una risoluzione che impegnava i bolscevichi ad appoggiare le “misure progressive” del governo provvisorio[3]. Ma fortunatamente, il ritorno di Lenin ai primi d’aprile servì a riarmare e riorientare il partito in senso autenticamente rivoluzionario.
E infatti, le già citate Tesi sui partiti comunisti adottate dalla Terza Internazionale sono estremamente chiare al riguardo: «Ogni deputato comunista al parlamento è tenuto a ricordarsi di non essere un legislatore che cerca un comune linguaggio con altri legislatori ma che è un agitatore del partito, mandato presso il nemico per applicare le decisioni del partito». Anzi, i deputati comunisti sono tenuti a presentare regolarmente: «progetti di legge puramente dimostrativi, concepiti non in vista della loro adozione da parte della maggioranza borghese, ma per la propaganda, l’agitazione e l’organizzazione […]»[4].
Tuttavia, nonostante l’adozione di linee e principi così inequivocabili, la storia intera del marxismo rivoluzionario anche in seguito è stata piena di argomenti a favore del sostegno alle “misure progressive” di governi borghesi con il pretesto che, in fondo, si trattava di “leggi in favore dei lavoratori”. Citeremo qui un esempio soltanto, che è talmente estremo da apparire sicuramente paradossale agli occhi dei falsi rivoluzionari.
In piena guerra civile durante la rivoluzione spagnola, negli anni 30, il governo Negrín, sostenuto dai partiti della sinistra, chiese alle Cortes (il parlamento) di stanziare nel bilancio dello Stato fondi per comprare armi da destinare alla lotta militare contro il fascismo. Ebbene, Trotsky, in risposta alla lettera di un militante statunitense, scrisse:
«Noi non appoggiamo politicamente Negrín. Se avessimo avuto deputati nelle Cortes, avremmo votato contro il bilancio militare di Negrín. […] Votare il bilancio militare di Negrín avrebbe significato accordargli appoggio politico. Non possiamo farlo, sarebbe un crimine»[5].
In un testo scritto pochi giorni dopo[6], Trotsky si rivolse a Cannon facendo riferimento a una lettera ricevuta da Shachtman, in cui quest’ultimo si doleva della posizione assunta in proposito dal rivoluzionario russo:
«La domanda del compagno Shachtman – “Come possiamo rifiutarci di destinare un milione di pesetas all’acquisto dei fucili per il fronte?” – è stata posta cento e mille volte ai marxisti rivoluzionari dai riformisti: “Come potete votare contro i milioni e milioni necessari per le scuole, le strade, per non parlare della difesa nazionale?”. Noi riconosciamo la necessità delle scuole e delle strade, così come la necessità della lotta contro Franco. Noi utilizziamo le ferrovie “capitaliste”; i nostri bambini frequentano le scuole “capitaliste”, ma noi ci rifiutiamo di votare il bilancio per il governo capitalista».
E aggiunse:
«Un voto in parlamento in favore del bilancio militare non è un aiuto “materiale”, bensì un atto di solidarietà politica. Se noi possiamo votare per il bilancio di Negrín, tanto varrebbe mandare uno dei nostri come ministro del suo governo. Anche questo potrebbe essere interpretato come un “aiuto materiale”».
Trotsky poi concluse:
«Durante la lotta contro Kornilov, non abbiamo mai votato nei soviet in una qualsiasi maniera che potesse essere interpretata alla stregua di solidarietà politica con Kerensky».
Il fatto è che nessuna delle misure di un governo borghese, per quanto “progressive” esse possano apparire, può mai essere approvata né sostenuta dai comunisti[7], giacché ciò significherebbe appoggiare l’insieme della politica di quel governo di fronte al movimento di massa. Significherebbe cioè che gli operai sarebbero autorizzati a pensare che può esserci una soluzione ai loro problemi sol che si approvino dei provvedimenti del governo borghese, retrocedendo così dall’opposizione conseguente ad esso: ecco perché abbiamo più sopra sostenuto che il voto favorevole dei deputati del Fit alla Ley de Emergencia Alimentaria costituisce oggettivamente un freno alle lotte[8].
La nazionalizzazione del petrolio nel Messico di Cárdenas
Ma già ci par di sentire una critica al nostro ragionamento. «Eppure, Trotsky appoggiò politicamente la misura progressiva della nazionalizzazione del petrolio e delle ferrovie adottata dal governo di Lázaro Cárdenas in Messico, proprio durante la sua permanenza in quel Paese!»[9].
Tuttavia, l’obiezione, espressa in questi termini, è assolutamente mal posta, oltre ad essere priva di fondamento. In realtà, le misure di un governo borghese, per essere considerate “progressive” nel senso inteso da Trotsky a proposito dell’espropriazione del petrolio messicano, debbono esserlo “oggettivamente”: e cioè debbono mettere in discussione gli equilibri nelle relazioni con la borghesia o l’imperialismo, debbono colpirne pesantemente gli interessi, e non già essere percepite tali dalle masse imbevute di ideologia dominante. È esattamente per questo motivo che Trotsky, pur non concedendo il minimo sostegno politico al governo nazionalista borghese di Cárdenas e invitando la classe operaia a mantenere la massima autonomia e indipendenza di classe dall’esecutivo, definiva «una misura di difesa nazionale altamente progressiva» l’espropriazione del petrolio inglese in Messico[10]: perché si scontrava “oggettivamente” con l’imperialismo e non perché fosse “progressiva” nella percezione delle masse. D’altro canto, di fronte a questo provvedimento, l’Inghilterra e gli Stati Uniti imposero un embargo al Messico e cominciarono a considerare la possibilità di un intervento armato, che non si verificò soltanto perché nel frattempo scoppiò la Seconda guerra mondiale[11]. Forse che la borghesia e il padronato dell’Argentina hanno fatto le barricate rispetto alla “misura progressiva” (briciole del bilancio statale) votata senza vergogna dai deputati del Fit? Stanno per caso tentando disperatamente ora di farla revocare?
La risposta negativa a queste domande implica perciò che quella misura non è affatto, né “oggettivamente”, né “altamente” progressiva; che non è una “misura di difesa nazionale”. Sicché, averla appoggiata votando a favore della legge di bilancio che l’ha istituita ha significato, in definitiva, esprimere un atto di solidarietà politica col governo borghese, sostenere il governo borghese.
L’oggettivo sostegno al regime di Maduro
Da un punto di vista internazionale, poi, il Fit e i partiti che lo compongono non si sono comportati meglio. Basti ricordare il vergognoso appoggio al regime dittatoriale di Maduro in Venezuela, oggettivamente concesso con l’assurda denuncia a tutta voce dell’inesistente golpe militare che sarebbe stato suppostamente ordito da Trump e dalle potenze imperialiste mondiali: una posizione contro cui su questo sito abbiamo ferocemente polemizzato evidenziando senza mezzi termini l’abbandono da parte di queste organizzazioni dei principi dell’internazionalismo proletario e del marxismo rivoluzionario[12].
La politica espressa riguardo al Venezuela, insomma, ha indubbiamente trasformato il Fit nel suo complesso nel vagone di coda del madurismo.
Per una direzione operaia e autenticamente rivoluzionaria del Fit‑U!
Le ragioni fin qui esposte ci sembrano sufficienti per negare il nostro sostegno politico alla lista del Fit‑U.
Come è reso evidente persino dallo slogan a sostegno della richiesta del voto – «Vota il Fit‑Unidad. Rafforza la sinistra nel Paese e nel parlamento» – l’orizzonte di questo blocco elettorale è puramente elettoralista e parlamentarista e non va nella direzione indicata dai principi del marxismo rivoluzionario rispetto al regime parlamentare borghese.
Tuttavia, anche se non riteniamo di sommarci alle organizzazioni che hanno sottoscritto la dichiarazione di appoggio che sta circolando a livello internazionale, ci sentiamo di rivolgere un sincero augurio militante alla classe lavoratrice argentina che sente la reale esigenza di una piena indipendenza di classe anche nelle elezioni: che dal suo seno emerga quanto prima un nuovo settore di dirigenti operai che sostituisca l’attuale direzione burocratica, riformista e piccolo‑borghese del Fit‑U, e imprima a quest’organismo, che tante aspettative aveva suscitato, una politica autenticamente rivoluzionaria.
[*] Il testo della presente dichiarazione è stato elaborato, a partire dalle riflessioni del suo autore, sulla base della discussione svoltasi in seno al Collettivo “Assalto al cielo”, e ne rappresenta la posizione.
Note
[1] “Tesi sui partiti comunisti e il parlamentarismo”, 2 agosto 1920, approvate nel II Congresso dell’Internazionale comunista, in A. Agosti, La Terza Internazionale. Storia documentaria, Editori Riuniti, 1974, t. I, pp. 252 e ss.
[2] Spiegheremo meglio nel prosieguo del testo il senso di quest’ultima affermazione. La legge è comunque stata approvata con l’astensione pelosa della deputata del Fit espressione di Is, Monica Leticia Schlotthauer. Ciò, peraltro, dimostra che persino all’interno delle aule parlamentari gli eletti del Fit‑U agiscono come membri dei rispettivi partiti, e non già come espressione del blocco che li ha fatti votare.
[3] «[…] sostenere il governo provvisorio […] solo nella misura in cui esso segua la strada di soddisfare le rivendicazioni della classe operaia e dei contadini rivoluzionari», recitava la risoluzione (L. Trotsky, Stalin, A.C. Editoriale, 2017, pp. 303 e ss. Si veda anche L. Trotsky, Storia della Rivoluzione russa, Arnoldo Mondadori editore, 1978, vol. I, pp. 330 e ss.).
[4] “Tesi sui partiti comunisti e il parlamentarismo”, in Assalto al cielo. Documenti e manifesti dei Congressi dell’Internazionale Comunista (1919‑1922), GiovaneTalpa, 2005, p. 137.
[5] “Contra el derrotismo en España”, 14 settembre 1937, in Escritos sobre la Revolución española, Fundación Federico Engels, 2010, p. 254 (l’evidenziazione è nostra). Il concetto venne poi ribadito in una lettera che Trotsky stesso inviò a Shachtman, membro del Swp americano (L. Trotsky, “Le vote des crédits militaires”, 20 settembre 1937, in Œuvres, vol. 15, Institut Léon Trotsky, 1983, p. 45).
[6] L. Trotsky, “Inquiétude a propos d’une divergence” (lettera a Cannon), 21 settembre 1937, ivi, pp. 62 e ss.
[7] Esse possono invece – e devono – essere difese quando sono attaccate violentemente dalla borghesia o dall’imperialismo.
[8] Che i deputati del Fit abbiano dimenticato i principi del marxismo rivoluzionario possiamo anche comprenderlo: in fondo … si tratta di ferri vecchi di cent’anni fa! Ma che, in particolare quelli del Pts, abbiano dimenticato analoga posizione espressa dal loro partito non più tardi di sedici anni orsono è difficile da giustificare (J. Sanmartino, “La estafa del ‘capitalismo nacional’”, 27 giugno 2003, in Estrategia Internacional, all’indirizzo https://tinyurl.com/yyrspnm7).
[9] Una posizione, questa, che appartiene al patrimonio politico del Pts in particolare: A. Rojo, “Los trotskistas y el 17 de octubre de 1945”, 14 ottobre 2018, in La Izquierda Diario, all’indirizzo https://tinyurl.com/y8dtrdan.
[10] L. Trotsky, “México y el imperialismo británico”, in Escritos latinoamericanos, Ceip “León Trotsky”, 2007, p. 94. Concetto ribadito nell’articolo “Los sindicatos en la era de la decadencia imperialista”, ivi, pp. 182‑183: «La nazionalizzazione delle ferrovie e degli impianti petroliferi in Messico non ha, naturalmente, nulla a che vedere col socialismo. È una misura di capitalismo di Stato in un Paese arretrato che cerca in tal modo di difendersi da un lato dall’imperialismo straniero e, dall’altro, dal suo stesso proletariato».
[11] Al riguardo, il discorso andrebbe approfondito con l’analisi sui nazionalismi borghesi e i regimi di “bonapartismo sui generis”. Essendo impossibile farlo in questa sede, ci permettiamo di rinviare al nostro articolo già pubblicato su questo sito, “Venezuela: l’agonia di un’illusione”.
[12] Rinviamo, in proposito ai testi “Venezuela: e ora?”; “Venezuela: il 4 agosto della sinistra rivoluzionaria”; “L’isteria codista della sinistra rivoluzionaria”.