Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Polemica, Storia del movimento operaio

Kautsky, Lenin e la transizione al socialismo: una risposta a Eric Blanc

Lenin e Kautsky

Si appros­si­ma­no le ele­zio­ni euro­pee del 26 di mag­gio e il “can­to del­le sire­ne” del par­la­men­ta­ri­smo come scor­cia­to­ia per un’ipotetica “tran­si­zio­ne al socia­li­smo” per via elet­to­ra­le si fa sem­pre più for­te. Sicu­ra­men­te, le con­sul­ta­zio­ni per il rin­no­vo del par­la­men­to euro­peo rap­pre­sen­ta­no in que­sto momen­to la prin­ci­pa­le del­le stra­de attra­ver­so cui le orga­niz­za­zio­ni rifor­mi­ste cer­ca­no di rigua­da­gna­re visi­bi­li­tà; ma, indi­pen­den­te­men­te dal­le ele­zio­ni, si per­ce­pi­sce una dina­mi­ca in cui il rifor­mi­smo sta ten­tan­do di recu­pe­ra­re pro­ta­go­ni­smo, com­pli­ce anche la regres­sio­ne dell’ideario socia­li­sta nel­la coscien­za del­le mas­se. Addi­rit­tu­ra, v’è chi pro­va a for­ni­re una base teo­ri­ca per quest’operazione, ripro­po­nen­do la figu­ra e l’opera di Karl Kau­tsky come fon­da­men­to per un “nuo­vo socialismo”.
È il caso di Eric Blanc, un auto­re di cui tem­po fa abbia­mo pub­bli­ca­to su que­sto sito un sag­gio sul­la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se che susci­tò un acce­so dibat­ti­to, sia in seno alla comu­ni­tà intel­let­tua­le inter­na­zio­na­le, sia in seno alla nostra reda­zio­ne, che non con­di­vi­de­va le tesi espo­ste: e fu per que­sto moti­vo che rite­nem­mo di pub­bli­ca­re una repli­ca di Dun­can Hart.
Oggi infat­ti, per ripren­de­re il discor­so, Eric Blanc ha scrit­to un sag­gio in cui recu­pe­ra la figu­ra di Kau­tsky, pro­po­nen­do­ne la tesi del­la “via demo­cra­ti­ca al socia­li­smo” – quel­la cioè che pas­sa per la con­qui­sta di una mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re da par­te del­le for­ze socia­li­ste – come solu­zio­ne per “supe­ra­re” il capi­ta­li­smo. E anche in que­sto caso, la tesi por­ta­ta avan­ti da Blanc ha susci­ta­to un acce­so dibattito.
Con­tro que­sta posi­zio­ne, Mike Taber ha scrit­to una repli­ca, a nostro avvi­so mol­to effi­ca­ce, e che per­ciò pro­po­nia­mo ai nostri let­to­ri tra­dot­ta in italiano.
Buo­na lettura.
La redazione

Kautsky, Lenin e la transizione al socialismo: una risposta a Eric Blanc

 

Mike Taber [*]

 

Eric Blanc è uno sto­ri­co e atti­vi­sta mar­xi­sta di talen­to, che gode del­la repu­ta­zio­ne di met­te­re in discus­sio­ne i luo­ghi comu­ni. Anche se non si può sem­pre esse­re d’accordo con tut­te le sue con­clu­sio­ni, le ope­re di Eric pos­sie­do­no in gene­ra­le una qua­li­tà sti­mo­lan­te che può solo esse­re accol­ta favorevolmente.
Que­sta viva­ci­tà, tut­ta­via, non appa­re nel suo ulti­mo arti­co­lo, “Per­ché Kau­tsky ave­va ragio­ne (e per­ché dovreb­be inte­res­sar­vi)”[1], pub­bli­ca­to sul­la rivi­sta Jaco­bin. La tesi cen­tra­le dell’articolo pun­ta alla dife­sa del­la pro­spet­ti­va di Karl Kau­tsky di una “via demo­cra­ti­ca al socia­li­smo” rispet­to a una pre­sun­ta “stra­te­gia insur­re­zio­na­le leni­ni­sta”. Ma oltre a pre­sen­ta­re un qua­dro del dibat­ti­to fal­sa­to, l’articolo si allon­ta­na dall’autentica ope­ra e dal lega­to di Kau­tsky. E rap­pre­sen­ta anche i “leni­ni­sti” in for­ma di caricatura.

Il Kau­tsky buo­no e quel­lo cat­ti­vo: qua­le dei due?
Ci sono mol­ti aspet­ti posi­ti­vi del­le pri­me ope­re di Kau­tsky: la sua dife­sa e divul­ga­zio­ne del mar­xi­smo; la sua oppo­si­zio­ne al revi­sio­ni­smo di Eduard Bern­stein; il suo inter­na­zio­na­li­smo; la sua oppo­si­zio­ne all’imperialismo e al colo­nia­li­smo; il suo entu­sia­smo per la rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905. Ma Eric non trat­ta nes­su­no di que­sti pun­ti. Si con­cen­tra inve­ce esclu­si­va­men­te sul­la que­stio­ne del­la “via demo­cra­ti­ca al socialismo”.
Blanc distin­gue tra la pro­spet­ti­va di Kau­tsky di pri­ma e dopo il 1910. Kau­tsky vie­ne dipin­to come colui che pro­prio quell’anno capi­to­lò all’ala oppor­tu­ni­sta del Par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co tede­sco, facen­do retro­mar­cia rispet­to a mol­te del­le sue idee stra­te­gi­che fon­da­men­ta­li e appro­dan­do al riformismo.
È cer­ta­men­te vero che Kau­tsky fece mar­cia indie­tro su una serie di temi negli anni intor­no al 1910, e spe­cial­men­te dopo il 1914. Ma la rigi­da sepa­ra­zio­ne fra ciò che potrem­mo defi­ni­re come “il Kau­tsky buo­no” (pri­ma del 1910) e “quel­lo cat­ti­vo” (dopo il 1910) non reg­ge di fron­te alla real­tà e rap­pre­sen­ta un osta­co­lo per valu­tar­ne il lega­to. Que­sta dico­to­mia igno­ra il fat­to che alcu­ni aspet­ti del­la pri­ma ver­sio­ne pos­so­no esse­re tro­va­ti in quel­la suc­ces­si­va. Ciò, guar­da caso, impli­ca anche che tut­te le deplo­re­vo­li cose che Kau­tsky ha fat­to o det­to dopo il 1910 – e in par­ti­co­la­re dopo il 1914 e il 1917 – pos­so­no sem­pli­ce­men­te esse­re igno­ra­te come irri­le­van­ti sul­la base del­la tesi di Eric sul “per­ché Kau­tsky ave­va ragione”.
La real­tà è inve­ce mol­to più complessa.
Innan­zi­tut­to, la defi­ni­zio­ne di Blanc – “la tesi di Kau­tsky a favo­re di una via demo­cra­ti­ca al socia­li­smo” – è fuor­vian­te. Si può inva­no cer­ca­re un tale con­cet­to nei tre libri prin­ci­pa­li che Kau­tsky scris­se pri­ma del 1910 in cui egli deli­nea­va la sua pro­spet­ti­va di cam­bia­men­to rivo­lu­zio­na­rio: The Class Strug­gle (1892), The Social Revo­lu­tion (1902) e The Road to Power (1909).
È vero che in que­sti testi non vie­ne espres­so con chia­rez­za in che modo si dovreb­be veri­fi­ca­re una tra­sfor­ma­zio­ne socia­li­sta. Ma in tut­ti e tre vie­ne comun­que soste­nu­ta in modo net­to la con­tra­rie­tà alla pro­spet­ti­va del len­to cam­bia­men­to tra­mi­te l’assetto poli­ti­co capi­ta­li­sta. Il ruo­lo del­la demo­cra­zia, come ha affer­ma­to Kau­tsky in The Social Revo­lu­tion, con­si­ste in un «mez­zo per la matu­ra­zio­ne del pro­le­ta­ria­to ver­so la rivo­lu­zio­ne socia­le». Le cita­zio­ni che Eric pren­de da que­sti libri met­to­no in luce l’esatto con­tra­rio di ciò che egli cer­ca di dimostrare.
Il pri­mo testo che io cono­sca in cui Kau­tsky ha deli­nea­to l’idea di una “via demo­cra­ti­ca al socia­li­smo” è il suo lavo­ro del 1918, La dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, scrit­to in con­trap­po­si­zio­ne alla Rivo­lu­zio­ne d’ottobre in Rus­sia e ai bol­sce­vi­chi[2].
E dun­que, l’aspetto spe­ci­fi­co di Kau­tsky che Eric Blanc ammi­ra di più – la sua “via demo­cra­ti­ca al socia­li­smo” – vie­ne dal Kau­tsky cat­ti­vo del perio­do suc­ces­si­vo al 1910.
Inol­tre, anche se il pri­mo Kau­tsky difen­de­va con gran­de abi­li­tà aspet­ti impor­tan­ti del mar­xi­smo, egli ave­va una ten­den­za di lun­ga data ad adat­tar­si alle cor­ren­ti rifor­mi­ste e oppor­tu­ni­ste. Il miglior esem­pio di quan­to appe­na det­to si veri­fi­cò nel 1900, intor­no alla que­stio­ne del “mil­le­ran­di­smo”.

Ale­xan­dre Millerand

Ale­xan­dre Mil­le­rand era un socia­li­sta fran­ce­se che nel 1899 entrò nel con­si­glio dei mini­stri del gover­no bor­ghe­se del­la Fran­cia. Que­sto gesto susci­tò un dibat­ti­to all’interno del movi­men­to socia­li­sta mon­dia­le, dato che i socia­li­sti si era­no sem­pre oppo­sti a una simi­le par­te­ci­pa­zio­ne mini­ste­ria­le. Al con­gres­so del­la Secon­da Inter­na­zio­na­le del 1900, fu Kau­tsky – il Kau­tsky buo­no – a pre­sen­ta­re una riso­lu­zio­ne che con­dan­na­va la par­te­ci­pa­zio­ne socia­li­sta ai mini­ste­ri bor­ghe­si in cir­co­stan­ze “nor­ma­li”, ma intro­du­cen­do la pos­si­bi­li­tà che ciò potes­se dar­si in casi “ecce­zio­na­li”. «Se in qual­che cir­co­stan­za par­ti­co­la­re la situa­zio­ne poli­ti­ca richie­de que­sto espe­dien­te peri­co­lo­so – sta­bi­li­va la riso­lu­zio­ne Kau­tsky – si trat­ta di una que­stio­ne di tat­ti­ca e non di prin­ci­pio».
A que­sta posi­zio­ne ambi­gua si con­trap­po­se una riso­lu­zio­ne pre­sen­ta­ta da Enri­co Fer­ri e Jules Gue­sde, che pro­cla­ma­va l’opposizione a una simi­le par­te­ci­pa­zio­ne in ogni cir­co­stan­za. Anche se la riso­lu­zio­ne di Kau­tsky ven­ne alla fine adot­ta­ta, le sue ambi­gui­tà e il malu­mo­re che ave­va susci­ta­to por­ta­ro­no alla sua abro­ga­zio­ne al suc­ces­si­vo secon­do con­gres­so inter­na­zio­na­le. La riso­lu­zio­ne che ven­ne adot­ta­ta nel con­gres­so del 1904, dife­sa con for­za da Augu­st Bebel, con­dan­na­va ogni ipo­te­si di accet­ta­zio­ne da par­te dei socia­li­sti di inca­ri­chi mini­ste­ria­li nei gover­ni capitalisti.

“Leni­ni­sti” con­tro leninisti
In mol­ti arti­co­li di Eric Blanc, un obiet­ti­vo costan­te è la nar­ra­ti­va sto­ri­ca uffi­cia­le. Come Eric ha spes­so dimo­stra­to, tali nar­ra­zio­ni pos­so­no nel tem­po diven­ta­re sche­ma­tiz­za­te e fos­si­liz­za­te, costi­tuen­do un osta­co­lo al pen­sie­ro cri­ti­co. Tut­ta­via, la recen­te rap­pre­sen­ta­zio­ne dei “leni­ni­sti” nell’articolo si basa in lar­ga misu­ra pro­prio su una nar­ra­ti­va uffi­cia­le siffatta.
Alcu­ne cita­zio­ni dal testo:

«Per decen­ni i leni­ni­sti han­no arti­co­la­to la loro stra­te­gia sul­la neces­si­tà di un’insurrezione per rove­scia­re l’intero Sta­to par­la­men­ta­re e met­te­re tut­to il pote­re nel­le mani dei con­si­gli degli ope­rai …».

«Rara­men­te i leni­ni­sti si sono cimen­ta­ti con que­sta real­tà [vale a dire, la rilut­tan­za dei lavo­ra­to­ri a “sosti­tui­re il suf­fra­gio uni­ver­sa­le e la demo­cra­zia par­la­men­ta­re con i con­si­gli degli ope­rai”], e tan­to meno han­no for­ni­to una spie­ga­zio­ne con­vin­cen­te per que­sto …».

«I leni­ni­sti sono gene­ral­men­te restii a com­bat­te­re atti­va­men­te per impor­tan­ti rifor­me demo­cra­ti­che per­ché cer­ca­no di dele­git­ti­ma­re com­ple­ta­men­te lo Sta­to attua­le».

La ricor­ren­te nar­ra­zio­ne di un Lenin con un’ossessione fana­ti­ca per la rivo­lu­zio­ne e l’insurrezione è uno di que­gli argo­men­ti che cono­sco piut­to­sto bene, a par­ti­re dai miei libri di testo sco­la­sti­ci dell’epoca del­la Guer­ra Fred­da negli anni 60. Ma si trat­ta di un argo­men­to com­ple­ta­men­te falso.
Innan­zi tut­to, Lenin e il pri­mo movi­men­to comu­ni­sta non han­no mai pro­po­sto una “stra­te­gia insur­re­zio­na­le”. La loro stra­te­gia mira­va a mobi­li­ta­re il pro­le­ta­ria­to e i suoi allea­ti attor­no alla lot­ta per i loro inte­res­si di clas­se e a spin­ger­lo ver­so la con­qui­sta del pote­re poli­ti­co e il rove­scia­men­to del domi­nio del­la bor­ghe­sia. A que­sto sco­po uti­liz­za­ro­no tut­ti i meto­di. Com­pre­se­ro inol­tre che il socia­li­smo non pote­va esse­re appli­ca­to per via di rifor­me nell’esistente; e che era neces­sa­ria una rivo­lu­zio­ne per rove­scia­re l’apparato poli­ti­co del capi­ta­li­smo. Que­sta rivo­lu­zio­ne sareb­be sfo­cia­ta nel­la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, basa­ta su un siste­ma di demo­cra­zia ope­ra­ia di tipo sovietico.
Non esi­ste una spe­ci­fi­ca “stra­te­gia leni­ni­sta dell’insurrezione”: non più di una stra­te­gia leni­ni­sta degli scio­pe­ri, del­le mani­fe­sta­zio­ni, dei pic­chet­ti, del­le riu­nio­ni di pro­te­sta, dei cir­co­li di stu­dio o degli appel­li per rac­co­glie­re fondi.
Esi­ste­va, è vero, una “stra­te­gia insur­re­zio­na­le”, ma ave­va le sue ori­gi­ni nel blan­qui­smo, non nel leni­ni­smo. Louis Augu­ste Blan­qui è sta­to un appas­sio­na­to e ammi­re­vo­le rivo­lu­zio­na­rio fran­ce­se del XIX seco­lo, i cui segua­ci por­ta­ro­no avan­ti una simi­le pro­spet­ti­va. Ma Lenin si bat­té con for­za con­tro que­sta visione.
L’idea che il pro­le­ta­ria­to non potes­se rea­liz­za­re un cam­bia­men­to rivo­lu­zio­na­rio uti­liz­zan­do la strut­tu­ra sta­ta­le esi­sten­te, ma solo attra­ver­so il suo rove­scia­men­to, giun­ge a noi diret­ta­men­te da Marx ed Engels. Era una con­clu­sio­ne che essi tras­se­ro dall’esperienza del­la Comu­ne di Pari­gi del 1871.

* * *

Anco­ra più sor­pren­den­te è la tesi di Blanc, cita­ta in pre­ce­den­za, secon­do cui i “leni­ni­sti” sono restii a com­bat­te­re per i dirit­ti demo­cra­ti­ci. Un’affermazione così gene­ri­ca e pri­va di fon­da­men­to va con­tro tut­te le prove.
È vero, si pos­so­no indub­bia­men­te tro­va­re alcu­ni sedi­cen­ti grup­pi e par­ti­ti leni­ni­sti che sot­to­va­lu­ta­no que­sto tipo di lot­ta. Ma non esi­ste una simi­le sot­to­va­lu­ta­zio­ne in Lenin, Tro­tsky, nel pri­mo Comin­tern o in mol­ti altri che si richia­ma­no a que­sta tradizione.
L’intera sto­ria del­la bat­ta­glia dei bol­sce­vi­chi in Rus­sia mostra il con­tra­rio di ciò che sostie­ne Eric. Negli anni pre­ce­den­ti al 1917, la loro agi­ta­zio­ne era cen­tra­ta intor­no alle cosid­det­te “Tre bale­ne del bol­sce­vi­smo”[3]: le otto ore di lavo­ro, la con­fi­sca del­le pro­prie­tà ter­rie­re e una repub­bli­ca demo­cra­ti­ca. Anche duran­te il 1917 gran par­te del­la loro agi­ta­zio­ne si basa­va su riven­di­ca­zio­ni democratiche.
In segui­to alla vit­to­ria del­la rivo­lu­zio­ne, il pri­mo movi­men­to comu­ni­sta pro­se­guì su que­sta posi­zio­ne, come dimo­stra­to chia­ra­men­te nel­la serie di libri sul Comin­tern a cura di John Riddell.
Allo stes­so modo, oggi­gior­no, colo­ro che si richia­ma­no all’eredità e alla tra­di­zio­ne di Lenin sono atti­vi nel movi­men­to per i dirit­ti civi­li, nel­la lot­ta per i dirit­ti del­le don­ne, la liber­tà per i pri­gio­nie­ri poli­ti­ci, i dirit­ti degli immi­gra­ti e per mol­te altre que­stio­ni demo­cra­ti­che. Di fat­to, la mag­gior par­te del­le lot­te nel mon­do impe­ria­li­sta oggi ruo­ta intor­no a riven­di­ca­zio­ni democratiche.

Il gover­no ope­ra­io: real­tà e fantasia
Anche il com­men­to di Eric sul pri­mo Comin­tern è erro­neo. Egli scrive:

«[Gli] ele­men­ti più per­spi­ca­ci del­la pri­ma Inter­na­zio­na­le Comu­ni­sta comin­cia­ro­no in bre­ve tem­po a ritor­na­re all’approccio di Kau­tsky nel 1922–23, soste­nen­do l’elezione par­la­men­ta­re di “gover­ni dei lavo­ra­to­ri” come pri­mo pas­so ver­so la rot­tu­ra».

Que­sta affer­ma­zio­ne è del tut­to ine­sat­ta. Nel quar­to con­gres­so dell’Internazionale comu­ni­sta del 1922 si svol­se infat­ti un dibat­ti­to sul­la que­stio­ne del gover­no ope­ra­io e ven­ne adot­ta­ta una riso­lu­zio­ne al riguar­do. Ma in nes­sun momen­to quel con­gres­so pro­po­se che un gover­no ope­ra­io potes­se esse­re inse­dia­to da “ele­zio­ni par­la­men­ta­ri”, come sostie­ne Eric. Al contrario.
Que­sta riso­lu­zio­ne, che ana­liz­za le varian­ti del gover­no ope­ra­io, ini­zia con due di esse che defi­ni­sce “gover­ni ope­rai solo apparenti”:

«(1) un gover­no ope­ra­io libe­ra­le: tale tipo di gover­no esi­ste­va in Austra­lia e sarà pros­si­ma­men­te pos­si­bi­le in Inghil­ter­ra; (2) un gover­no ope­ra­io social­de­mo­cra­ti­co (Ger­ma­nia)»[4].

 E si afferma:

 «I pri­mi due tipi non sono gover­ni ope­rai rivo­lu­zio­na­ri, ma in real­tà gover­ni camuf­fa­ti di coa­li­zio­ne nasco­sti fra bor­ghe­si e capi ope­rai anti‑rivoluzionari».

Come si può vede­re, tali gover­ni non furo­no cer­ta­men­te “cal­deg­gia­ti”.
Un «vero e pro­prio gover­no ope­ra­io», affer­ma la riso­lu­zio­ne, «è pos­si­bi­le sol­tan­to se nasce dal­le lot­te del­le mas­se stes­se». Il signi­fi­ca­to di una «com­bi­na­zio­ne par­la­men­ta­re» sta nel fat­to che può «dar luo­go ad una ripre­sa del movi­men­to ope­ra­io rivo­lu­zio­na­rio»[5]. Si veda, su que­sto sito, la Riso­lu­zio­ne sui gover­ni ope­rai del Comintern.
Inol­tre, il con­cet­to di gover­no ope­ra­io deri­va­va in gran par­te dall’esperienza del movi­men­to comu­ni­sta tede­sco. Dopo la rea­liz­za­zio­ne, nel 1920, del Putsch di Kapp, con cui la destra rea­zio­na­ria mira­va a rove­scia­re il gover­no demo­cra­ti­co bor­ghe­se tede­sco, i lavo­ra­to­ri si impe­gna­ro­no nel­lo scio­pe­ro gene­ra­le pro­ba­bil­men­te più per­fet­to del­la sto­ria e ini­zia­ro­no a for­ma­re distac­ca­men­ti ope­rai arma­ti. Ter­mi­na­ta que­sta mobi­li­ta­zio­ne, ven­ne lan­cia­to un appel­lo per un gover­no di tut­ti i par­ti­ti dei lavo­ra­to­ri. Dopo qual­che discus­sio­ne, il par­ti­to comu­ni­sta die­de il suo soste­gno a que­sta iniziativa.
Così il gover­no ope­ra­io (e in segui­to il gover­no ope­ra­io e con­ta­di­no) fu diret­ta­men­te col­le­ga­to dal Comin­tern alla lot­ta rivo­lu­zio­na­ria, non sem­pli­ce­men­te alla vit­to­ria dei par­ti­ti ope­rai alle ele­zio­ni borghesi.
Cer­to, ci sono sta­ti esem­pi in cui le vit­to­rie elet­to­ra­li del­la clas­se ope­ra­ia – e le rea­zio­ni sca­te­na­te dal­la clas­se domi­nan­te – sono sta­te la scin­til­la che ha pro­dot­to del­le lot­te rivo­lu­zio­na­rie. I rivo­lu­zio­na­ri e i leni­ni­sti non han­no mai scar­ta­to que­sta possibilità.

Un drap­pel­lo di Guar­die ros­se finlandesi

L’esempio del­la Fin­lan­dia che Eric cita – in cui una vit­to­ria elet­to­ra­le del­la clas­se ope­ra­ia por­tò all’inizio di una lot­ta rivo­lu­zio­na­ria nel­la qua­le i lavo­ra­to­ri ebbe­ro l’opportunità di pren­de­re il pie­no pote­re nel­le loro mani – è una dimo­stra­zio­ne di come ciò pos­sa acca­de­re. Ma ci vuo­le uno sfor­zo di imma­gi­na­zio­ne per costrin­ge­re la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se e la guer­ra civi­le nel qua­dro di una “via demo­cra­ti­ca al socialismo”.

La Rivo­lu­zio­ne rus­sa e il per­cor­so elettorale
Blanc eti­chet­ta la Rivo­lu­zio­ne di otto­bre del 1917 in Rus­sia come «una rivo­lu­zio­ne che rove­sciò uno Sta­to auto­cra­ti­co, non capi­ta­li­sta, non un regi­me par­la­men­ta­re». Que­sto non è del tut­to vero.
Quest’affermazione potreb­be esse­re una rap­pre­sen­ta­zio­ne cor­ret­ta del­la Rivo­lu­zio­ne del feb­bra­io 1917 che rove­sciò il regi­me zari­sta. Ma è total­men­te erro­nea quan­do descri­ve la Rivo­lu­zio­ne di otto­bre che rove­sciò il gover­no prov­vi­so­rio: un gover­no capi­ta­li­sta, non uno “non capi­ta­li­sta”. Inol­tre, un orga­no elet­to demo­cra­ti­ca­men­te esi­ste­va da pri­ma di otto­bre, ma non era un par­la­men­to bor­ghe­se; era­no i soviet, elet­ti da ope­rai e sol­da­ti, in cui i bol­sce­vi­chi otten­ne­ro la mag­gio­ran­za. Nel cor­so del 1917, Lenin e i diri­gen­ti bol­sce­vi­chi ave­va­no ripe­tu­ta­men­te sot­to­li­nea­to che avreb­be­ro rispet­ta­to la volon­tà demo­cra­ti­ca del­la mag­gio­ran­za dei lavo­ra­to­ri, espres­sa nei soviet. L’in­sur­re­zio­ne di otto­bre che rove­sciò il gover­no prov­vi­so­rio rap­pre­sen­tò la dife­sa di que­sta volon­tà demo­cra­ti­ca del­la clas­se ope­ra­ia con­tro un ten­ta­ti­vo da par­te del gover­no e del­le for­ze con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rie di sop­pri­me­re i soviet. In que­sto sen­so, la Rivo­lu­zio­ne d’ot­to­bre potreb­be dav­ve­ro esse­re vista come un esem­pio del­la “via demo­cra­ti­ca al socia­li­smo”, per quan­to l’op­po­sto del­la con­ce­zio­ne di Kau­tsky al riguardo.
Men­tre vit­to­rie elet­to­ra­li pos­so­no occa­sio­nal­men­te apri­re la stra­da a una lot­ta rivo­lu­zio­na­ria, non si riscon­tra alcun esem­pio nel­la sto­ria in cui una tran­si­zio­ne al socia­li­smo sia sta­ta vit­to­rio­sa­men­te rag­giun­ta sol­tan­to attra­ver­so mez­zi paci­fi­ci ed elettorali.
Ovvia­men­te una tran­si­zio­ne così paci­fi­ca sareb­be pre­fe­ri­bi­le allo scon­vol­gi­men­to rivo­lu­zio­na­rio. Ma è mai esi­sti­ta sto­ri­ca­men­te una clas­se domi­nan­te che abbia cedu­to tran­quil­la­men­te e paci­fi­ca­men­te il suo pote­re? Riu­sci­reb­be la bor­ghe­sia a strin­ge­re la mano al pro­le­ta­ria­to dicen­do caval­le­re­sca­men­te: “Hai vin­to one­sta­men­te. Ecco le chia­vi del nostro gover­no e del­le nostre fab­bri­che. Buo­na for­tu­na”? Non cre­do proprio!
Affer­ma­re che il per­cor­so elet­to­ra­le ed evo­lu­ti­vo ver­so il socia­li­smo non è pos­si­bi­le non signi­fi­ca affat­to scar­ta­re tut­te le pos­si­bi­li­tà e le oppor­tu­ni­tà che le ele­zio­ni e le cam­pa­gne elet­to­ra­li pos­so­no for­ni­re alla clas­se ope­ra­ia e ai suoi par­ti­ti. Ma come mostra­no gli esem­pi di Fin­lan­dia, Spa­gna, Cile e altri Pae­si, semi­na­re illu­sio­ni tra i lavo­ra­to­ri rispet­to a una “via elet­to­ra­le al socia­li­smo” è una ricet­ta per il disa­stro e la sconfitta.

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In que­sta rispo­sta ho deli­be­ra­ta­men­te evi­ta­to di lega­re que­sti argo­men­ti sto­ri­ci ai dibat­ti­ti attua­li su Ber­nie San­ders, sul lavo­ro all’in­ter­no del Par­ti­to Demo­cra­ti­co, sugli approc­ci elet­to­ra­li e così via. La docu­men­ta­zio­ne sto­ri­ca del movi­men­to socia­li­sta non deve mai esse­re distor­ta per sup­por­ta­re una par­ti­co­la­re agen­da poli­ti­ca. Far­lo signi­fi­che­reb­be ren­de­re un cat­ti­vo ser­vi­zio alle mol­te miglia­ia di gio­va­ni oggi attrat­ti dal socialismo.

 

[*] Mike Taber ha in pre­pa­ra­zio­ne un volu­me che rac­co­glie tut­te le riso­lu­zio­ni adot­ta­te dai con­gres­si del­la Secon­da Inter­na­zio­na­le tra il 1889 e il 1912. È anche auto­re di The Com­mu­ni­st Move­ment at a Cros­sroads: Ple­nums of the Com­mu­ni­st International’s Exe­cu­ti­ve Com­mit­tee, 1922–23 e coau­to­re di The Com­mu­ni­st Wome­n’s Move­ment 1920–1922.

 

(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)


Note

[1] Https://jacobinmag.com/2019/04/karl-kautsky-democratic-socialism-elections-rupture.
[2] Tut­ti i testi di Kau­tsky cita­ti qui sono repe­ri­bi­li nel Mar­xists Inter­net Archi­ve.
[3] Tro­tsky rife­ri­sce (Sto­ria del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa, Arnol­do Mon­da­do­ri Edi­to­re, 1978, vol. I, cap. 16, pp. 342) che le tre paro­le d’ordine di cui al testo era­no fami­liar­men­te così defi­ni­te in rife­ri­men­to alla cre­den­za popo­la­re per cui il glo­bo ter­re­stre si soster­reb­be pog­gian­do su tre bale­ne [Ndt].
[4] John Rid­dell (ed.), Toward the Uni­ted Front: Pro­cee­dings of the Fourth Con­gress of the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal 1922 (Histo­ri­cal Mate­ria­li­sm Book Series, 2012), pp. 1160‑1.
[5] Ibi­dem, p. 1099.