Esattamente cent’anni or sono, il 15 gennaio 1919, gli sgherri del sedicente governo “socialista” tedesco di Ebert, Scheidemann e Noske assassinavano Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.
Un secolo dopo, vogliamo ricordare il sacrificio di questi due grandi rivoluzionari con un articolo a firma di Grigorij Zinov’ev, all’epoca presidente del Comitato esecutivo della Terza Internazionale, pubblicato in italiano su L’Ordine Nuovo del 31 luglio 1920.
Buona lettura.
La redazione
Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht
Grigorij Zinov’ev
Vorrei soprattutto parlare di Rosa Luxemburg, che ho personalmente conosciuta. I nostri operai, i soldati rossi e i contadini conoscono la vita e l’attività di questa donna meno della biografia rivoluzionaria di Karl Liebknecht, il celebre suo compagno di armi.
Nel movimento operaio della generazione attuale Rosa Luxemburg appartiene ai rari favoriti dalla sorte cui è stato dato non solo di lavorare alla diffusione delle idee di Marx, ma anche di procedere in questa via arricchendo il marxismo di idee nuove.
La Terza Internazionale conta nelle sue file ben pochi militanti che abbiano saputo riunire in sé al pari di Rosa Luxemburg le qualità di un oratore appassionato, quelle di un brillante politico e in pari tempo quelle di uno dei più grandi teorici letterari del marxismo. Fornita di questi preziosi doni, Rosa Luxemburg ha lavorato nel movimento operaio quasi un quarto di secolo.
La sua carriera rivoluzionaria cominciò nella Polonia dov’essa lavorò sin dalla giovinezza; indi essa trasportò il campo della sua attività in Germania e in Russia.
Si può dire ch’essa era un’incarnazione vivente dell’internazionalismo.
Mi ricordo delle mie conversazioni con Rosa Luxemburg nel 1906 a Kuokalla, nel piccolo appartamento dove Lenin viveva in esilio, dopo la sconfitta della nostra prima rivoluzione. Per prima Rosa Luxemburg incominciò a scrivere un riassunto teorico delle cause che avevano determinato la nostra sconfitta, prima essa tra i militanti del marxismo comprese che cosa rappresentavano i nostri Soviet fin dal 1905, benché allora essi non esistessero ancora che in abbozzo e concepì chiaramente il compito che dovevano avere gli scioperi rivoluzionari generali uniti con l’insurrezione armata delle classi operaie.
I suoi brillanti articoli sullo sciopero generale, i suoi discorsi di Jena (al congresso della socialdemocrazia tedesca che ebbe luogo durante la nostra rivoluzione), discorsi pieni di accenni al compito riservato nell’avvenire ai Soviet di deputati soldati e operai – tutte queste previsioni e queste conclusioni formulate più di vent’anni or sono hanno un grande valore storico.
Rosa Luxemburg divide col nostro compagno e maestro Lenin il merito inestimabile di avere nel 1907, al Congresso socialista internazionale di Stoccarda, formulato il principio fondamentale che ad essa come a Karl Liebknecht è costata la vita e per il quale lottano oggi gli elementi più eroici e più integri della classe operaia.
Nel 1907, al congresso di Stoccarda, due mondi si levavano l’uno di fronte all’altro. Bernstein e i revisionisti, come allora si diceva, sostenevano che la classe operaia non poteva respingere la “politica coloniale” (oggi noi diremmo l’imperialismo), ma doveva invece favorirlo in nome della cultura. Bebel stesso, che sul finire della vita tante concessioni fece all’ala destra della socialdemocrazia, Bebel esitava! E solo un piccolo gruppo di marxisti guidati da Lenin e Rosa Luxemburg fece nel 1907 (undici anni or sono) la seguente dichiarazione: «La guerra imperialista universale scoppierà fatalmente; la borghesia di tutto il mondo spinge l’umanità a questa inevitabile catastrofe. Quale dovrà essere il compito degli operai rivoluzionari quando la mano criminale della borghesia avrà portato l’Europa a questa guerra di imperialismi?». Lenin e Rosa Luxemburg rispondevano: «Approfittare della crisi economica e politica che succederà per sollevare le masse contro il regime capitalista».
Il che voleva dire: il problema consisterà nel trasformare la guerra imperialista in guerra civile e nel condurre gli operai, i contadini e i soldati alla lotta contro la borghesia, contro i responsabili della guerra.
In seno all’antica socialdemocrazia tedesca ufficiale Rosa Luxemburg non aveva mai cessato di lottare con un ingegno fuori del comune e con una infaticabile energia per questo fondamentale principio; essa fu sempre la prima a dare l’allarme nelle file dei socialdemocratici, pretendendo da ogni congresso l’approvazione ufficiale dello sciopero generale politico, mentre i capi più in vista della socialdemocrazia di quei tempi non volevano sentirne parlare.
Più di una volta durante i dibattiti sulla politica estera essa rimproverò a questi capi di non uniformare mai i loro atti alle loro parole, facendo notare che, quando non si trattava di votare degli ordii del giorno i socialisti si mostravano di un radicalismo estremo e quando poi si trovavano nella necessità di combattere di fatto contro la guerra e contro il governo che provoca la guerra, allora essi sembravano sparire. Parole simili sembravano allora un’audacia inconcepibile: il partito socialdemocratico tedesco era all’apogeo della sua gloria.
Ogni operaio di Pietrogrado che abbia militato per qualche anno nel movimento rivoluzionario sa che, quando nessuno osava ancora criticare il partito socialdemocratico tedesco e quando quest’ultimo sembrava essere il modello di tutte le perfezioni socialiste, Rosa Luxemburg già dichiarava a chi voleva sentirlo che questo partito era completamente corrotto.
Mi ricordo perfettamente ciò che è avvenuto al congresso della socialdemocrazia tedesca a Jena: Rosa Luxemburg deliberatamente incrociò la spada con August Bebel; questi piegava allora a destra, dal lato dell’antico partito che aveva dichiarato guerra alla Luxemburg, offeso dagli attacchi ch’essa rivolgeva alla socialdemocrazia e al patriottismo che si infiltrava nella politica del Comitato centrale. E voi pur sapete di quale autorità senza esempio godeva August Bebel nelle file della socialdemocrazia tedesca! Al congresso egli si scagliò con violenza contro Rosa Luxemburg giungendo quasi fino a chiedere la sua espulsione dal partito. Soltanto un piccolo gruppo, alla testa del quale si pose Clara Zetkin, sostenne l’amica nostra e divise con lei i rimproveri che piovevano da ogni parte. Ma Rosa Luxemburg seppe farsi ascoltare da quelli che volevano imporle silenzio. Accettò battaglia, raccolse il guanto gettato da Bebel, il migliore dei capi della Seconda Internazionale, e obbligò quel congresso, composto più che per una metà di bottegai e di traditori de socialismo, a dire la parola: “Internazionale”.
Rosa Luxemburg svegliava le coscienze rivoluzionarie. Non ammetteva nessuna infedeltà alla bandiera dell’Internazionale.
* * *
I servizi resi alla rivoluzione da Karl Liebknecht non sono certo minori. Egli pure ha lavorato per essa per più che un quarto di secolo. Egli pure, come vi ha detto il compagno Trotsky, ha sostenuto con noi le prove della rivoluzione del 1905.
Karl Liebknecht fu, tra i socialdemocratici tedeschi, del numero dei rari intrepidi che pretesero si facesse la “propaganda antimilitarista”, come allora si diceva, cioè la propaganda rivoluzionaria nell’esercito.
Occorre, compagni, che noi ci trasportiamo nell’ambiente della socialdemocrazia di quei tempi, addomesticata e beneducata, per immaginarci l’effetto prodotto da una pretesa così audace. Bebel stesso, che conosceva Liebknecht dalla giovinezza e che lo amava come un figlio, lo investì con violenza per questa proposta ch’egli chiamò da “avventuriero”. Andare a predicare il socialismo ai soldati? Non si riusciva a concepirlo! La socialdemocrazia tedesca pensava che soltanto un avventuriero della politica poteva fare simile proposta. Si aveva paura di far perdere alla socialdemocrazia i suoi diritti alla legalità, paura che la borghesia si allarmasse, che le classi dirigenti accusassero il partito di essere diventato antigovernativo.
Liebknecht fu uno dei primi che andarono contro le idee prevalenti. E riuscì a vincerle. Il suo celebre scritto “Contro il militarismo” gli valse molti mesi di prigione. Egli fondò l’Unione della gioventù socialista, destinata a un glorioso avvenire. Noi sappiamo quale parte ha avuto la gioventù nella nostra rivoluzione: lo stesso è avvenuto nella rivoluzione tedesca, come in tutto il movimento rivoluzionario internazionale. Tutto ciò che vi è di giovane, di nuovo, di onesto, di rivoluzionario e di energico nella classe operaia si è riunito attorno all’Unione della gioventù, di cui Karl Liebknecht fu uno dei fondatori.
Dai capi della Seconda Internazionale, prima che la guerra scoppiasse, Liebknecht era veduto di mal occhio: appena la guerra scoppiò lo si trovò pericoloso.
Alla conferenza di Zimmerwald egli ci fece però pervenire una lettera che si chiudeva con profetiche parole di risposta alla dichiarazione fatta al principio della guerra, da Scheidemann, dall’alto della tribuna: «La pace sociale, l’armistizio tra le classi, tra i lupi e gli agnelli, tra la borghesia e la classe operaia, tra i monarchi carnefici, i soldati e i contadini». Tale la dichiarazione ufficiale della socialdemocrazia tedesca.
Ebbene, le ultime parole della lettera di Liebknecht erano queste: «Compagni! A voi spetta ora proclamare non la pace civile, ma la guerra civile. Ecco l’odierna parola d’ordine».
Al Reichstag Liebknecht solo votava contro i crediti militari e la voce sua aveva un’eco nel mondo intiero.
Non dimentichiamo, compagni, che in Francia, dove la borghesia aveva provocato una terribile epidemia di patriottismo, dove nel 1915 si malediceva tutto ciò che era tedesco, e dove gli operai e i soldati si erano lasciati contaminare da questi sentimenti antisociali, anche in Francia il nome di Karl Liebknecht era pronunciato con fervore. Non conosciamo che un altro esempio di simile simpatia degli operai francesi per un socialista tedesco: quella che essi provarono per Friedrich Engels.
Al principio della guerra, nel 1915, si malediceva in Francia tutto ciò ch’era tedesco. Il proletariato di Germania era considerato come un cumulo di scellerati. Ci si sforzava di presentare le cose in modo che la politica di Scheidemann sembrasse la realizzazione logica delle teorie di Marx. Innumerevoli articoli su questo argomento si pubblicavano nei grandi giornali borghesi e opere intiere si scrivevano per provare che Marx era sempre stato un fedele suddito della grande Germania borghese.
Quando il partito ufficiale dei sedicenti socialisti francesi si abbandonò a questa corrente patriottarda, io mi ricordo che il vecchio Vaillant, il comunardo che si era ridotto, sul finire dei suoi giorni, a tender la mano ai patrioti, perdette però la pazienza quando i giornali attaccarono Engels; pubblicò un articolo dove proclamava: «Non vi sono stati in Germania che due tedeschi che siano rimasti internazionalisti dopo la guerra franco‑prussiana: Marx ed Engels».
Durante questi ultimi anni Karl Liebknecht ha goduto in Francia di una popolarità altrettanto grande. Tra i documenti, probabilmente numerosi, che ce lo attestano, uno è in special modo commovente. Lo troviamo nel bel libro di Henry Barbusse, Il fuoco. Soldato egli stesso, Barbusse ci mostra un gruppo di soldati che discutono, in trincea, mentre attorno ad essi la battaglia infierisce. Alcuni sono degli operai istruiti, e uno di essi pronuncia queste parole: «Eppure una figura si è levata al di sopra della guerra, e brillerà in eterno per la bellezza e per il valore del suo coraggio: … Liebknecht!».
Nel 1915, nelle trincee dove la propaganda patriottica era in special modo intensa, in questa Francia allora tutta ardente di patriottismo e che detestava ogni cosa che da vicino o da lontano si riferisce alla Germania, i soldati, gli operai pronunciavano il nome di Karl Liebknecht con amore e rispetto.
Immaginatevi ora voi, compagni, con quale dolore e con quale indignazione gli operai francesi e tedeschi seppero della morte di Karl Liebknecht. Pensate quanto può servire alla causa del comunismo anche la morte di un uomo come Karl Liebknecht.
Quand’egli uscì dal carcere, liberato per la vittoria del movimento operaio, il primo suo passo fu verso la classe operaia del Paese che aveva alzato per primo la bandiera della Comune e vinto. Il primo pensiero di Karl Liebknecht fu per noi, per la rivoluzione russa; egli si recò diritto alla legazione russa dove ancora si trovavano dei nostri compagni e scoprendosi disse: «Fraternamente saluto il primo governo delle mani callose».
Sì, Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg sempre si sono sentiti intimamente, fraternamente legati alla rivoluzione nostra. È questa la giustificazione prima dell’odio votato loro dalla socialdemocrazia di Berlino. Al presente Scheidemann e la sua banda, Ebert e il suo governo vivono esclusivamente della beneficenza di Wilson – lo zio d’America – e degli imperialisti francesi che sperano di porre un argine al dilagare del bolscevismo. Il governo di Scheidemann non ha meriti agli occhi di questi briganti internazionali se non in quanto esso è di aiuto nella lotta contro la rivoluzione russa.
* * *
Vi ricordate del dialogo che ebbe luogo tra un generale francese e un tedesco?
Il francese rimproverava al tedesco di aiutare i bolscevichi sui punti occupati dall’esercito tedesco, presso Riga. Il generale tedesco rispondeva: «Ma, eccellenza, come potete farci un appunto così poco fondato? La Germania è più vicina di voi alla Russia e quindi il bolscevismo è più pericoloso a noi che a voi».
Come vedete, costoro non si dissimulavano le intenzioni loro reali.
Essi odiavano Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg per l’ingegno e l’energia ch’essi impiegavano nella difesa della miglior parte del proletariato russo. Entrambi si erano votati alla rivoluzione russa e volevano seguirne le tracce. Volete sapere il vero motivo per cui è stata assassinata Rosa Luxemburg? Leggete il discorso ch’essa ha pronunciato al congresso spartachiano il 31 dicembre 1918. Essa accusava Scheidemann e i pari suoi di voler aiutare gli imperialisti a strozzare la rivoluzione russa, e diceva: «Vedete ciò che avviene a Riga e in tutti i punti occupati. Per effetto delle basse manovre di Scheidemann e del leader dei sindacati tedeschi, August Winning, i proletari tedeschi sostengono gli eserciti alleati e i baroni baltici nei loro attacchi contro i bolscevichi russi. Queste manovre sono di una bassezza così rivoltante che non posso esitare a denunciare i capi dei sindacati tedeschi e della socialdemocrazia come gli ultimi dei miserabili».
Tali parole gettava Rosa Luxemburg sul viso di questa gente e aggiungeva: «Il nostro governo Scheidemann non si compone soltanto di traditori della rivoluzione proletaria, ma anche di veri criminali».
Si spiega dunque agevolmente l’odio dei capi ufficiali del proletariato tedesco contro Rosa Luxemburg.
La borghesia del mondo intiero ripone l’ultima sua speranza nelle barriere che cerca di far sorgere tra le classi operaie dei diversi Paesi, allo scopo anzitutto di isolare gli operai russi, vittoriosi della loro borghesia. Essa concentra ogni forza e ogni ferocia su coloro che vogliono estendere i quadri della rivoluzione, che professano i principi dell’internazionalismo e spingono gli operai tedeschi sulle tracce segnate dalla classe operaia comunista russa. Ecco le cause ere dell’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, ecco pure la causa della popolarità e dell’amore così grandi di cui essi godono trai contadini e operai russi, tanto che in parecchi luoghi i contadini hanno voluto dare ai loro villaggi il nome di Karl Liebknecht, Questi contadini, questi operai, questi soldati conserveranno in eterno, religiosamente, il ricordo di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg.
Compagni, noi stiamo attraversando momenti difficili: particolarmente gravi sono state le nostre prove in queste ultime settimane. La situazione si farà forse ancora più grave nei mesi che verranno. Ma quando noi soffriremo tutto ciò che si può soffrire, quando i nostri soldati rossi in qualche lontano punto del fronte, ad Arkhangelsk o altrove, coricati nella neve, saranno affamati e intirizziti, quando essi affronteranno il fuoco delle bande imperialiste, oppure quando le nostre operaie ritorneranno a casa loro senza aver altro che un tozzo di pane da offrire ai bambini loro affamati, in questi momenti difficili noi ci ricorderemo di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg.
Che volevano dunque i comunardi tedeschi, perché lottavano gli operai di Germania e i più grandi dei loro militanti: Liebknecht e Rosa Luxemburg?
Essi lottavano per avere ciò che noi già abbiamo. Essi comprendevano pienamente cosa prometteva loro la vittoria ch’essi avrebbero potuto riportare. Se domani essi fossero vincitori, ciò non vorrebbe dire per gli operai di Berlino il guadagno di due libbre di pane al giorno, né la risoluzione della crisi economica e l’inizio dell’età dell’oro. I comunardi di Berlino sapevano le stesse cose dei rivoluzionari di Pietrogrado durante la rivoluzione di ottobre, sapevano ciò che li attendeva dopo la conquista del potere. Vedevano davanti a sé la prospettiva di un lungo periodo, qualche anno forse, di pesanti prove, di carestia e di sofferenze indicibili.
Essi sapevano ciò e non lo nascondevano agli operai berlinesi, non promettevano loro il pane per il giorno dopo la vittoria dei comunisti.
No, dicevano essi, nuovi combattimenti vi attendono. E Rosa Luxemburg in special modo insisteva su queste previsioni. Essa diceva: «Ci troviamo alla vigilia di una nuova lotta; mesi e anni intieri di combattimenti e di sofferenze ci attendono».
I comunardi di Berlino sapevano dunque quel che facevano e accettavano la sorte loro. Sul campo di lotta essi hanno lasciato centinaia e migliaia dei loro migliori soldati. Ma dopo la morte eroica di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg chi penderebbe a mettere in salvo se stesso? Quando la classe operaia sacrifica così generosamente il sangue suo, senza esitare un momento l’esercito regolare del movimento rivoluzionario non può piegare. Non ha la nostra classe resistito a tutte le prove e a tutte le catastrofi?
Gli operai di Berlino non la cedono in nulla a quelli di Pietrogrado e di Mosca e in essi si concentra attualmente la lotta proletaria di tutto l’universo. Essi hanno seguito l’esempio nostro: sono morti a migliaia e di nuovo moriranno, domani, per ottenere ciò che noi abbiamo già a Pietrogrado, a Mosca e in tutta la Russia dei Soviet.
Gli operai, i soldati rossi e i contadini della Russia dei Soviet possono andare orgogliosi: l’esempio loro è seguito dalla parte migliore dell’umanità, la via che essi hanno scelta è ritenuta essere la sola giusta. Compagni, il nostro dolore è stato grande ieri, lo è ancora oggi, ma noi non dubitiamo che il sangue di Liebknecht e della Luxemburg affretterà il trionfo della rivoluzione socialista universale.
Compagni, siate sicuri che gli operai del mondo intiero condividono i sentimenti di questa assemblea. Come potreste dubitare che gli operai e le operaie di Parigi che hanno così nobili tradizioni rivoluzionarie e che nel 1915 pronunciavano il nome di Karl Liebknecht con amore e con fervore, come potete dubitare che non siano pronti essi pure a lottare sino all’ultimo e che essi non stringano i pugni esclamando: «Il sangue sacro di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg deve essere vendicato!».
Questi sono i sentimenti degli operai del mondo intiero. Compagni, il delitto commesso da Scheidemann e da Ebert costerà loro caro. Io non posso dubitarne: il proletariato tedesco in questo momento non cessa di chiedersi: «È possibile che noi tolleriamo più a lungo che il potere sia nelle mani dei borghesi assassini che si chiamano socialdemocratici, dopo che essi hanno ucciso in Karl Liebknecht e in Rosa Luxemburg i più gloriosi militanti del proletariato internazionale?».
Dove conduce la politica criminale degli Scheidemann noi ora lo vediamo. A prima vista, i fatti che sono avvenuti a Berlino sembreranno forse difficili a comprendersi perché il governo attuale si fregia ancora, malgrado tutto, dell’insegna di governo di una “repubblica socialista”. Ma Rosa Luxemburg, con la precisione ch’era sua dote, ha nel suo ultimo discorso caratterizzato in poche parole la situazione tedesca. Ecco che cos’è avvenuto: il partito socialdemocratico tedesco che da lunghi anni compiva nella storia un ufficio reazionario, ha saputo, con l’aiuto del suo organismo burocratico, impadronirsi dei Soviet, usurpando i loro diritti e facendo loro accettare la sua politica. I suoi funzionari si sono atteggiati a fautori del regime soviettista e si sono impadroniti del potere, in modo che gli operai tedeschi per riaverlo dovranno passare sul cadavere della socialdemocrazia.
Scheidemann ed Ebert riuniscono ora la loro Assemblea costituente.
Compagni, è ormai un anno che noi l’abbiamo sciolta, l’Assemblea costituente. E tuttavia il proletariato internazionale ammira la nostra politica.
Ma chi è per la Costituente in Germania? Una cricca di finanzieri, la banda di Guglielmo e gli assassini di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg.
Un mese appena è trascorso dacché il proletariato tedesco ha dichiarato: «Voi non arriverete alla Costituente per altra via che passando sui nostri cadaveri!». La borghesia conta realmente di passare sul cadavere del proletariato per arrivare alla Costituente, ma la realtà è un’altra. Il cadavere che sarà calpestato sarà quello della vecchia socialdemocrazia imputridita che si è trasformata in boia al servizio della borghesia stessa. Gli operai tedeschi passeranno sul suo corpo, e noi, fraternamente uniti con essi andremo alla definitiva vittoria della Terza Internazionale.