Torniamo ancora una volta sulla situazione che si sta sviluppando in Nicaragua, dove la repressione ordinata dal governo Ortega-Murillo — che ha scatenato contro i manifestanti la feroce polizia e squadroni paramilitari — ha raggiunto picchi altissimi: si registrano al momento 350 morti, migliaia di feriti e centinaia di arresti, nonché torture e sparizioni di persone.
Presentiamo oggi ai nostri lettori l’articolo di Rolando Astarita, studioso marxista argentino, che denuncia il vergognoso atteggiamento di chi, nel campo della “sinistra”, sta difendendo l’operato del governo.
Buona lettura.
La redazione
Non è possibile alcuna sintesi con chi difende la repressione di Ortega
Rolando Astarita [*]
In questi giorni, ancora una volta, troviamo i difensori “di sinistra” della repressione del popolo nicaraguense. L’argomento è lo stesso di sempre: “le proteste sono organizzate dall’imperialismo yankee; criticare la repressione è funzionale agli interessi del neocolonialismo”, e simili.
Bene, in questa nota voglio sottolineare che non esiste alcuna possibilità di sintesi, o conciliazione, tra questo tipo di argomenti e il progetto di socialismo che è sostenuto in questo blog. L’ho già sollevato in una nota precedente, e ora voglio rimarcarlo.
C’è una questione centrale: non si tratta di differenze “tattiche”, né di qualche divergenza nell’analisi sottile. Coloro che oggi difendono la repressione di Ortega non sono innocenti, né sono disinformati. Sono persone che sanno quello che fanno e hanno in ciò una lunga storia. Pertanto, hanno un modello di comportamento che rimane, essenzialmente, immutato per decenni. Così, negli anni 30, hanno difeso lo sterminio degli oppositori, incluse migliaia di rivoluzionari, dallo stalinismo “poiché sono agenti dell’imperialismo tedesco”. Poi hanno plaudito all’assassinio di Trotsky, più o meno con lo stesso argomento. E hanno giustificato l’assassinio di poumisti e anarchici durante la guerra di Spagna, “perché dobbiamo difendere il fronte popolare”. Come pure, hanno anche celebrato l’ingresso dei carri armati sovietici a Berlino (1953), in Ungheria (1956), in Cecoslovacchia (1968), “per schiacciare le sollevazioni orchestrate dall’imperialismo”.
E con argomenti simili hanno difeso (o difendono) Videla, Mengistu, Idi Amin, Gheddafi, Al Assad, Mugabe, la dinastia Kim, Maduro e simili. Sempre con la stessa cantilena, “il nemico è l’imperialismo yankee”. Condita con “le esigenze di alta geopolitica mondiale”, ci mancherebbe altro.
Il risultato: hanno portato alla demoralizzazione delle masse lavoratrici e di centinaia di migliaia di militanti che hanno dato tutto per la liberazione della classe operaia. È la peggiore delle sconfitte, perché è avvenuta sul piano ideologico, e perché ha spezzato lo spirito rivoluzionario, sovversivo, critico, emancipatore che ha animato il vecchio marxismo. Con l’aggiunta, naturalmente, di coloro che si sono adattati – in cambio di viaggi e sussidi generosamente concessi da “socialismi reali” o “socialismi del XXI secolo” – e hanno giustificato qualunque cosa. Scribi senza morale né pudore, hanno superato ogni limite per rendere omaggio ai loro mandanti (vedi qui).
E dunque, affinché non ci sia alcun dubbio, sostengo che è necessario uno spartiacque nel campo del socialismo tra coloro che difendono questo tipo di regimi e coloro che sono contrari. Tra coloro che pensano che il socialismo vada costruito per mano di burocrati, milizie e borghesi aggrappati alla tetta del capitalismo di Stato; e quelli che, come noi, pensano che il socialismo sarà opera dei lavoratori stessi, organizzati sulla base di quanto decideranno. Tra coloro che credono nella pace dei cimiteri come via di costruzione del socialismo; e quelli che puntano sulla libera circolazione di idee e critiche. Tra coloro che, in nome dell’“antimperialismo”, hanno difeso ieri uno Stalin o un Videla, e oggi difendono un Ortega, un Maduro o un Assad; e coloro invece che li hanno contrastati e continuano a farlo.
La conclusione è sempre la stessa: occorre uno spartiacque. Non siamo la stessa cosa. Non può esserci alcun tipo di unità programmatica con questa gente, perché sosteniamo progetti sociali assolutamente opposti.
[*] Rolando Astarita è uno studioso marxista di economia. Insegna all’Università di Quilmes (Argentina) e di Buenos Aires.
(Traduzione di Ernesto Russo)