Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Lotta di classe, Storia del movimento operaio

Una rivoluzione nel cuore dell’Europa

Cinquant’anni fa, nel cuo­re dell’Europa, in Fran­cia, si svi­lup­pò un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che ten­ne in scac­co per due mesi le isti­tu­zio­ni bor­ghe­si facen­do vacil­la­re il regi­me. Quel­lo che vie­ne ricor­da­to come il Mag­gio fran­ce­se fu l’emblema di un ane­li­to di liber­tà che attra­ver­sò tut­to il Vec­chio Con­ti­nen­te, dell’aspirazione a un mon­do nuo­vo e a un siste­ma diver­so. Ma fu anche il sim­bo­lo di una rivo­lu­zio­ne che nes­su­no rite­ne­va pos­si­bi­le in Euro­pa. La sua evo­ca­zio­ne, anco­ra oggi, fa pau­ra ai difen­so­ri e agli apo­lo­ge­ti del capi­ta­li­smo, ter­ro­riz­za­ti non già dal pro­ta­go­ni­smo degli stu­den­ti — che infat­ti ven­go­no per­si­no guar­da­ti con una cer­ta pater­na­li­sti­ca bono­mia, e i cui diri­gen­ti di allo­ra sono sta­ti coop­ta­ti nel siste­ma con­tro cui si sca­glia­va­no — ma dall’irruzione di una gigan­te­sca mas­sa di lavo­ra­to­ri che, con i meto­di pro­pri del­la clas­se ope­ra­ia, mise­ro in discus­sio­ne il regi­me bona­par­ti­sta ponen­do la que­stio­ne del potere.
Quel pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio fu scon­fit­to. Ma le vicen­de che si svi­lup­pa­ro­no nei mesi di mag­gio e giu­gno del 1968 sono anco­ra oggi da ana­liz­za­re per appren­de­re le lezio­ni che da esse dob­bia­mo trar­re. Per que­sto, come con­tri­bu­to alla rie­vo­ca­zio­ne e alla com­me­mo­ra­zio­ne di que­gli even­ti, pub­bli­chia­mo oggi una rico­stru­zio­ne dell’intero pro­ces­so. Nei pros­si­mi gior­ni, inve­ce, pre­sen­te­re­mo ai nostri let­to­ri il reso­con­to di un pro­ta­go­ni­sta dei fat­ti che si svol­se­ro all’interno del­la fab­bri­ca Renault-Bil­lan­court, un ope­ra­io che all’epoca mili­ta­va in una del­le orga­niz­za­zio­ni tro­tski­ste pro­ta­go­ni­ste del Mag­gio francese.
Buo­na lettura.
La redazione

Una rivoluzione nel cuore dell’Europa

Cinquant’anni dopo. Cosa fu il Mag­gio francese?

Vale­rio Torre [*]

Cor­ri com­pa­gno, il vec­chio mon­do è die­tro di te!
(Slo­gan del Mag­gio 1968)

 

Dopo la fine del­la Secon­da Guer­ra Mon­dia­le e fino al 1968, i Pae­si cen­tra­li dell’Europa non ave­va­no visto ripre­sen­tar­si situa­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie. Le bor­ghe­sie euro­pee era­no con­vin­te che le rivo­lu­zio­ni fos­se­ro tur­bo­len­ze del pas­sa­to, tipi­che di epo­che sto­ri­che tra­scor­se o, tutt’al più, retag­gio di Pae­si arre­tra­ti o eso­ti­ci, come Cuba. Anche fra i mar­xi­sti non c’era mol­ta fidu­cia che potes­se­ro svi­lup­par­si situa­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie nel­le metro­po­li impe­ria­li­ste. Spet­ta­co­la­re e inat­te­so, il Mag­gio 68 fran­ce­se dimo­strò che rivo­lu­zio­ni era­no anco­ra pos­si­bi­li nel­le for­tez­ze dell’imperialismo contemporaneo.
È abba­stan­za usua­le – soprat­tut­to a “sini­stra” (si pen­si a uno dei prin­ci­pa­li diri­gen­ti stu­den­te­schi dell’epoca, quel Daniel Cohn-Ben­dit, pas­sa­to dall’anarco‑comunismo al seg­gio da euro­par­la­men­ta­re dei Ver­di e oggi con­vin­to “euro­pei­sta” e, come mem­bro del­lo “Spi­nel­li Group”[1], fau­to­re di una mag­gio­re inte­gra­zio­ne, oltre che soste­ni­to­re di Emma­nuel Macron[2]) – defi­ni­re il Mag­gio del 68 come una rivo­lu­zio­ne mera­men­te cul­tu­ra­le, che cioè ebbe al pro­prio cen­tro una tra­sfor­ma­zio­ne del­la cul­tu­ra e dei costu­mi del­la socie­tà, e dun­que come un “fal­li­men­to poli­ti­co” che andreb­be per­ciò sot­ter­ra­to. Dal can­to oppo­sto abbia­mo con­ser­va­to­ri auto­ri­ta­ri come l’ex pre­si­den­te fran­ce­se Nico­las Sar­ko­zy, che, chiu­den­do la sua vit­to­rio­sa cam­pa­gna elet­to­ra­le del 2007, defi­nì il 68 come l’evento all’origine di tut­ti i mali del­la socie­tà fran­ce­se, invi­tan­do l’eletto­rato a “liqui­dar­ne l’eredità”[3]. In mez­zo, l’attuale pre­si­den­te fran­ce­se, che ave­va fat­to tra­pe­la­re l’intenzione (poi non col­ti­va­ta) di cele­bra­re uffi­cial­men­te e in pom­pa magna il cin­quan­ten­na­le del Mag­gio del 68, con l’evidente inten­zio­ne di disin­ne­sca­re il poten­zia­le dirom­pen­te di que­gli even­ti copren­do­li con una col­tre di “uffi­cia­li­tà”.

Una rivo­lu­zio­ne politica
Noi rite­nia­mo, inve­ce, che il Mag­gio fran­ce­se sia sta­to, sostan­zial­men­te, una rivo­lu­zio­ne poli­ti­ca: una rivo­lu­zio­ne scon­fit­ta, dal momen­to che – come vedre­mo – il regi­me del­la V Repub­bli­ca soprav­vis­se agli even­ti, ma, sicu­ra­men­te, una rivo­lu­zio­ne che, come tale, aprì la stra­da a cam­bia­men­ti del­la socie­tà attra­ver­so riforme.
Sto­ri­ca­men­te, infat­ti, è il con­ser­va­to­ri­smo del­le clas­si domi­nan­ti a osta­co­la­re le rifor­me e a costi­tui­re una del­le cau­se che spin­go­no le mas­se ver­so le rivo­lu­zio­ni. Quan­do però que­ste scop­pia­no, suo­na­no – anche se scon­fit­te – come un’allerta per quel­le stes­se clas­si domi­nan­ti, che saran­no dispo­ste a fare con­ces­sio­ni per evi­ta­re un nuo­vo “cor­to cir­cui­to” nel­le rela­zio­ni politico‑sociali. E allo­ra, quan­do ciò acca­de, le rifor­me non sono ope­ra del­la con­tro­ri­vo­lu­zio­ne, ben­sì il sot­to­pro­dot­to del­la rivo­lu­zio­ne[4].
In que­sto sen­so, il Mag­gio fran­ce­se scon­fit­to aprì la stra­da a rifor­me e cam­bia­men­ti socio‑culturali pro­gres­si­vi non più rin­via­bi­li: i dirit­ti del­la don­na come il divor­zio, la lega­liz­za­zio­ne dell’aborto, la cri­mi­na­liz­za­zio­ne del­la vio­len­za dome­sti­ca, entra­ro­no nell’agenda poli­ti­ca non solo del­la Fran­cia, ma – più o meno rapi­da­men­te – di diver­si altri Pae­si; i dirit­ti dei gio­va­ni, e in par­ti­co­la­re degli stu­den­ti, ven­ne­ro ampliati.

Mani­fe­sta­zio­ne con­tro la guer­ra in Viet­nam (1° mag­gio 1968)

Non solo. Il Mag­gio fran­ce­se si svi­lup­pò nel con­te­sto di un’ondata rivo­lu­zio­na­ria inter­na­zio­na­le inscrit­ta nel qua­dro del­la pri­ma pro­fon­da cri­si dell’economia capi­ta­li­sta dal­la Secon­da guer­ra mon­dia­le, che affon­da­va le sue radi­ci nel­la reces­sio­ne scop­pia­ta nel 1966: un’ondata segna­ta da nume­ro­se insur­re­zio­ni nei pae­si colo­nia­li e dal­le gigan­te­sche mobi­li­ta­zio­ni con­tro la cri­mi­na­le guer­ra sca­te­na­ta dagli Sta­ti Uni­ti in Viet­nam, dal­la resi­sten­za degli afroa­me­ri­ca­ni negli Usa e da una cre­sci­ta dei movi­men­ti stu­den­te­schi in tut­ti i pae­si impe­ria­li­sti del mon­do; e che a sua vol­ta con­tri­buì a svi­lup­pa­re mobi­li­ta­zio­ni in tan­te par­ti del mon­do, da Rio de Janei­ro a Pra­ga, a Cit­tà del Mes­si­co, a Tori­no, a Cor­do­ba in Argen­ti­na, fino in Giap­po­ne, apren­do – per così dire – nuo­vi fron­ti di combattimento.
La dina­mi­ca aper­ta dal Mag­gio del 68 e glo­bal­men­te inte­sa, durò fino alla fine degli anni 70 e indus­se le bor­ghe­sie di diver­si Pae­si del mon­do a con­ce­de­re rifor­me sot­to la spin­ta del­la pres­sio­ne del­le mas­se e per con­te­ner­ne la por­ta­ta. Fu così che, non solo miglio­ra­ro­no i sala­ri e in gene­ra­le le con­di­zio­ni di lavo­ro, ma anche la sfe­ra cul­tu­ra­le e socia­le subì l’influsso posi­ti­vo di quel movi­men­to: il cli­ma clau­stro­fo­bi­co e sof­fo­can­te degli anni 50 e 60 fu squar­cia­to e tro­va­ro­no mag­gio­re spa­zio le riven­di­ca­zio­ni dei set­to­ri oppres­si e del­le mino­ran­ze, men­tre fasce più ampie del­la socie­tà pote­ro­no spe­ri­men­ta­re una par­te­ci­pa­zio­ne fino ad allo­ra inedita.

“Il pote­re è nel­le stra­de” (mani­fe­sta­zio­ne nel Quar­tie­re Latino)

Que­sta situa­zio­ne si pro­tras­se fino alla fine degli anni 70, quan­do comin­ciò la con­trof­fen­si­va del capi­ta­le per ripren­der­si, con gli inte­res­si, quan­to ave­va dovu­to con­ce­de­re. Ma que­sta è un’altra sto­ria, che richie­de un arti­co­lo a par­te. Sof­fer­mia­mo­ci allo­ra sul Mag­gio francese.

La novi­tà di un gio­va­ne movi­men­to studentesco
Il 68 in Fran­cia vide l’irruzione sul­la sce­na poli­ti­ca di una nuo­va e gio­va­ne gene­ra­zio­ne giun­ta alla vita adul­ta sen­za esse­re pas­sa­ta attra­ver­so la tra­ge­dia del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le, ma sul­lo sfon­do socia­le del­la cre­sci­ta eco­no­mi­ca indot­ta dal boom degli anni 60 in un regi­me poli­ti­co – quel­lo gol­li­sta del­la Quin­ta Repub­bli­ca – basa­to su un siste­ma pre­si­den­zia­le di tipo bona­par­ti­sta tut­to som­ma­to stabile.
Que­sta gio­va­ne gene­ra­zio­ne respi­ra­va un cli­ma poli­ti­co ispi­ra­to, più in gene­ra­le, alla lot­ta guer­ri­glie­ra del “Che” Gue­va­ra fino alla sua mor­te nel­la sfor­tu­na­ta spe­di­zio­ne in Boli­via e alla vit­to­rio­sa resi­sten­za del pic­co­lo “Davi­de” viet­na­mi­ta con­tro il “Golia” sta­tu­ni­ten­se; alle nume­ro­se insur­re­zio­ni nei pae­si colo­nia­li, come pure a un inci­pien­te pro­ces­so di cri­si dell’apparato sta­li­ni­sta inter­na­zio­na­le; e, più in par­ti­co­la­re, alle lot­te stu­den­te­sche svi­lup­pa­te­si coe­va­men­te in Ger­ma­nia e in Italia.
Le con­trad­di­zio­ni aper­te dal­la sco­la­riz­za­zio­ne di mas­sa in un’università domi­na­ta da un ordi­na­men­to for­te­men­te repres­si­vo apri­ro­no la stra­da al­l’apparizione di un inat­te­so feno­me­no storico‑sociale: infat­ti, le tra­sfor­ma­zio­ni nel­le socie­tà occi­den­ta­li del dopo­guer­ra, l’esplosione demo­gra­fi­ca, un’intensa urba­niz­za­zio­ne e l’accentuarsi dell’industrializzazione, deter­mi­na­ro­no l’allargamento dell’accesso all’istruzione supe­rio­re e uni­ver­si­ta­ria favo­ren­do l’ampliamento di una base stu­den­te­sca dal­le ori­gi­ni socia­li non bor­ghe­si. Il peso socia­le degli stu­den­ti si accreb­be con l’espansione del­le cit­ta­del­le uni­ver­si­ta­rie. Con­tem­po­ra­nea­men­te, l’ingresso nel mer­ca­to del lavo­ro di una mano­do­pe­ra più istrui­ta mise mag­gior­men­te in sin­to­nia, come vedre­mo, il movi­men­to stu­den­te­sco e quel­lo operaio.
Que­sto com­ples­so di ragio­ni fece sì che gli stu­den­ti ini­zias­se­ro a per­ce­pi­re la neces­si­tà del­lo scon­tro con il regime.

Lio­ne: scio­pe­ro alle offi­ci­ne tes­si­li Rho­dia­cé­ta (1967)

Uno dei luo­ghi comu­ni, per chi inten­de approc­ciar­si allo stu­dio del 68 fran­ce­se, indi­vi­dua nel­la lot­ta degli stu­den­ti il “deto­na­to­re” dell’intero pro­ces­so. Ciò è solo par­zial­men­te vero, per­ché già pri­ma del­la pro­te­sta stu­den­te­sca il cli­ma era sta­to sur­ri­scal­da­to dal movi­men­to ope­ra­io. Duran­te tut­to il 1967, mol­te e dure era­no sta­te le agi­ta­zio­ni ope­ra­ie: gli sta­bi­li­men­ti Das­sault a Bor­deaux; le offi­ci­ne tes­si­li Rho­dia­cé­ta a Besa­nçon e nel­la peri­fe­ria di Lio­ne, a Vénis­sieux; cor­tei e mani­fe­sta­zio­ni con­ta­di­ne con vio­len­ti scon­tri a Quim­per e a Mans; pro­te­ste ope­ra­ie nel­la stes­sa regio­ne; scio­pe­ro di un mese a gen­na­io 1968 a Caen nel­la fab­bri­ca Saviem, este­so­si poi alle altre offi­ci­ne del­la cit­tà. E in tut­ti que­sti casi, gli stu­den­ti si uni­ro­no alle lot­te degli operai.

Quim­per: vio­len­ti scon­tri fra poli­zia e con­ta­di­ni (1967)

E tut­ta­via, il pro­ta­go­ni­smo stu­den­te­sco ha fat­to sì che in tan­ti, anche a sini­stra, solo per­ché i set­to­ri d’avanguardia degli stu­den­ti del Mag­gio era­no com­po­sti in gran nume­ro da figli del­la bor­ghe­sia o del­la pic­co­la bor­ghe­sia, abbia­no, nel miglio­re dei casi, carat­te­riz­za­to la rivol­ta come “piccolo‑borghese”. In real­tà, l’ideologia che muo­ve­va gli stu­den­ti in oppo­si­zio­ne alla socie­tà capi­ta­li­sta del con­su­mo di mas­sa, i meto­di usa­ti nel­la lot­ta, la con­sa­pe­vo­lez­za del posto che avreb­be­ro occu­pa­to in una socie­tà che non offri­va loro altro che un futu­ro come ingra­nag­gi del capi­ta­li­smo in un mec­ca­ni­smo pro­dut­ti­vo alie­nan­te, con­fe­ri­va­no a quel­la lot­ta un carat­te­re, sia pure con­fu­sa­men­te e incon­sa­pe­vol­men­te, socia­li­sta, rivo­lu­zio­na­rio e internazionalista.

La rot­tu­ra con le orga­niz­za­zio­ni tradizionali
E dun­que, un nuo­vo movi­men­to stu­den­te­sco sce­se in piaz­za nel ’68 e, sor­pren­den­te­men­te, le sue ban­die­re era­no ros­se. Tut­ta­via, ciò che emer­se con chia­rez­za dagli even­ti che andre­mo ad ana­liz­za­re fu la rot­tu­ra con le vec­chie dire­zio­ni buro­cra­ti­che sin­da­ca­li e poli­ti­che del­lo stalinismo.
L’autorevolezza otte­nu­ta dal Pcf nel­la lot­ta con­tro l’occupazione nazi­sta era sta­ta “sacri­fi­ca­ta” sull’altare del­la sta­bi­liz­za­zio­ne del regi­me bor­ghe­se fra il 45 e il 48: come era acca­du­to in Ita­lia con Togliat­ti, il segre­ta­rio del Pcf, Mau­ri­ce Tho­rez, ebbe inca­ri­chi nei gover­ni che rico­strui­ro­no lo Sta­to borghese.
Nell’ottica del­la spar­ti­zio­ne del mon­do san­ci­ta dagli accor­di di Yal­ta, il Pcf non ave­va alcu­na inten­zio­ne di fare una rivo­lu­zio­ne in Fran­cia. La sua tat­ti­ca atten­di­sta di arti­co­la­zio­ne di allean­ze elet­to­ra­li era alla base del­la volon­tà di arri­va­re sì al pote­re, ma per via elet­to­ra­le e nel qua­dro di un gover­no di col­la­bo­ra­zio­ne di clas­se con allea­ti che tran­quil­liz­zas­se­ro la bor­ghe­sia. Ecco per­ché, quan­do il 3 mag­gio 1968 ini­zia­ro­no i disor­di­ni all’U­niversità di Nan­ter­re, l’Huma­ni­té, orga­no del Pcf, pre­se posi­zio­ne in que­sto modo: «Alcu­ni grup­pu­sco­li (anar­chi­ci, tro­tski­sti, maoi­sti, ecc.) gene­ral­men­te com­po­sti da figli del­la gran­de bor­ghe­sia … pren­do­no spun­to dal­le caren­ze gover­na­ti­ve per abban­do­nar­si a com­por­ta­men­ti vol­ti a impe­di­re il nor­ma­le fun­zio­na­men­to del­la facol­tà … Que­sti grup­pu­sco­li si ren­do­no così com­pli­ci del pote­re e del­la sua poli­ti­ca»[5].
Il movi­men­to di mas­sa nato nel Mag­gio fran­ce­se, dun­que, si svi­lup­pò total­men­te al di fuo­ri del con­trol­lo del­le orga­niz­za­zio­ni tra­di­zio­na­li del movi­men­to ope­ra­io, da quel­le comu­ni­ste a quel­le social­de­mo­cra­ti­che. E, quin­di, l’elemento che va sot­to­li­nea­to, oltre alla dimen­sio­ne di mas­sa (basti pen­sa­re che die­ci milio­ni furo­no i lavo­ra­to­ri in scio­pe­ro), è quel­lo sog­get­ti­vo del sor­ge­re di una nuo­va coscien­za cri­ti­ca nel­le avan­guar­die stu­den­te­sche e ope­ra­ie che furo­no pro­ta­go­ni­ste del­le lot­te. Nel­la sini­stra nac­que la ricer­ca di varian­ti poli­ti­che ete­ro­dos­se e alter­na­ti­ve allo sta­li­ni­smo: fu così che una mili­tan­za poli­ti­ca che non nutri­va fidu­cia nel­la sini­stra “uffi­cia­le” inte­gra­ta nel­lo Sta­to e nel­la divi­sio­ne del mon­do sca­tu­ri­ta dal dopo­guer­ra comin­ciò ad ingros­sa­re le file degli anar­chi­ci, dei maoi­sti e dei tro­tski­sti. Quel­la nuo­va gene­ra­zio­ne che face­va la sua com­par­sa sul­la sce­na poli­ti­ca, insom­ma, non era con­trol­la­ta dal­le dire­zio­ni poli­ti­che tradizionali.

Uni­ver­si­tà di Nanterre

La colos­sa­le irru­zio­ne del­la mobi­li­ta­zio­ne gio­va­ni­le, popo­la­re e ope­ra­ia che si veri­fi­cò in quel Mag­gio pro­dus­se per alcu­ne set­ti­ma­ne una pro­fon­da spac­ca­tu­ra nel­le clas­si domi­nan­ti, che si divi­se­ro fra i set­to­ri che pro­pu­gna­va­no l’uso di una dura repres­sio­ne e quel­li che inve­ce esi­ta­va­no, e la para­li­si del gover­no e del­le isti­tu­zio­ni del­lo Sta­to. Deter­mi­nò anche un dislo­ca­men­to a sini­stra di una par­te del­le clas­si medie, che anch’esse si divi­se­ro in set­to­ri più rea­zio­na­ri (i pic­co­li pro­prie­ta­ri) e gli stra­ti inter­me­di alta­men­te sco­la­riz­za­ti e salariati.

Ini­zia­no gli scontri
Per pro­te­sta­re con­tro la chiu­su­ra del­la facol­tà di let­te­re dell’Università di Nan­ter­re e impe­di­re la minac­cia di occu­pa­zio­ne da par­te di un grup­po neo­fa­sci­sta, il 3 mag­gio l’Unione degli stu­den­ti (Unef) ave­va indet­to un’assemblea alla Sor­bo­na, al ter­mi­ne del­la qua­le ven­ne occu­pa­ta l’aula del Con­si­glio dell’Università. Il ret­to­re chie­se l’intervento del­la poli­zia, che pro­ce­det­te allo sgom­be­ro e a nume­ro­si arresti.
Ma accad­de l’imprevisto: una mol­ti­tu­di­ne di stu­den­ti accer­chiò i mez­zi del­la poli­zia pro­te­stan­do viva­ce­men­te. Que­sta sol­le­va­zio­ne spon­ta­nea costi­tuì l’atto di nasci­ta del Maggio.
La poli­zia fu sor­pre­sa dall’estensione del­la pro­te­sta e sca­te­nò una vio­len­ta rea­zio­ne. Cen­ti­na­ia furo­no i feri­ti, sei­cen­to per­so­ne ven­ne­ro arre­sta­te e il gior­no suc­ces­si­vo la Fran­cia les­se sui gior­na­li i reso­con­ti del­la vio­len­za poli­zie­sca. Come abbia­mo visto, l’Huma­ni­té, orga­no del Pcf, si unì alla stam­pa di destra nel con­dan­na­re “gli agi­ta­to­ri irresponsabili”.
Men­tre il sin­da­ca­to dei pro­fes­so­ri uni­ver­si­ta­ri fece appel­lo allo scio­pe­ro gene­ra­le in tut­te le uni­ver­si­tà del Pae­se, alcu­ni degli stu­den­ti arre­sta­ti ven­ne­ro con­dan­na­ti a pene deten­ti­ve e altri a san­zio­ni pecuniarie.
Per il 6 mag­gio l’Unef con­vo­cò una mani­fe­sta­zio­ne non auto­riz­za­ta dal gover­no nel cen­tro di Pari­gi occu­pa­to dal­la poli­zia. Alle 10 del­la mat­ti­na, quan­do i mani­fe­stan­ti era­no già miglia­ia, la poli­zia lan­ciò il pri­mo assal­to con gas lacri­mo­ge­ni men­tre un cor­teo di ven­ti­mi­la per­so­ne sfi­la­va al gri­do di “libe­ra­te i nostri com­pa­gni!”. Si eres­se­ro le pri­me bar­ri­ca­te che furo­no dife­se nei vio­len­ti scon­tri con le for­ze dell’ordine, dura­ti fino a tar­da sera.

“Libe­ra­te i nostri com­pa­gni! Poli­zia fuo­ri dal quartiere!”

Il gior­no suc­ces­si­vo, la con­vo­ca­zio­ne di una nuo­va mani­fe­sta­zio­ne da par­te dell’Unef e del sin­da­ca­to dei pro­fes­so­ri uni­ver­si­ta­ri rac­col­se anco­ra una vol­ta deci­ne di miglia­ia di par­te­ci­pan­ti, cir­ca cin­quan­ta­mi­la. Non si trat­ta­va più solo di stu­den­ti, c’era l’adesione di ampi set­to­ri popo­la­ri. Il cor­teo sfi­lò di fron­te al par­la­men­to al gri­do “il pote­re è nel­le stra­de!” e ter­mi­nò all’Arco di Trion­fo, dove i mani­fe­stan­ti into­na­ro­no l’Internazionale. Quan­do i diri­gen­ti del­l’Unef invi­ta­ro­no a scio­glie­re il cor­teo, miglia­ia di mani­fe­stan­ti si rifiu­ta­ro­no ed eres­se­ro bar­ri­ca­te, scon­tran­do­si con la poli­zia fino alle tre di not­te. Intan­to, a par­ti­re dal 9 mag­gio le mobi­li­ta­zio­ni si este­se­ro ad altre cit­tà del­la Fran­cia: Nan­tes, Ren­nes, Stra­sbur­go e Tolo­sa. A Lio­ne e Digio­ne set­to­ri ope­rai si uni­ro­no alle mani­fe­sta­zio­ni stu­den­te­sche. Per il 10 mag­gio ven­ne con­vo­ca­ta un’altra mani­fe­sta­zio­ne a Pari­gi, che si rive­le­rà poi quel­la deci­si­va nel­lo svi­lup­po che ebbe il Mag­gio francese.
Alla mat­ti­na, il cor­teo degli stu­den­ti dei licei e del­le scuo­le supe­rio­ri vide la par­te­ci­pa­zio­ne di oltre cin­que­mi­la per­so­ne. Nel tar­do pome­rig­gio, un’al­tra mani­fe­sta­zio­ne ne rac­col­se oltre tren­ta­mi­la. I cor­do­ni di poli­zia impe­di­ro­no al cor­teo di diri­ger­si ver­so la Sor­bo­na e i quar­tie­ri bor­ghe­si del­la capi­ta­le. I mani­fe­stan­ti deci­se­ro di occu­pa­re il Quar­tie­re Lati­no, difen­den­do­lo con le bar­ri­ca­te. In quest’occasione, De Gaul­le com­mi­se un atto di super­bia, sca­te­nan­do con­tro gli occu­pan­ti il cor­po del­la Crs, la fami­ge­ra­ta poli­zia anti­som­mos­sa fran­ce­se, che si abban­do­nò a vio­len­ze inau­di­te: l’idea era di stron­ca­re una vol­ta per tut­te le mobi­li­ta­zio­ni pri­ma che diven­tas­se­ro incontrollabili.
Agli scon­tri con i cor­pi arma­ti, oltre ai mili­tan­ti di diver­se orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che, par­te­ci­pa­ro­no cen­ti­na­ia di gio­va­ni sen­za nes­su­na appar­te­nen­za poli­ti­ca e abi­tan­ti del quar­tie­re che lascia­ro­no le pro­prie case per aiu­ta­re a costrui­re le bar­ri­ca­te. Deci­ne di auto­mo­bi­li ven­ne­ro date alle fiam­me per resi­ste­re alle cari­che del­la poli­zia, costret­ta più e più vol­te a retro­ce­de­re sot­to il fuo­co di bot­ti­glie molo­tov e pie­tre. L’ultima bar­ri­ca­ta ver­rà distrut­ta solo alle 5:30 del­la mat­ti­na suc­ces­si­va. Tut­ta la Fran­cia fu infor­ma­ta in tem­po rea­le sul­lo svol­gi­men­to del­la bat­ta­glia cam­pa­le not­tur­na gra­zie alle radio che la tra­smet­te­va­no dal vivo.

Bar­ri­ca­te nel Quar­tie­re Latino

Lo svi­lup­po degli even­ti e la spin­ta dei set­to­ri ope­rai più gio­va­ni che comin­cia­va­no a mani­fe­sta­re soli­da­rie­tà ver­so il movi­men­to costrin­se­ro le buro­cra­zie poli­ti­che e sin­da­ca­li a cam­bia­re l’atteggiamento di con­dan­na tenu­to fino ad allo­ra: così, la Cgt, il sin­da­ca­to lega­to al Pcf, deci­se di pro­cla­ma­re, insie­me ad altre orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li, uno scio­pe­ro gene­ra­le per il 13 mag­gio. Natu­ral­men­te, l’obiettivo non era quel­lo di appro­fon­di­re la cri­si, ben­sì di gover­na­re la dina­mi­ca del­la situa­zio­ne in atto.
Intan­to, nono­stan­te il ten­ta­ti­vo del gover­no di alleg­ge­ri­re la pres­sio­ne decre­tan­do il riti­ro del­la poli­zia dal­la Sor­bo­na, la ria­per­tu­ra dell’Università e la revi­sio­ne del­le sen­ten­ze di con­dan­na degli stu­den­ti arre­sta­ti nei disor­di­ni, il livel­lo del­lo scon­tro con­ti­nua­va ad alzar­si: la Sor­bo­na si pro­cla­mò auto­no­ma, men­tre ven­ne­ro occu­pa­ti alcu­ni loca­li di una sede distaccata.

Scio­pe­ro gene­ra­le e occu­pa­zio­ne del­le fabbriche
Il gior­no del­lo scio­pe­ro gene­ra­le un cor­teo di un milio­ne di per­so­ne sfi­lò per le stra­de di Pari­gi, e altre cen­ti­na­ia di miglia­ia in altre cit­tà del Pae­se, in soli­da­rie­tà con gli stu­den­ti e con­tro il governo.

L’o­cea­ni­ca mani­fe­sta­zio­ne del 13 mag­gio 1968 a Parigi

Fu l’annuncio di un’onda­ta ancor più gran­de, quel­la del­lo scio­pe­ro a tem­po inde­ter­mi­na­to, ma pur­trop­po un’ondata sen­za dire­zio­ne, sen­za una pro­po­sta con­cre­ta di solu­zio­ne poli­ti­ca per la cri­si. Per quan­to il pote­re gol­li­sta fos­se mes­so in discus­sio­ne, De Gaul­le stes­so si sen­ti­va tran­quil­lo al pun­to di par­ti­re, il gior­no dopo, per un viag­gio uffi­cia­le in Romania.
Ma le fasci­ne che si era­no anda­te accu­mu­lan­do nel cor­so dei gior­ni a un cer­to pun­to pre­se­ro fuo­co. Il pome­rig­gio del­lo stes­so 14 mag­gio gli ope­rai del­la Sud‑Aviation di Nan­tes, una fab­bri­ca sta­ta­le con due­mi­la otto­cen­to lavo­ra­to­ri, deci­se­ro di occu­pa­re l’opificio seque­stran­do la dire­zio­ne: sul­lo sta­bi­li­men­to ven­ne issa­ta la ban­die­ra rossa.

Posto di guar­dia alla Sud-Avia­tion occupata

Il gior­no dopo, men­tre l’organo del Pcf, l’Huma­ni­té, cer­ca­va di mini­miz­za­re l’avvenimento dedi­can­do­gli poche righe, più di quat­tro­mi­la ope­rai del­la Renault di Cléon, alla peri­fe­ria di Rouen, segui­ro­no l’esempio dei loro com­pa­gni del­la Sud‑Aviation occu­pan­do la fab­bri­ca e seque­stran­do­ne i diri­gen­ti. Con­tem­po­ra­nea­men­te, furo­no occu­pa­ti diver­si licei e per­si­no il tea­tro Odeon, dinan­zi al qua­le ven­ne posto un gran­de car­tel­lo con lo slo­gan “Quan­do il par­la­men­to diven­ta un tea­tro bor­ghe­se, tut­ti i tea­tri bor­ghe­si devo­no diven­ta­re un parlamento!”.

L’esterno del Tea­tro Odeon occu­pa­to (Foto Eric Koch-Anefo) …

 

… e il suo interno

L’indomani, le occu­pa­zio­ni si mol­ti­pli­ca­ro­no: deci­ne di fab­bri­che in tut­to il Pae­se ven­ne­ro occu­pa­te, com­pre­sa la Renault di Flins (undi­ci­mi­la lavo­ra­to­ri) e quel­la di Bil­lan­court, alla peri­fe­ria di Pari­gi, uno sta­bi­li­men­to con tren­ta­cin­que­mi­la dipen­den­ti. I comi­ta­ti stu­den­te­schi anda­ro­no nel­le fab­bri­che occu­pa­te per entra­re in con­tat­to con quel­li ope­rai, men­tre le buro­cra­zie sin­da­ca­li ten­ta­va­no inu­til­men­te di impe­di­re l’incontro.
Da que­sto momen­to in poi, il Pae­se fu bloc­ca­to, con die­ci milio­ni di lavo­ra­to­ri in scio­pe­ro, deci­ne e deci­ne di uni­ver­si­tà, scuo­le e fab­bri­che (ben cen­to­ven­ti­due!) occu­pa­te, e – quel che è più rile­van­te – un’importante sal­da­tu­ra fra la clas­se ope­ra­ia e la gio­ven­tù. Gli scio­pe­ri e le occu­pa­zio­ni si este­se­ro alla Sncf (le fer­ro­vie del­lo Sta­to fran­ce­si) e alle azien­de dei tra­spor­ti del­la regio­ne di Pari­gi, alla Air Fran­ce e alle impre­se metal­lur­gi­che, all’emitten­te nazio­na­le Ortf, i cui gior­na­li­sti incro­cia­ro­no le brac­cia con­tro l’imposizione gover­na­ti­va di … non dare noti­zie sugli scio­pe­ri e le occu­pa­zio­ni di fab­bri­che. La para­li­si eco­no­mi­ca si accen­tuò con il bloc­co del­le Poste e tele­co­mu­ni­ca­zio­ni, e lo scio­pe­ro dei set­to­ri chi­mi­co, tes­si­le e del­le impre­se Peu­geot, Miche­lin, Citroën, del­la fun­zio­ne pub­bli­ca, del­le ban­che, del­le assi­cu­ra­zio­ni e dei gran­di magaz­zi­ni. Ven­ne­ro occu­pa­te le sedi dell’Ordine dei medi­ci e di quel­lo degli archi­tet­ti. Stes­sa sor­te subì la Scuo­la di Bel­le Arti ad ope­ra degli stu­den­ti e dei pit­to­ri che la tra­sfor­ma­ro­no in un cen­tro per la pro­du­zio­ne di miglia­ia di poster di appog­gio al movi­men­to. I cal­cia­to­ri pro­fes­sio­ni­sti occu­pa­ro­no la sede del­la Fede­ra­zio­ne cal­ci­sti­ca. Ini­zia­ro­no a scar­seg­gia­re i car­bu­ran­ti e le der­ra­te alimentari.
Cer­to, il gover­no gode­va anco­ra dell’appoggio di set­to­ri di clas­se media e, soprat­tut­to, pote­va con­ta­re sull’esercito. Ma dei 168.000 sol­da­ti, ben 120.000 era­no di leva e alcu­ni set­to­ri mani­fe­sta­va­no una cer­ta sim­pa­tia per gli scio­pe­ran­ti. L’unico nucleo duro degli appa­ra­ti repres­si­vi di cui l’esecutivo pote­va fidar­si era­no i ter­ri­bi­li Crs e i gen­dar­mi, cor­pi edu­ca­ti alle idee fasci­ste e rea­zio­na­rie; ma una cosa era sca­te­nar­li con­tro stu­den­ti disar­ma­ti e un’altra lan­ciar­li con­tro una mas­sa enor­me di lavo­ra­to­ri orga­niz­za­ti. Per que­sto, il gover­no restò total­men­te paralizzato.

Fab­bri­ca occu­pa­ta nel sud del­la Francia

Ini­zia­ro­no le mano­vre del­le buro­cra­zie sin­da­ca­li e poli­ti­che per ten­ta­re di tro­va­re una solu­zio­ne nego­zia­ta alla cri­si: i sin­da­ca­ti Cgt e Cfdt sti­la­ro­no una piat­ta­for­ma riven­di­ca­ti­va in cin­que pun­ti. Ma l’onda di pro­te­ste non accen­na­va a pla­car­si: il 24 mag­gio una nuo­va not­te di bar­ri­ca­te e scon­tri, men­tre fu appic­ca­to il fuo­co alla Bor­sa. Scon­tri anche a Bor­deaux, Stra­sbur­go, Nan­tes e Tolosa.

Dagli accor­di di Gre­nel­le alle pri­me con­trad­di­zio­ni del movimento
Intan­to, il 25 mag­gio, pres­so il mini­ste­ro del Lavo­ro situa­to in Rue de Gre­nel­le, par­ti­ro­no i nego­zia­ti fra sin­da­ca­ti, padro­na­to e gover­no che dura­ro­no due giorni.

La fir­ma degli accor­di di Grenelle

Ter­mi­na­to l’incontro e rag­giun­ta un’intesa che di fat­to non acco­glie­va le rea­li riven­di­ca­zio­ni dei lavo­ra­to­ri, ma con­ce­de­va sol­tan­to un aumen­to dei sala­ri del 10%, il 27 mag­gio i diri­gen­ti sin­da­ca­li si pre­sen­ta­ro­no alla Renault di Bil­lan­court chie­den­do agli ope­rai di appro­va­re quel­li che furo­no chia­ma­ti “gli accor­di di Gre­nel­le”. Ma la loro spoc­chio­sa sicu­rez­za di otte­ne­re il via libe­ra dei lavo­ra­to­ri si infran­se con­tro l’unanime volon­tà dell’assemblea che respin­se l’accordo al gri­do di “Ne signez pas!” (“Non fir­ma­te!”). La sce­na si ripe­té – fra la sor­pre­sa del­le buro­cra­zie sin­da­ca­li – in tut­te le fab­bri­che occu­pa­te, che vota­ro­no per la pro­se­cu­zio­ne del­lo sciopero.

“Pro­se­guia­mo l’a­zio­ne!” (27 mag­gio 1968)

Il Pcf, che si era oppo­sto allo scio­pe­ro e ave­va attac­ca­to vio­len­te­men­te il movi­men­to stu­den­te­sco, deci­se di arti­co­la­re su due ver­san­ti una stra­te­gia per disar­ma­re l’ormai incon­trol­la­bi­le pro­te­sta: su quel­lo sin­da­ca­le, difen­den­do a spa­da trat­ta, attra­ver­so la Cgt, l’accordo sala­ria­le e soste­nen­do la neces­si­tà che la trat­ta­ti­va doves­se avve­ni­re set­to­re per set­to­re e azien­da per azien­da (ciò con l’evidente sco­po di divi­de­re il movi­men­to ope­ra­io); sul ver­san­te poli­ti­co, appro­fit­tan­do dell’ambiguità del­la riven­di­ca­zio­ne “gover­no popo­la­re” avan­za­ta dal­le assem­blee nel­le fab­bri­che occu­pa­te e appro­prian­do­se­ne per pie­gar­la alle pro­prie esi­gen­ze attra­ver­so la ben diver­sa paro­la d’ordine “gover­no popo­la­re e di unio­ne demo­cra­ti­ca a par­te­ci­pa­zio­ne comu­ni­sta”. Era fin trop­po chia­ra l’intenzione di are­na­re sugli sco­gli del­le ele­zio­ni l’aspirazione del­le mas­se a un altro gover­no e un’altra società.
E fu esat­ta­men­te per que­sta ragio­ne che la Cgt con­vo­cò per il 29 mag­gio una mani­fe­sta­zio­ne – alla qua­le par­te­ci­pa­ro­no otto­cen­to­mi­la per­so­ne – in cui ven­ne rilan­cia­ta appun­to que­sta rivendicazione.

Mani­fe­sta­zio­ne del 29 maggio

 

“Gover­no popo­la­re, Sì! Mit­ter­rand, No!”: mani­fe­sta­zio­ne del 29 mag­gio (AFP PHOTO/UP)

Come si vede, il qua­dro era muta­to: le cre­pe e le con­trad­di­zio­ni che si era­no aper­te nel movi­men­to di lot­ta gra­zie all’opera di pom­pie­rag­gio del­le buro­cra­zie e alla man­can­za di un’influente dire­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria die­de­ro la spin­ta al regi­me gol­li­sta, fino ad allo­ra sot­to scac­co, per ripren­de­re l’offensiva e ini­zia­re a rea­gi­re. De Gaul­le orga­niz­zò in gran segre­to un viag­gio lam­po in Ger­ma­nia, a Baden Baden – dove, dal­la fine del­la Secon­da Guer­ra Mon­dia­le, era­no di stan­za le trup­pe fran­ce­si di occu­pa­zio­ne agli ordi­ni del gene­ra­le Jac­ques Mas­su – per assi­cu­rar­si il loro inter­ven­to in caso di biso­gno. Per­fi­no i mem­bri del suo entou­ra­ge furo­no tenu­ti all’oscuro del viag­gio e del suo scopo.
In pro­po­si­to, uno sto­ri­co e gior­na­li­sta fran­ce­se, Henri‑Christian Giraud, ha docu­men­ta­to in un libro pub­bli­ca­to alcu­ni anni fa e inti­to­la­to L’Accord secret de Baden‑Baden, com­ment de Gaul­le et les Sovié­ti­ques ont mis fin à Mai 68[6], che nel cor­so del viag­gio segre­to in Ger­ma­nia De Gaul­le avreb­be rice­vu­to il via libe­ra dal Crem­li­no – a con­di­zio­ne di rispet­ta­re il pat­to che lo lega­va all’Unione Sovie­ti­ca dal­la fine del­la guer­ra – per agi­re a sua discre­zio­ne, anche uti­liz­zan­do le for­ze arma­te, men­tre i diri­gen­ti sovie­ti­ci si sareb­be­ro inca­ri­ca­ti di ordi­na­re al Pcf di far rien­tra­re ad ogni costo la pro­te­sta nei ran­ghi[7].

Dopo la para­li­si De Gaul­le ripren­de l’iniziativa. Il riflusso
Il 30 mag­gio, rien­tra­to in Fran­cia, De Gaul­le orga­niz­zò una mani­fe­sta­zio­ne nazio­na­le a soste­gno del regi­me: cir­ca un milio­ne di per­so­ne sfi­lò sugli Champs-Ely­sées. È una costan­te sto­ri­ca: quan­do in una cri­si rivo­lu­zio­na­ria la clas­se ope­ra­ia ten­ten­na, la media e la pic­co­la bor­ghe­sia con­ser­va­tri­ce si rior­ga­niz­za­no e pas­sa­no alla controffensiva.

Mani­fe­sta­zio­ne dei gollisti

 

Mani­fe­sta­zio­ne di soste­gno a De Gaul­le a Limoges

Lo stes­so gior­no, De Gaul­le annun­ciò alla radio lo scio­gli­men­to del par­la­men­to e l’indizione di nuo­ve ele­zio­ni. Al cen­tro del suo discor­so la minac­cio­sa alter­na­ti­va “O me o il caos”. E il Pcf, che non vede­va l’ora di ripor­ta­re quel “caos” sui bina­ri isti­tu­zio­na­li del­le ele­zio­ni, scel­se, appun­to, … De Gaul­le, nel sen­so che deci­se che lo sboc­co elet­to­ra­le era l’unica stra­da per risol­ve­re la crisi.
Lo pro­va­no le dichia­ra­zio­ni di Robert Bal­lan­ger, pre­si­den­te del grup­po comu­ni­sta in par­la­men­to: «Cal­mi e fidu­cio­si nel­la loro for­za, i lavo­ra­to­ri con­ti­nue­ran­no a difen­de­re le riven­di­ca­zio­ni per le qua­li sono in scio­pe­ro. Essi par­te­ci­pe­ran­no dun­que con anco­ra più ener­gia e fidu­cia alla cam­pa­gna elet­to­ra­le per bat­te­re il pote­re gol­li­sta». Il sen­so era chia­ro: lo scio­pe­ro dove­va esse­re pura­men­te riven­di­ca­ti­vo, nes­su­na paro­la d’ordine poli­ti­ca dove­va esse­re avan­za­ta nel­la pre­pa­ra­zio­ne del­le ele­zio­ni volu­te da De Gaul­le. E lo riba­dì l’Huma­ni­té del 31 mag­gio: «Il par­ti­to comu­ni­sta andrà a que­ste ele­zio­ni espo­nen­do il suo pro­gram­ma di pro­gres­so e pace nell’indipenden­za nazio­na­le e la sua poli­ti­ca di unio­ne di tut­te le for­ze demo­cra­ti­che».
Le clas­si domi­nan­ti com­pren­de­va­no bene l’impegno degli sta­li­ni­sti del Pcf e del­la loro buro­cra­zia sin­da­ca­le a man­te­ne­re lo sta­tus quo e, feli­ci­tan­do­se­ne, lo espres­se­ro a chia­re let­te­re. Ray­mond Aron, notis­si­mo intel­let­tua­le e edi­to­ria­li­sta con­ser­va­to­re, scris­se su Le Figa­ro del 4 giu­gno in un arti­co­lo signi­fi­ca­ti­va­men­te inti­to­la­to “Dopo la tem­pe­sta”: «In nes­sun momen­to il par­ti­to comu­ni­sta e la Cgt han­no inci­ta­to alla som­mos­sa, … non han­no volu­to abbat­te­re il pote­re gol­li­sta … Subi­to dopo il discor­so del pre­si­den­te, [il Pcf] ha disin­ne­sca­to la bom­ba accon­sen­ten­do ad ele­zio­ni che ha ben poche spe­ran­ze di vin­ce­re».

Il pre­si­den­te De Gaul­le par­la alla radio

Dun­que, davan­ti al pote­re gol­li­sta si aprì un’autostrada e ini­zia­ro­no paral­le­la­men­te repres­sio­ne poli­zie­sca e riflus­so del movi­men­to, nono­stan­te altre mani­fe­sta­zio­ni al gri­do “Élec­tions, tra­hi­son!” (“Ele­zio­ni, tra­di­men­to!”). Il 5 giu­gno ripre­se il lavo­ro dei mina­to­ri, dei dipen­den­ti sta­ta­li e side­rur­gi­ci; il 6 tor­na­ro­no al lavo­ro i fer­ro­vie­ri, men­tre il 7 la poli­zia anti­som­mos­sa sgom­be­rò con la for­za e occu­pò mili­tar­men­te la Renault di Flins: si veri­fi­ca­ro­no vio­len­ti scon­tri che si ripe­te­ro­no il 10 quan­do i poli­ziot­ti ucci­se­ro un gio­va­ne stu­den­te facen­do­lo anne­ga­re nel­la Sen­na. Altri scon­tri l’11 giu­gno davan­ti alle offi­ci­ne del­la Peu­geot a Sochaux, in cui ven­ne­ro ucci­si due ope­rai. Vio­len­te mani­fe­sta­zio­ni a Pari­gi e in altre cit­tà, ma il gior­no suc­ces­si­vo ripre­se­ro i cor­si nei licei, men­tre il gover­no mise fuo­ri leg­ge per decre­to tut­te le orga­niz­za­zio­ni dell’estrema sinistra.

I fune­ra­li di Pier­re Bey­lot e Hen­ri Blan­chet, i due ope­rai del­la Peu­geot a Sochaux assas­si­na­ti dal­la polizia

A par­ti­re dal 14 giu­gno, len­ta­men­te ripre­se il lavo­ro nel­la mag­gior par­te del­le impre­se e fab­bri­che occu­pa­te. Gli ulti­mi bastio­ni a cade­re furo­no due degli emble­mi del Mag­gio: il 17 giu­gno ven­ne sgom­bra­ta la Sor­bo­na e nei set­te gior­ni suc­ces­si­vi tor­na­ro­no al lavo­ro tut­te le fab­bri­che auto­mo­bi­li­sti­che, le ulti­me ad abban­do­na­re la lotta.
Le ele­zio­ni del 23 e 30 giu­gno con­se­gna­ro­no la vit­to­ria a De Gaul­le e ai suoi allea­ti del­la destra. La clas­se ope­ra­ia rifiu­tò di vota­re il Pcf, che infat­ti per­se ben 600.000 voti. Il gran­de movi­men­to che ave­va tenu­to in scac­co il pote­re bor­ghe­se era com­ple­ta­men­te smobilitato.

Le lezio­ni del Mag­gio: la que­stio­ne del potere
Qua­li lezio­ni pos­sia­mo trar­re dagli even­ti che abbia­mo sin­te­ti­ca­men­te descrit­to nel loro tumul­tuo­so succedersi?
Innan­zi­tut­to, come abbia­mo già det­to, il Mag­gio fran­ce­se fu, sostan­zial­men­te, una rivo­lu­zio­ne poli­ti­ca, cioè un pro­ces­so di ribel­lio­ne popo­la­re e ope­ra­ia svi­lup­pa­to­si in rot­tu­ra con le vec­chie dire­zio­ni buro­cra­ti­che sin­da­ca­li e poli­ti­che del­lo sta­li­ni­smo e, quin­di, total­men­te al di fuo­ri del con­trol­lo del­le orga­niz­za­zio­ni tra­di­zio­na­li comu­ni­ste e social­de­mo­cra­ti­che del movi­men­to ope­ra­io. Quan­do la lot­ta di clas­se si fece spa­zio irrom­pen­do nel­la dina­mi­ca di mas­sa attra­ver­so la brec­cia aper­ta dal­le pro­te­ste stu­den­te­sche, ven­ne­ro oscu­ra­te le tesi (anche allo­ra in voga) che rin­ne­ga­va­no la cen­tra­li­tà ope­ra­ia e secon­do cui la clas­se lavo­ra­tri­ce era sta­ta del tut­to inte­gra­ta nel siste­ma capi­ta­li­sti­co e si era “imbor­ghe­si­ta”. Rapi­da­men­te, quel­lo che pare­va un con­flit­to tra gli stu­den­ti e le isti­tu­zio­ni si tra­sfor­mò in una situa­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria. Il Pae­se cad­de nel­la para­li­si, la bor­ghe­sia si divi­se, il gover­no era impo­ten­te e i sin­da­ca­ti ave­va­no per­so il con­trol­lo sui lavo­ra­to­ri. Ci fu real­men­te la pos­si­bi­li­tà per la clas­se ope­ra­ia di rove­scia­re nell’immediato il gover­no, e in pro­spet­ti­va il regi­me capi­ta­li­sta. Si trat­tò, tut­ta­via, di una rivo­lu­zio­ne che fu scon­fit­ta dal com­bi­na­to dispo­sto del poten­te fre­no del­la buro­cra­zia sin­da­ca­le e poli­ti­ca fon­da­ta sull’enorme peso dell’apparato sta­li­ni­sta, da un lato; e, dall’al­tro, del­la man­can­za di una con­se­guen­te dire­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria con influen­za di mas­sa nel movi­men­to operaio.
Si è mol­to par­la­to del Mag­gio 68 come di un pro­ces­so “spon­ta­neo” e si è posto l’accento sull’aspetto del­la spon­ta­nei­tà per depri­va­re quel pro­ces­so del­la vio­len­ta cari­ca anti­ca­pi­ta­li­sta che ebbe. In real­tà, il movi­men­to stu­den­te­sco, che in par­te fu, come abbia­mo det­to, il deto­na­to­re del­la dina­mi­ca, fu anche, nel suo insie­me, sen­si­bi­le a un cer­to “spon­ta­nei­smo”, oltre che attra­ver­sa­to da idee anar­chi­che e “ter­zo­mon­di­ste” per le qua­li la clas­se ope­ra­ia era “cor­rot­ta” dal siste­ma bor­ghe­se e il nemi­co era “la socie­tà con­su­mi­sta” più che il capi­ta­li­smo: ciò fece sì che mol­ti degli stu­den­ti non fos­se­ro affat­to incli­ni a per­se­gui­re le riven­di­ca­zio­ni eco­no­mi­che che pur sem­pre costi­tui­va­no par­te del­la piat­ta­for­ma ope­ra­ia, e inve­ce foca­liz­zas­se­ro la loro azio­ne sul­la “con­te­sta­zio­ne”, la “dis­sa­cra­zio­ne”, la “lot­ta con­tro l’autorità”.
Ciò che inve­ce era tutt’altro che spon­ta­neo era l’attività di quel­li che veni­va­no spre­gia­ti­va­men­te defi­ni­ti “grup­pu­sco­li”, soprat­tut­to i tro­tski­sti, che dopo anni di pro­pa­gan­da rivo­lu­zio­na­ria, di mobi­li­ta­zio­ni e lot­te soste­nu­te, por­ta­ro­no la “spon­ta­nei­tà” del movi­men­to stu­den­te­sco a un livel­lo di matu­ri­tà poli­ti­ca note­vo­le. E fu pro­prio que­sta matu­ri­tà poli­ti­ca a mani­fe­star­si “spon­ta­nea­men­te” la not­te del 3 mag­gio e nel­le set­ti­ma­ne successive.
Non­di­me­no, pur rico­no­scen­do al movi­men­to stu­den­te­sco un ruo­lo di enor­me impor­tan­za nel­lo svi­lup­po del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio[8], va riaf­fer­ma­to con for­za che fu il pro­ta­go­ni­smo del­la clas­se ope­ra­ia a met­te­re in cri­si il regi­me[9]: fu la para­li­si dell’economia capi­ta­li­sti­ca l’elemento deter­mi­nan­te che fece bar­col­la­re il siste­ma. Cer­to, quel­lo che stu­den­ti e ope­rai fran­ce­si – inte­si come un uni­co movi­men­to – sape­va­no era che vole­va­no rove­scia­re De Gaul­le[10], non c’e­ra sul tavo­lo un auten­ti­co pia­no per rove­scia­re il siste­ma e impor­re un gover­no ope­ra­io. Ma la que­stio­ne del pote­re fu real­men­te posta dal­la poten­te azio­ne dei lavo­ra­to­ri: un’azione che asse­stò un vio­len­to col­po alla domi­na­zio­ne bor­ghe­se sul­la socie­tà, che fu sul pun­to di crollare.
E tut­ta­via, alla que­stio­ne del pote­re si rifiu­ta­ro­no di rispon­de­re i diri­gen­ti uffi­cia­li del movi­men­to ope­ra­io, che fece­ro di tut­to, dopo aver calun­nia­to l’avanguardia stu­den­te­sca[11], per sepa­rar­la e iso­lar­la dal­la clas­se ope­ra­ia che essi con­trol­la­va­no, con l’obiettivo di ste­ri­liz­za­re così e con­trol­la­re la pul­sio­ne di lot­ta di que­sta. Fu per tale moti­vo che il regi­me vacil­lò sol­tan­to, ma non cad­de, sal­va­to dal­la buro­cra­zia sin­da­ca­le e poli­ti­ca com­po­sta da quei diri­gen­ti. Il pro­ta­go­ni­smo stu­den­te­sco, e soprat­tut­to ope­ra­io, non bastò. Quel che man­cò fu, appun­to, un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio con influen­za di mas­sa che potes­se diri­ge­re l’intero movi­men­to con­tra­stan­do l’azione di fre­no del Pcf e del­la Cgt; man­ca­ro­no insom­ma le con­di­zio­ni sog­get­ti­ve del­la rivo­lu­zio­ne[12].
Com’è noto, le con­di­zio­ni ogget­ti­ve del­la rivo­lu­zio­ne non le deter­mi­nia­mo noi; ma quel­le sog­get­ti­ve, cioè la costru­zio­ne di par­ti­ti rivo­lu­zio­na­ri con influen­za di mas­sa, sì: quel­le rica­do­no sul­le nostre anco­ra debo­li brac­cia. Eppu­re, pro­prio per­ché il Vec­chio Con­ti­nen­te è ades­so il cen­tro del­la cri­si capi­ta­li­sti­ca, dob­bia­mo oggi, nono­stan­te que­sta debo­lez­za, adem­pie­re in tut­ta Euro­pa a que­sto com­pi­to sto­ri­co: quel­lo del­la costru­zio­ne di un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio e di un’Internazionale rivo­lu­zio­na­ria. Un com­pi­to neces­sa­rio per­ché una nuo­va rivo­lu­zio­ne sia pos­si­bi­le in que­sto con­ti­nen­te. E che, ripren­den­do e ampli­fi­can­do la cari­ca del Mag­gio fran­ce­se, sia oggi, a dif­fe­ren­za di allo­ra, final­men­te vittoriosa.

“Cor­ri com­pa­gno, il vec­chio mon­do è die­tro di te”


Note

[1] Aggre­ga­zio­ne che si richia­ma agli idea­li di Altie­ro Spi­nel­li e che van­ta il sup­por­to di quel­le che ven­go­no defi­ni­te «per­so­na­li­tà eccel­se del­la poli­ti­ca euro­pea, tra le qua­li … Mario Mon­ti e Roma­no Pro­di» (sic!), (The Spi­nel­li Group).
[2] “Cohn‑Bendit, Castro, July… Ces anciens de mai 68 qui mar­chent avec Macron”, Challenge(s), 22/3/2018, (https://bit.ly/2LVuOyZ).
[3] Appa­ren­te­men­te, le due posi­zio­ni sono diver­gen­ti, ma di fat­to c’è asso­lu­ta con­ver­gen­za di giu­di­zio fra l’ex anar­chi­co, lea­der del­le pro­te­ste stu­den­te­sche di allo­ra e oggi fede­le ser­vi­to­re dell’Europa capi­ta­li­sta, e il pic­co­lo neo­gol­li­sta amma­la­to di manie bona­par­ti­ste, ben­ché cadu­to in disgrazia.
[4] V. Arca­ry, “Maio de 68: a últi­ma onda revo­lu­cio­na­ria que atin­giu o cen­tro do capi­ta­li­smo”, Acta Scien­tia­rum, UEM, vol. 30, n. 2, p. 203 e s.
[5] Ripor­ta­to da Le Nou­vel Obser­va­teur, “Affron­te­men­ts du 3 mai: la gau­che est divi­sée”, 5 mag­gio 1968, (https://bit.ly/2Jd5Kls). In un arti­co­lo pub­bli­ca­to due gior­ni pri­ma, il 3 mag­gio, su L’Humanité, Geor­ges Mar­chais – che sareb­be in segui­to diven­ta­to segre­ta­rio gene­ra­le del Pcf – ave­va defi­ni­to gli stu­den­ti pro­ta­go­ni­sti di quei disor­di­ni dei «fal­si rivo­lu­zio­na­ri da sma­sche­ra­re».
[6] “L’accordo segre­to di Baden‑Baden, come De Gaul­le e i sovie­ti­ci han­no posto fine al Mag­gio 68”.
[7] Nel libro di Giraud vie­ne rico­strui­to il sim­me­tri­co viag­gio del coman­dan­te in capo del­le trup­pe sovie­ti­che di stan­za in Ger­ma­nia Orien­ta­le, mare­scial­lo Koche­voï, che il gior­no pri­ma dell’arrivo di De Gaul­le ave­va avu­to un lun­go incon­tro col coman­dan­te del­le for­ze fran­ce­si in Ger­ma­nia Ove­st, gene­ra­le Mas­su: a ripro­va dei con­tat­ti costan­ti tra il Crem­li­no e l’Eliseo e di una stra­te­gia concordata.
[8] In par­ti­co­la­re, l’“incontro” tra gli stu­den­ti e il gio­va­ne pro­le­ta­ria­to di fab­bri­ca fu deci­si­vo per­ché si pro­du­ces­se quel­la sal­da­tu­ra tra i due set­to­ri di quel­lo che sareb­be poi sta­to un movi­men­to uni­fi­ca­to. Fu, infat­ti, gra­zie all’azione poli­ti­ca del­le avan­guar­die poli­ti­che degli stu­den­ti davan­ti ai luo­ghi di lavo­ro che si creò quel cli­ma di soli­da­rie­tà dif­fu­sa ver­so di loro in seno al movi­men­to ope­ra­io, come testi­mo­nia­no le mani­fe­sta­zio­ni con­giun­te di Lio­ne e Digio­ne del 6 mag­gio. Tut­ta­via, non va dimen­ti­ca­to che, al di là di quel­le pic­co­le avan­guar­die poli­ti­ciz­za­te, l’insieme del movi­men­to stu­den­te­sco era influen­za­to in gran­de misu­ra dall’ideologia di quel­la cor­ren­te deno­mi­na­ta New Left, cui si ispi­ra­va­no i prin­ci­pa­li diri­gen­ti gio­va­ni­li del movi­men­to, che pre­di­ca­va­no – e pra­ti­ca­va­no – la “este­ti­ca del­la sov­ver­sio­ne”. La stes­sa “bat­ta­glia not­tur­na” del Quar­tie­re Lati­no, di cui abbia­mo det­to nel testo e che ave­va come obiet­ti­vo la rioc­cu­pa­zio­ne del­la Sor­bo­na, fu una pro­va avven­tu­ri­sta e sen­za alcu­na pro­spet­ti­va: le for­ze dell’apparato repres­si­vo del­lo Sta­to, arma­te fino ai den­ti, era­no sover­chian­ti rispet­to a gio­va­ni che pote­va­no solo costrui­re pre­ca­rie bar­ri­ca­te inca­pa­ci di resi­ste­re al fero­ce assal­to dei fami­ge­ra­ti Crs. Il mat­ti­no dopo, a Cohn‑Bendit non restò che fare appel­lo alle orga­niz­za­zio­ni del movi­men­to ope­ra­io per­ché scen­des­se­ro in piaz­za con­tro la repres­sio­ne. E fu così che cen­ti­na­ia di miglia­ia di lavo­ra­to­ri – con­sa­pe­vo­li che, se il movi­men­to stu­den­te­sco fos­se sta­to schiac­cia­to, l’offensiva del­lo Sta­to si sareb­be poi rivol­ta con­tro di loro – fece­ro irru­zio­ne con i meto­di pro­pri del­la clas­se ope­ra­ia nel­la pro­te­sta popo­la­re e stu­den­te­sca dan­do­le un’impronta classista.
[9] Insom­ma, può ben dir­si che, ben­ché cer­ta­men­te ispi­ra­ta dal movi­men­to stu­den­te­sco, l’entrata in sce­na dei lavo­ra­to­ri ave­va la sua pro­pria (e ben dif­fe­ren­te) dina­mi­ca (C. Har­man, The fire last time: 1968 and after, Book­marks 1998).
[10] Una del­le paro­le d’ordine che risuo­na­va nel­le stra­de, infat­ti, era “Dix ans, ça suf­fit!” (“Die­ci anni basta­no!”): in un chia­ro rife­ri­men­to alla dura­ta decen­na­le del gover­no De Gaulle.
[11] Come abbia­mo visto sopra, nel testo, e in nota 5.
[12] I Comi­ta­ti d’azione, che si era­no for­ma­ti nel vivo del pro­ces­so, non furo­no in gra­do di sup­pli­re alla man­can­za di un auten­ti­co sog­get­to rivo­lu­zio­na­rio: mol­to spes­so, le loro assem­blee si tra­du­ce­va­no in inter­mi­na­bi­li discus­sio­ni che non par­to­ri­va­no la deci­sio­ne che il momen­to neces­si­ta­va. Inol­tre, la loro esten­sio­ne non era dif­fu­sa in manie­ra omo­ge­nea in tut­ti i luo­ghi di lavo­ro in scio­pe­ro, ma solo in una par­te mino­ri­ta­ria. Man­ca­va infi­ne la loro centralizzazione.


[*] Con il con­tri­bu­to del­la reda­zio­ne del Col­let­ti­vo Assal­to al cielo