Com’è noto, e come abbiamo segnalato in un precedente articolo, la lista “Potere al popolo”, che si presenterà alle prossime elezioni politiche, ha il suo tratto dominante nel rispetto piccolo-borghese per la “sacralità” della Costituzione. Tutto il programma elettorale si dipana intorno a questo nucleo, tutti i discorsi dei suoi attivisti ne fanno la loro stella polare.
È proprio questa “centralità” ad inscrivere tutto il progetto e il percorso di “Potere al popolo” nel recinto del riformismo perbenista piccolo-borghese e nei confini disegnati dall’opportunismo del ceto politico che in gran parte lo compone ai suoi livelli dirigenti, screditato dalle politiche condotte negli anni passati.
Esattamente per questo motivo, una vicenda gravissima, come quella di Macerata dei giorni scorsi, è stata analizzata da “Potere al popolo” con un comunicato tutto intriso di buonismo, assolutamente “politically correct” e sul filo dell’equilibrismo politico.
Per dare un giusto peso alle implicazioni del costituzionalismo piccolo-borghese e del rispetto della legalità borghese che questa forza politica esprime, pubblichiamo un breve testo del noto studioso marxista Rolando Astarita, che prende spunto da uno scritto di Lenin.
“Due mondi” e la tradizione socialista
Rolando Astarita [*]
Uno degli aspetti più misconosciuti – o negati – della tradizione socialista (basata sul marxismo) è che i deputati e i dirigenti del partito operaio conservavano un atteggiamento di marcata distanza rispetto allo Stato. Perciò, all’epoca della Seconda Internazionale, ad esempio, i dirigenti dell’ala sinistra della socialdemocrazia segnalavano costantemente le insuperabili differenze che li separavano dai partiti difensori del sistema capitalista e del costituzionalismo borghese.
Ebbene, un “incidente secondario”, capitato nel congresso del Partito socialdemocratico tedesco (settembre 1910) serve ad illustrare quest’atteggiamento (e quello opposto). Lenin lo commenta in una nota dal titolo “Due mondi”, pubblicata nel novembre del 1910 (in Opere, vol. 16, Edizioni Lotta comunista, pp. 282 e ss.).
Capitò che un dirigente dell’ala destra del partito di nome Frank, delegato del Baden, si era lamentato perché un ministro del governo tedesco aveva affermato che non esisteva uguaglianza di diritti tra i socialdemocratici e i partiti borghesi. In risposta alla protesta di Frank, il dirigente dell’ala sinistra del partito, Bebel, spiegò che, dato che il ministro era un rappresentante del regime statale e sociale esistente, e dato che la sua missione era quella di difendere quel regime dagli attacchi dei socialisti, perfino con la forza se si fosse reso necessario, «dal suo punto di vista egli ha pienamente ragione». Su questo punto Lenin riproduce la forte divergenza:
«Frank interrompe Bebel e grida: “Inaudito!”. Bebel continua, rispondendogli: “Lo ritengo perfettamente naturale”. Frank esclama ancora una volta: “Inaudito!”».
Lenin allora si domanda: «Perché Frank era così indignato?». E si risponde:
«Perché è impregnato fino alle midolla della fiducia nella “legalità” borghese, nella “parità dei diritti” borghese e non comprende i limiti storici di questa legalità, non comprende che questa legalità deve, inevitabilmente, andare in pezzi quando si tratta della questione principale, fondamentale: il mantenimento della proprietà privata. Frank è tutto imbevuto di illusioni costituzionali piccolo‑borghesi; […] egli crede nel valore assoluto, nella forza assoluta della Costituzione borghese […] e si offende sinceramente quando un ministro costituzionale non vuole ammettere che lui, Frank, membro del parlamento, che agisce esclusivamente secondo la legge, ha gli “stessi diritti” degli altri».
Invece, Bebel, osserva Lenin, «porta il problema, da queste illusioni costituzionali, proprie della democrazia borghese, sul terreno reale della lotta di classe». E dopo: «Come ci si può “offendere”, se a noi, nemici di ogni regime borghese, un fautore di questo regime nega, sulla base del diritto borghese, la “parità di diritti”? Anche il solo riconoscere di essere stato “offeso” non dimostra forse la poca fermezza delle proprie convinzioni socialiste?». Aggiunge Lenin:
«Due mondi di idee: da una parte, il punto di vista della lotta di classe proletaria, che può, in determinati periodi storici, svolgersi sul terreno della legalità borghese, ma porta inevitabilmente all’epilogo, alla lotta corpo a corpo, al dilemma: o “mandare in pezzi” lo Stato borghese o essere battuti e soffocati. Dall’altra parte, il punto di vista del riformista, del piccolo borghese, che dietro agli alberi non vede la foresta, dietro l’orpello della legalità costituzionale non vede l’accanita lotta di classe e nell’angolo sperduto di un piccolo Stato dimentica i problemi storici dell’epoca attuale».
Un “incidente secondario”, che sintetizza in se stesso due approcci opposti, quello riformista‑opportunista, e quello rivoluzionario. In un’epoca di esteso cretinismo parlamentare, mi pare utile e necessario recuperare queste tradizioni.
[*] Rolando Astarita è uno studioso marxista di economia. Insegna all’Università di Quilmes (Argentina) e di Buenos Aires.
(Traduzione di Silvia Buonomo)