Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Rivoluzione russa del 1917

La rivoluzione finlandese

La folla durante lo sciopero generale a Helsinki (1905)

Sem­pre nell’ambito del­la col­la­bo­ra­zio­ne con la rivi­sta Jaco­bin Maga­zi­ne e del­la part­ner­ship con il sito Paler­mo­Grad, con­ti­nuia­mo nel­la pre­sen­ta­zio­ne al pub­bli­co ita­lia­no di un altro impor­tan­te tas­sel­lo del gran­de pia­no edi­to­ria­le per la com­me­mo­ra­zio­ne del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1917 a cent’anni dal­la sua ricorrenza.
È la vol­ta di un sag­gio di Eric Blanc sul­la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se, a tor­to rite­nu­ta un epi­so­dio “mino­re” del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che attra­ver­sò l’im­pe­ro russo.
Ricor­dia­mo ai nostri let­to­ri che, man mano che usci­ran­no in ita­lia­no su que­sto sito, i testi ver­ran­no pub­bli­ca­ti nel­l’ap­po­si­ta sezio­ne del Mar­xists Inter­net Archive.

Buo­na lettura.
La reda­zio­ne

La rivoluzione finlandese


Eric Blanc [*]

 

La dimen­ti­ca­ta rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se è for­se per noi fon­te di mag­gio­ri inse­gna­men­ti che gli stes­si avve­ni­men­ti del 1917 in Russia

Nel seco­lo appe­na tra­scor­so, i lavo­ri di ricer­ca sto­ri­ca sul­la rivo­lu­zio­ne del 1917 si sono per lo più con­cen­tra­ti su Pie­tro­gra­do e sui socia­li­sti rus­si. Ma l’impero rus­so era pre­va­len­te­men­te com­po­sto da non‑russi, e le con­vul­sio­ni nel­la peri­fe­ria era­no soli­ta­men­te esplo­si­ve come quel­le del centro.
Il rove­scia­men­to del­lo zari­smo nel feb­bra­io del 1917 sca­te­nò un’ondata rivo­lu­zio­na­ria che inon­dò imme­dia­ta­men­te tut­ta la Rus­sia. For­se la più ecce­zio­na­le di que­ste insur­re­zio­ni è sta­ta la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se, che uno stu­dio­so ha defi­ni­to «la più esem­pla­re guer­ra di clas­se nell’Europa del XX seco­lo».

L’eccezione fin­lan­de­se
I fin­lan­de­si costi­tui­va­no una nazio­ne dif­fe­ren­te da qual­sia­si altra sot­to il domi­nio zari­sta. Appar­te­nu­ta alla Sve­zia fino al 1809, quan­do fu annes­sa alla Rus­sia, la Fin­lan­dia gode­va di auto­no­mia gover­na­ti­va e liber­tà poli­ti­ca ed ebbe infi­ne anche un par­la­men­to pro­prio, demo­cra­ti­ca­men­te elet­to. Ben­ché lo zar ten­tas­se di limi­tar­ne l’autonomia, la vita poli­ti­ca di Hel­sin­ki somi­glia­va più a quel­la di Ber­li­no che di Pietrogrado.
In un’epoca in cui i socia­li­sti nel reto del­la Rus­sia impe­ria­le era­no costret­ti ad orga­niz­zar­si in par­ti­ti clan­de­sti­ni ed era­no per­se­gui­ta­ti dal­la poli­zia segre­ta, il Par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co fin­lan­de­se (Psd) face­va poli­ti­ca legal­men­te. Come la social­de­mo­cra­zia tede­sca, dal 1899 in poi i fin­lan­de­si costrui­ro­no un par­ti­to ope­ra­io di mas­sa e una soli­da cul­tu­ra socia­li­sta, con sedi, grup­pi ope­rai fem­mi­ni­li, ban­de musi­ca­li e asso­cia­zio­ni sportive.
Poli­ti­ca­men­te, il movi­men­to ope­ra­io fin­lan­de­se era impe­gna­to in una stra­te­gia di tipo par­la­men­ta­re, edu­can­do e orga­niz­zan­do pazien­te­men­te i lavo­ra­to­ri. All’inizio, la sua poli­ti­ca era mode­ra­ta: rara­men­te si par­la­va di rivo­lu­zio­ne e la col­la­bo­ra­zio­ne con i libe­ra­li era frequente.
Ma il Psd ave­va una par­ti­co­la­ri­tà rispet­to ai gran­di par­ti­ti socia­li­sti euro­pei di mas­sa, dato che diven­tò più com­bat­ti­vo negli anni che pre­ce­det­te­ro la Pri­ma guer­ra mon­dia­le. Se la Fin­lan­dia non fos­se appar­te­nu­ta all’impero zari­sta, pro­ba­bil­men­te la social­de­mo­cra­zia fin­lan­de­se avreb­be avu­to un’evoluzione in sen­so mode­ra­to simi­le a quel­la del­la mag­gior par­te degli altri par­ti­ti socia­li­sti dell’Europa occi­den­ta­le, in cui i set­to­ri radi­ca­li era­no sta­ti via via mar­gi­na­liz­za­to dall’integrazione par­la­men­ta­re e dal­la burocratizzazione.
Ma la par­te­ci­pa­zio­ne del­la Fin­lan­dia nel­la rivo­lu­zio­ne del 1905 finì per dislo­ca­re il par­ti­to più a sini­stra. Duran­te lo scio­pe­ro gene­ra­le del novem­bre del 1905, un diri­gen­te socia­li­sta fin­lan­de­se restò mera­vi­glia­to dal­la sol­le­va­zio­ne popolare:

«Vivia­mo in un’epoca mera­vi­glio­sa … Gen­ti umi­li e adu­se al peso del­la schia­vi­tù all’improvviso si libe­ra­no dal loro gio­go. Comu­ni­tà che fino­ra man­gia­va­no cor­tec­ce d’albero, ora pre­ten­do­no pane».

Subi­to dopo la rivo­lu­zio­ne del 1905, par­la­men­ta­ri socia­li­sti mode­ra­ti, diri­gen­ti sin­da­ca­li e fun­zio­na­ri si tro­va­ro­no in mino­ran­za nel Psd. Cer­can­do di appli­ca­re l’orientamento ela­bo­ra­to dal teo­ri­co mar­xi­sta tede­sco Karl Kau­tsky, a par­ti­re dal 1906 la mag­gio­ran­za del par­ti­to unì alle tat­ti­che lega­li­ta­rie e alla pre­sen­za par­la­men­ta­re una chia­ra poli­ti­ca cen­tra­ta sul­la lot­ta di clas­se. «L’odio di clas­se è il ben­ve­nu­to, è una vir­tù», era scrit­to in una pub­bli­ca­zio­ne del partito.
Sol­tan­to un movi­men­to ope­ra­io indi­pen­den­te – pro­cla­ma­va il Psd – potrà per­se­gui­re gli inte­res­si dei lavo­ra­to­ri, difen­den­do fino ad espan­der­la l’autonomia fin­lan­de­se dal­la Rus­sia, così gua­da­gnan­do un’ampia demo­cra­zia poli­ti­ca. Il tem­po gio­ca­va a favo­re di una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta, ma fino a quel momen­to il par­ti­to dove­va raf­for­zar­si pazien­te­men­te, evi­tan­do scon­tri pre­ma­tu­ri con le clas­si dominanti.
Que­sta stra­te­gia del­la social­de­mo­cra­zia rivo­lu­zio­na­ria – con il suo mes­sag­gio mili­tan­te e un meto­do len­to ma costan­te – ebbe un suc­ces­so spet­ta­co­la­re in Fin­lan­dia. Nel 1907, oltre cen­to­mi­la lavo­ra­to­ri ave­va­no ade­ri­to al par­ti­to, che diven­ne così la più gran­de orga­niz­za­zio­ne al mon­do in rap­por­to al nume­ro di abi­tan­ti. E nel luglio del 1906, il Psd entrò nel­la sto­ria diven­tan­do il pri­mo par­ti­to socia­li­sta a con­qui­sta­re la mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re. Tut­ta­via, a cau­sa del­la “rus­si­fi­ca­zio­ne” degli anni imme­dia­ta­men­te pre­ce­den­ti, la mag­gior par­te del pote­re sta­ta­le in Fin­lan­dia era sot­to il con­trol­lo dell’amministrazione rus­sa. Solo nel 1917, il Psd fu in gra­do di affron­ta­re le sfi­de che deri­va­va­no dall’avere una mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re in una socie­tà capitalista.

I pri­mi mesi
Le noti­zie dell’insurrezione di feb­bra­io nel­la vici­na Pie­tro­gra­do sor­pre­se­ro la Fin­lan­dia, ma, non appe­na le voci furo­no con­fer­ma­te, i sol­da­ti rus­si di stan­za a Hel­sin­ki, secon­do un testi­mo­ne ocu­la­re dell’epoca, si ammu­ti­na­ro­no con­tro i loro ufficiali:

«Al mat­ti­no, sol­da­ti e mari­nai mar­cia­va­no per le stra­de sven­to­lan­do ban­die­re ros­se, una par­te sfi­la­va can­tan­do La Mar­si­glie­se, una par­te in grup­pi sepa­ra­ti distri­buen­do nastri e pez­zi di stof­fa ros­si. Mari­nai del­la trup­pa pat­tu­glia­va­no le vie del­la cit­tà disar­man­do tut­ti gli uffi­cia­li che, al mini­mo segno di resi­sten­za o al rifiu­to di accet­ta­re il sim­bo­lo ros­so, veni­va­no fred­da­ti e lascia­ti per ter­ra».

I fun­zio­na­ri rus­si furo­no espul­si, men­tre i sol­da­ti rus­si di stan­za in Fin­lan­dia dichia­ra­ro­no la loro leal­tà al soviet di Pie­tro­gra­do e le for­ze di poli­zia fin­lan­de­si furo­no distrut­te dal bas­so. Lo scrit­to­re con­ser­va­to­re Hen­ning Söde­rh­jelm, com­men­tan­do la rivo­lu­zio­ne in un reso­con­to di pri­ma mano scrit­to nel 1918 – che costi­tui­sce una pre­zio­sa espres­sio­ne del­le opi­nio­ni del­la bor­ghe­sia fin­lan­de­se – si dole­va del­la per­di­ta del mono­po­lio sta­ta­le del­la violenza:

«La distru­zio­ne tota­le del­la poli­zia rap­pre­sen­ta­va la poli­ti­ca espres­sa dal Psd. Le for­ze di poli­zia, eli­mi­na­te dai sol­da­ti rus­si appe­na ini­ziò la rivo­lu­zio­ne, non sono mai rina­te. Il “popo­lo” non ave­va fidu­cia in que­sta isti­tu­zio­ne e, al loro posto, ven­ne­ro crea­te “mili­zie” loca­li per il man­te­ni­men­to dell’ordine, i cui mem­bri appar­te­ne­va­no al par­ti­to labu­ri­sta».

Cosa avreb­be dovu­to sosti­tui­re la vec­chia ammi­ni­stra­zio­ne rus­sa? Alcu­ni radi­ca­li pre­me­va­no per un gover­no ros­so, ma era­no in mino­ran­za. Così come accad­de in altre par­ti dell’impero, nel mese di mar­zo fu tra­vol­ta dall’appello alla “uni­tà nazio­na­le”. Spe­ran­do così di otte­ne­re una più ampia auto­no­mia dal nuo­vo gover­no prov­vi­so­rio del­la Rus­sia, un’ala di diri­gen­ti mode­ra­ti del Psd rup­pe con l’antica posi­zio­ne del par­ti­to ed entrò in un gover­no di coa­li­zio­ne con i libe­ra­li fin­lan­de­si. Diver­si socia­li­sti radi­ca­li denun­cia­ro­no la mano­vra come un “tra­di­men­to” e un’aperta vio­la­zio­ne dei prin­ci­pi mar­xi­sti del Psd. Altri diri­gen­ti di pri­ma linea, tut­ta­via, si dichia­ra­ro­no d’accordo con l’ingresso al gover­no per evi­ta­re una scis­sio­ne nel partito.

Hel­sin­ki, Piaz­za del Mer­ca­to (1907)

La luna di mie­le poli­ti­ca durò poco. Il nuo­vo gover­no di coa­li­zio­ne entrò rapi­da­men­te sot­to il fuo­co incro­cia­to del­la lot­ta di clas­se men­tre un atti­vi­smo sen­za pre­ce­den­ti si affer­ma­va nei luo­ghi di lavo­ro, nel­le stra­de e nel­le cam­pa­gne del­la Fin­lan­dia. Alcu­ni socia­li­sti fin­lan­de­si con­cen­tra­ro­no i loro sfor­zi nel­la costru­zio­ne di mili­zie ope­ra­ie arma­te, altri pro­mos­se­ro scio­pe­ri, mili­tan­za sin­da­ca­le e atti­vi­smo nel­le fab­bri­che. Söde­rh­jelm ne descris­se la dinamica:

«Il pro­le­ta­ria­to ha smes­so di implo­ra­re e pre­ga­re, ora riven­di­ca ed esi­ge. Cre­do che mai l’operaio, ma soprat­tut­to il più grez­zo, si sia sen­ti­to tan­to tron­fio per il pote­re che ha come nel­la Fin­lan­dia del 1917».

La bor­ghe­sia fin­lan­de­se si illu­se all’inizio che l’ingresso dei socia­li­sti mode­ra­ti nel gover­no di coa­li­zio­ne avreb­be costret­to il Psd ad abban­do­na­re la sua linea di lot­ta di clas­se. Söde­rh­jelm si ram­ma­ri­cò che que­sta spe­ran­za fos­se anda­ta pre­sto frustrata:

«L’assoluto pote­re del­le mas­se si è svi­lup­pa­to con inat­te­sa rapi­di­tà. […] La col­pa, soprat­tut­to, è del­la tat­ti­ca del par­ti­to labu­ri­sta. […] Ben­ché abbia man­te­nu­to una cer­ta digni­tà nel­la sua con­dot­ta più uffi­cia­le, ha con­ti­nua­to con la sua poli­ti­ca di agi­ta­zio­ne con­tro la bor­ghe­sia con un instan­ca­bi­le zelo».

Men­tre i socia­li­sti mode­ra­ti che appog­gia­va­no il nuo­vo gover­no, così come i diri­gen­ti labu­ri­sti loro allea­ti, cer­ca­va­no di smor­za­re la ribel­lio­ne popo­la­re, l’estrema sini­stra del par­ti­to face­va costan­te­men­te appel­lo a rom­pe­re con la bor­ghe­sia. Oscil­lan­do tra i due poli socia­li­sti, c’era una cor­ren­te amor­fa di cen­tro che garan­ti­va un soste­gno limi­ta­to alla nuo­va ammi­ni­stra­zio­ne. E ben­ché la mag­gior par­te dei diri­gen­ti del Psd con­ti­nuas­se a dare prio­ri­tà all’azione par­la­men­ta­re, la mag­gio­ran­za del par­ti­to appog­gia­va – o, per lo meno, asse­con­da­va – l’onda che veni­va dal basso.
Di fron­te all’inattesa onda­ta di resi­sten­za, la bor­ghe­sia fin­lan­de­se diven­tò sem­pre più aggres­si­va e intran­si­gen­te. Lo sto­ri­co Mau­ri­ce Car­rez osser­va che la clas­se domi­nan­te fin­lan­de­se non si ras­se­gnò mai a «con­di­vi­de­re il pote­re con una for­ma­zio­ne poli­ti­ca che vede­va come l’incarnazione del demo­nio».

La pola­riz­za­zio­ne di classe
L’implosione del gover­no di coa­li­zio­ne fin­lan­de­se comin­ciò in esta­te. In ago­sto, l’approvvigionamento ali­men­ta­re dell’impero crol­lò e lo spet­tro del­la fame si impa­dro­nì dei lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si. Rivol­te per il pane esplo­se­ro quel mese e l’organizzazione di Hel­sin­ki del Psd denun­ciò il rifiu­to da par­te del gover­no di assu­me­re prov­ve­di­men­ti deci­si­vi per affron­ta­re la cri­si. «Le mas­se lavo­ra­tri­ci affa­ma­te han­no in bre­ve tem­po per­so la fidu­cia nel gover­no di coa­li­zio­ne», osser­vò Otto Kuu­si­nen, il prin­ci­pa­le teo­ri­co del­la sini­stra del Psd, che l’anno suc­ces­si­vo avreb­be fon­da­to il movi­men­to comu­ni­sta finlandese.
L’intransigenza dei socia­li­sti nel­la lot­ta per la libe­ra­zio­ne nazio­na­le accen­tuò ancor di più la pola­riz­za­zio­ne di clas­se. I socia­li­sti fin­lan­de­si lot­ta­ro­no aspra­men­te per por­re fine all’interferenza del gover­no rus­so negli affa­ri inter­ni del­la nazio­ne. Spe­ra­va­no, con la con­qui­sta dell’indipendenza, di uti­liz­za­re la loro mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re – e il con­trol­lo del­le mili­zie ope­ra­ie – per impor­re un ambi­zio­so pro­gram­ma di rifor­me socia­li e politiche.
Nel mese di luglio, un diri­gen­te socia­li­sta spie­ga­va: «Fino­ra sia­mo sta­ti costret­ti a lot­ta­re su due fron­ti: con­tro la nostra stes­sa bor­ghe­sia e con­tro il gover­no rus­so. Se la nostra guer­ra di clas­se deve vin­ce­re, se voglia­mo uni­re le nostre for­ze in un sol fron­te, con­tro la nostra stes­sa bor­ghe­sia, abbia­mo biso­gno dell’indipendenza, e la Fin­lan­dia è matu­ra per que­sto».
Anche i con­ser­va­to­ri e i libe­ra­li vole­va­no raf­for­za­re l’autonomia nazio­na­le, ovvia­men­te per ben diver­se ragio­ni. Ma non era­no dispo­sti a far ricor­so a meto­di rivo­lu­zio­na­ri per rag­giun­ge­re quest’obiettivo, né soste­ne­va­no in gene­ra­le i ten­ta­ti­vi del Psd di otte­ne­re un’indipendenza completa.
Lo scon­tro, alla fine, si veri­fi­cò in luglio. La mag­gio­ran­za socia­li­sta in par­la­men­to pro­po­se lo sto­ri­co pro­get­to di leg­ge val­ta­la­ki (leg­ge del Pote­re), che pro­cla­ma­va uni­la­te­ral­men­te la pie­na sovra­ni­tà fin­lan­de­se e che ven­ne appro­va­to il 18 luglio, nono­stan­te la for­te oppo­si­zio­ne del­la mino­ran­za con­ser­va­tri­ce. Ma il gover­no prov­vi­so­rio rus­so, con a capo Ale­xan­der Keren­sky, boc­ciò la leg­ge dichia­ran­do­la non vali­da e minac­ciò di occu­pa­re la Fin­lan­dia se la sua deci­sio­ne non fos­se sta­ta rispettata.
Quan­do i socia­li­sti fin­lan­de­si si rifiu­ta­ro­no di fare retro­mar­cia o rinun­cia­re al val­ta­la­ki, i libe­ra­li e i con­ser­va­to­ri col­se­ro l’occasione al volo. Spe­ran­do di iso­la­re il Psd e por­re ter­mi­ne alla sua mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re, appog­gia­ro­no cini­ca­men­te e legit­ti­ma­ro­no la deci­sio­ne di Keren­sky di scio­glie­re il par­la­men­to demo­cra­ti­ca­men­te elet­to. Furo­no con­vo­ca­te nuo­ve ele­zio­ni, all’esito del­le qua­li i par­ti­ti non appar­te­nen­ti all’area socia­li­sta otten­ne­ro una risi­ca­ta maggioranza.

Scio­pe­ro gene­ra­le a Hel­sin­ki (1917)

La dis­so­lu­zio­ne del par­la­men­to fin­lan­de­se segnò un pun­to di svol­ta deci­si­vo. Fino ad allo­ra, la clas­se lavo­ra­tri­ce e i suoi rap­pre­sen­tan­ti con­fi­da­va­no pro­fon­da­men­te nel fat­to che il par­la­men­to potes­se esse­re uti­liz­za­to come uno stru­men­to di eman­ci­pa­zio­ne socia­le. Come spie­ga Otto Kuusinen,

«la nostra bor­ghe­sia non ave­va un eser­ci­to e nep­pu­re pote­va fare affi­da­men­to su for­ze di poli­zia, […] per cui sem­bra­va che aves­si­mo tut­te le ragio­ni per man­te­ner­ci nel sen­tie­ro già bat­tu­to del­la lega­li­tà par­la­men­ta­re, per­cor­ren­do il qua­le, appa­ren­te­men­te, la social­de­mo­cra­zia avreb­be potu­to otte­ne­re una vit­to­ria dopo l’altra».

Ma per un set­to­re cre­scen­te di lavo­ra­to­ri e diri­gen­ti del par­ti­to diven­ta­va sem­pre più chia­ro che il par­la­men­to ave­va esau­ri­to la sua utilità.
I socia­li­sti denun­cia­ro­no il gol­pe anti­de­mo­cra­ti­co e accu­sa­ro­no la bor­ghe­sia di cospi­ra­re con lo Sta­to rus­so con­tro i dirit­ti nazio­na­li del­la Fin­lan­dia e le isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che. Secon­do il Psd, le nuo­ve ele­zio­ni par­la­men­ta­ri era­no ille­ga­li per­ché frut­to di bro­gli gene­ra­liz­za­ti. A metà del mese di ago­sto, il par­ti­to ordi­nò a tut­ti i pro­pri mem­bri di dimet­ter­si dal­le cari­che di gover­no. Ma, ancor più signi­fi­ca­ti­va­men­te, i socia­li­sti fin­lan­de­si anda­va­no sem­pre più legan­do­si ai bol­sce­vi­chi, uni­co par­ti­to rus­so ad appog­gia­re la loro lot­ta per l’indipendenza. Tut­ti i sog­get­ti in cam­po ave­va­no lan­cia­to il guan­to di sfi­da e la Fin­lan­dia – una nazio­ne fino ad allo­ra paci­fi­ca – ven­ne pre­ci­pi­ta­ta in un’esplosione rivoluzionaria.

La lot­ta per il potere
In otto­bre, la cri­si che attra­ver­sa­va tut­to l’impero rus­so era giun­ta all’acme. I lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si del­le cit­tà e del­le cam­pa­gne esi­ge­va­no rab­bio­sa­men­te dai loro diri­gen­ti che pren­des­se­ro il pote­re. L’intera Fin­lan­dia ribol­li­va di vio­len­ti scon­tri. Cio­no­no­stan­te, mol­ti diri­gen­ti del Psd con­ti­nua­va­no a pen­sa­re che il momen­to del­la rivo­lu­zio­ne si sareb­be potu­to pospor­re a quan­do la clas­se lavo­ra­tri­ce fos­se sta­ta meglio orga­niz­za­ta e arma­ta. Altri, inve­ce, ave­va­no pau­ra di abban­do­na­re l’arena par­la­men­ta­re. Alla fine di otto­bre, il lea­der socia­li­sta Kul­ler­vo Man­ner sosteneva:

«Non pos­sia­mo evi­ta­re la rivo­lu­zio­ne per mol­to tem­po […] La fede nel valo­re dell’azione paci­fi­ca è per­du­ta e la clas­se lavo­ra­tri­ce comin­cia ad aver fidu­cia solo nel­la sua stes­sa for­za […] Sarei ben lie­to se ci sba­glias­si­mo cir­ca l’immediato scop­pio del­la rivo­lu­zio­ne».

Dopo che, alla fine di otto­bre, i bol­sce­vi­chi ebbe­ro con­qui­sta­to il pote­re, sem­bra­va che subi­to dopo sareb­be toc­ca­to alla Fin­lan­dia. Pri­va­ta dell’appoggio mili­ta­re del gover­no prov­vi­so­rio rus­so, la bor­ghe­sia fin­lan­de­se era peri­co­lo­sa­men­te iso­la­ta. La mag­gio­ran­za del­le deci­ne di miglia­ia di sol­da­ti rus­si di stan­za in Fin­lan­dia appog­gia­va i bol­sce­vi­chi e il loro appel­lo alla pace. «L’onda vit­to­rio­sa del bol­sce­vi­smo por­te­rà acqua al muli­no dei nostri socia­li­sti e loro cer­ta­men­te saran­no in gra­do di met­ter­lo in moto», osser­vò un libe­ra­le finlandese.
La base del Psd e i bol­sce­vi­chi di Pie­tro­gra­do sup­pli­ca­ro­no i diri­gen­ti socia­li­sti di pren­de­re imme­dia­ta­men­te il pote­re, ma la dire­zio­ne del par­ti­to ter­gi­ver­sa­va. Nes­su­no ave­va chia­ro se il gover­no bol­sce­vi­co sareb­be dura­to più di qual­che gior­no. I socia­li­sti mode­ra­ti si aggrap­pa­va­no alla spe­ran­za che si potes­se tro­va­re una solu­zio­ne par­la­men­ta­re paci­fi­ca. Alcu­ni radi­ca­li soste­ne­va­no che la pre­sa del pote­re era non solo pos­si­bi­le, ma anche asso­lu­ta­men­te neces­sa­ria. La mag­gio­ran­za dei diri­gen­ti esi­ta­va tra le due posizioni.
Kuu­si­nen ricor­da l’indecisione del par­ti­to in quel momen­to cri­ti­co: «Noi social­de­mo­cra­ti­ci, “uni­ti sul­la base del­la lot­ta di clas­se”, oscil­la­va­mo da una par­te all’altra, pri­ma incli­nan­do­ci con for­za dal­la par­te del­la rivo­lu­zio­ne, per poi, subi­to dopo, tirar­ci di nuo­vo indie­tro».
Inca­pa­ce di tro­va­re l’accordo per un’insurrezione arma­ta, il par­ti­to finì per con­vo­ca­re uno scio­pe­ro gene­ra­le per il 14 novem­bre in dife­sa del­la demo­cra­zia con­tro la bor­ghe­sia, per le neces­si­tà eco­no­mi­che urgen­ti dei lavo­ra­to­ri e per la sovra­ni­tà fin­lan­de­se. La rispo­sta del­la base fu tra­vol­gen­te, di fat­to andò mol­to oltre il rela­ti­va­men­te cau­to appel­lo a scioperare.
La Fin­lan­dia ven­ne para­liz­za­ta. Orga­ni­smi loca­li del Psd e le Guar­die ros­se pre­se­ro il pote­re in diver­se cit­tà, occu­pan­do loca­li stra­te­gi­ci e arre­stan­do i poli­ti­ci borghesi.

Uni­tà fem­mi­ni­le del­le Guar­die rosse

Sem­bra­va che que­sto sce­na­rio insur­re­zio­na­le si sareb­be ripro­dot­to anche ad Hel­sin­ki. Il 16 novem­bre, il Con­si­glio del­lo Scio­pe­ro gene­ra­le votò per la pre­sa del pote­re. Ma, quan­do sin­da­ca­ti e diri­gen­ti socia­li­sti mode­ra­ti cri­ti­ca­ro­no la deci­sio­ne dan­do le dimis­sio­ni dall’organismo, il gior­no stes­so il Con­si­glio tor­nò sul­le sue deci­sio­ni. Si deci­se che, «dal momen­to che una mino­ran­za così espres­si­va è in disac­cor­do, il Con­si­glio non può comin­cia­re ades­so a pren­de­re il pote­re per con­se­gnar­lo ai lavo­ra­to­ri, ma con­ti­nue­rà a fare anco­ra più pres­sio­ni sul­la bor­ghe­sia». Subi­to dopo lo scio­pe­ro ven­ne smobilitato.
Lo sto­ri­co fin­lan­de­se Han­nu Soik­ka­nen ha sot­to­li­nea­to che lo scio­pe­ro di novem­bre fu un’enorme occa­sio­ne persa:

«Non c’è dub­bio che quel­la fu l’occasione più pro­pi­zia per­ché i lavo­ra­to­ri pren­des­se­ro il pote­re. La pres­sio­ne del­la base era enor­me e c’era la mas­si­ma dispo­ni­bi­li­tà alla lot­ta. […] Lo scio­pe­ro gene­ra­le con­vin­se in ogni modo la bor­ghe­sia, con poche ecce­zio­ni, dell’enorme peri­co­lo­si­tà dei socia­li­sti. Per­ciò essa usò il tem­po fino all’inizio del­la guer­ra civi­le per orga­niz­zar­si intor­no a una riso­lu­ta lea­der­ship».

Rimar­can­do l’esitazione del Psd nel dispor­si all’azione di mas­sa, Antho­ny Upton ha soste­nu­to che «i rivo­lu­zio­na­ri fin­lan­de­si sono sta­ti in gene­ra­le i più depri­men­ti rivo­lu­zio­na­ri del­la sto­ria». Quest’affermazione, tut­ta­via, avreb­be sen­so se la nostra sto­ria fos­se ter­mi­na­ta in novem­bre, ma gli even­ti suc­ces­si­vi mostra­no che il cuo­re rivo­lu­zio­na­rio del­la social­de­mo­cra­zia fin­lan­de­se alla fine prevalse.
Dopo lo scio­pe­ro gene­ra­le, i lavo­ra­to­ri, fru­stra­ti, si dedi­ca­ro­no sem­pre più a cer­ca­re armi e a pas­sa­re all’azione diret­ta. Allo stes­so modo, la bor­ghe­sia si pre­pa­ra­va alla guer­ra civi­le crean­do le sue mili­zie – le “Guar­die bian­che” – e chie­den­do soste­gno mili­ta­re al gover­no tedesco.

Cor­po del­le Guar­die bianche

Nono­stan­te il rapi­do disfa­ci­men­to del­la coe­sio­ne socia­le, mol­ti diri­gen­ti socia­li­sti con­ti­nua­ro­no a tes­se­re infrut­tuo­si nego­zia­ti par­la­men­ta­ri. Solo che, sta­vol­ta, l’ala sini­stra del Psd irri­gi­dì la sua posi­zio­ne e dichia­rò che non avreb­be più ritar­da­to l’azione rivo­lu­zio­na­ria, per­ché ciò avreb­be solo por­ta­to al disa­stro. Dopo una lun­ga serie di bat­ta­glie inter­ne nel dicem­bre del 1917 e nel suc­ces­si­vo gen­na­io, i radi­ca­li alla fine vin­se­ro lo scon­tro interno.
In gen­na­io, il discor­so rivo­lu­zio­na­rio del Psd si tra­dus­se infi­ne in azio­ne. Per dare il segna­le dell’inizio dell’insurrezione, i diri­gen­ti del par­ti­to acce­se­ro, la not­te del 26 gen­na­io, una lan­ter­na ros­sa nel­la tor­re del­la Sala dei Lavo­ra­to­ri di Hel­sin­ki. I gior­ni suc­ces­si­vi, i social­de­mo­cra­ti­ci e le loro orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li pre­se­ro il pote­re sen­za incon­tra­re resi­sten­za nel­le gran­di cit­tà del­la Fin­lan­dia, men­tre il nord rura­le rima­se nel­le mani del­le clas­si dominanti.
Gli insor­ti del­la Fin­lan­dia lan­cia­ro­no un pro­cla­ma sto­ri­co annun­cian­do che la rivo­lu­zio­ne era neces­sa­ria per­ché la bor­ghe­sia, allea­ta all’imperialismo stra­nie­ro, ave­va con­dot­to un “gol­pe” con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rio con­tro le con­qui­ste dei lavo­ra­to­ri e la democrazia:

«A par­ti­re da que­sto momen­to, il pote­re rivo­lu­zio­na­rio in Fin­lan­dia appar­tie­ne alla clas­se lavo­ra­tri­ce e alle sue orga­niz­za­zio­ni […] La rivo­lu­zio­ne pro­le­ta­ria è nobi­le e seve­ra […] seve­ra con gli inso­len­ti nemi­ci del popo­lo, ma pron­ta ad aiu­ta­re gli oppres­si e gli emar­gi­na­ti».

Anche se il gover­no ros­so appe­na inse­dia­to ten­tò all’inizio di trac­cia­re una rot­ta poli­ti­ca rela­ti­va­men­te pru­den­te, rapi­da­men­te la Fin­lan­dia pre­ci­pi­tò in una san­gui­no­sa guer­ra civi­le. L’aver ritar­da­to la pre­sa del pote­re costò caro alla clas­se lavo­ra­tri­ce fin­lan­de­se, per­ché nel mese di gen­na­io gran par­te del­le trup­pe rus­se ave­va già fat­to ritor­no alla base. La bor­ghe­sia ave­va uti­liz­za­to i tre mesi suc­ces­si­vi allo scio­pe­ro di novem­bre per orga­niz­za­re le sue trup­pe in Fin­lan­dia e Ger­ma­nia. Alla fine, 27.000 rivo­lu­zio­na­ri fin­lan­de­si per­se­ro la vita nel­la guer­ra. E dopo che la destra ebbe schiac­cia­to la Repub­bli­ca socia­li­sta ope­ra­ia fin­lan­de­se nell’aprile del 1918, cir­ca 80.000 altri lavo­ra­to­ri e socia­li­sti furo­no inter­na­ti in cam­pi di concentramento.

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Il bat­ta­glio­ne Jae­ger, nel­la cit­tà di Vaa­sa (feb­bra­io 1918)

Gli sto­ri­ci sono divi­si cir­ca il pos­si­bi­le trion­fo del­la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se nell’eventualità fos­se ini­zia­ta pri­ma e aves­se assun­to un carat­te­re più offen­si­vo nel cam­po poli­ti­co e in quel­lo mili­ta­re. Alcu­ni sosten­go­no che il rea­le fat­to­re deci­si­vo fu l’intervento mili­ta­re impe­ria­li­sta del­la Ger­ma­nia in mar­zo e apri­le 1918. Kuu­si­nen trac­cia un bilan­cio simile:

«L’imperialismo tede­sco die­de ascol­to ai lamen­ti del­la nostra bor­ghe­sia e si offrì pron­ta­men­te di get­ta­re alle orti­che l’appena con­qui­sta­ta indi­pen­den­za che, su richie­sta dei social­de­mo­cra­ti­ci fin­lan­de­si era sta­ta con­ces­sa dal­la Repub­bli­ca sovie­ti­ca del­la Rus­sia. Il sen­ti­men­to nazio­na­le del­la bor­ghe­sia non ha mini­ma­men­te sof­fer­to in quell’occasione, e il gio­go dell’imperialismo stra­nie­ro non le pro­vo­cò il mini­mo timo­re nel momen­to in cui la loro “patria” sem­bra­va sull’orlo di diven­ta­re la patria dei lavo­ra­to­ri. La bor­ghe­sia era dispo­sta a sacri­fi­ca­re un inte­ro popo­lo a van­tag­gio del gran­de ban­di­to tede­sco, pur­ché potes­se riser­va­re a se stes­sa l’indegno ruo­lo di sfrut­ta­tri­ce».

Gli inse­gna­men­ti del­la rivoluzione
Cosa dovrem­mo dedur­re dal­la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se? La con­sta­ta­zio­ne più ovvia che pos­sia­mo fare è che la rivo­lu­zio­ne ope­ra­ia non fu sol­tan­to un feno­me­no loca­liz­za­to nel cen­tro del­la Rus­sia. Anche nel­la paci­fi­ca e par­la­men­ta­re Fin­lan­dia, la clas­se lavo­ra­tri­ce si era pro­gres­si­va­men­te con­vin­ta che solo un gover­no socia­li­sta avreb­be potu­to offri­re una solu­zio­ne alla cri­si socia­le e all’oppressione nazionale.
I bol­sce­vi­chi non era­no sta­ti l’unico par­ti­to dell’impero capa­ce di por­ta­re i lavo­ra­to­ri al pote­re. Per mol­ti aspet­ti, l’esperienza del Psd fin­lan­de­se con­fer­ma l’idea tra­di­zio­na­le del­la rivo­lu­zio­ne soste­nu­ta da Karl Kau­tsky: attra­ver­so una pazien­te ope­ra di orga­niz­za­zio­ne ed edu­ca­zio­ne di clas­se, i socia­li­sti ave­va­no con­qui­sta­to la mag­gio­ran­za in par­la­men­to, spin­gen­do la destra a scio­glier­lo, cosa che era sfo­cia­ta nel­la rivo­lu­zio­ne diret­ta dai socialisti.
La pre­fe­ren­za del par­ti­to per una stra­te­gia par­la­men­ta­re difen­si­va non gli impe­dì in fin dei con­ti di riu­sci­re a rove­scia­re il pote­re capi­ta­li­sta avan­zan­do in dire­zio­ne del socia­li­smo. Al con­tra­rio, la buro­cra­tiz­za­ta social­de­mo­cra­zia tede­sca – che già da mol­to ave­va abban­do­na­to la stra­te­gia di Kau­tsky – sosten­ne atti­va­men­te il pote­re capi­ta­li­sta nel 1918‑1918 e repres­se vio­len­te­men­te gli sfor­zi di colo­ro che vole­va­no rovesciarlo.
Non­di­me­no, la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se ha mostra­to non solo i pun­ti for­ti, ma anche i poten­zia­li limi­ti del­la social­de­mo­cra­zia rivo­lu­zio­na­ria: l’esitazione nell’abbandonare l’arena par­la­men­ta­re, l’insufficiente valu­ta­zio­ne dell’azione di mas­sa e una ten­den­za a pie­gar­si ai socia­li­sti mode­ra­ti in nome dell’unità del partito.


(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)


[*] Eric Blanc 
è un atti­vi­sta e sto­ri­co del movi­men­to socia­li­sta di Oakland, Cali­for­nia. È auto­re di Anti-Colo­nial Mar­xi­sm: Oppres­sion & Revo­lu­tion in the Tsa­ri­st Bor­der­lands.