Pubblichiamo la replica che il compagno Valerio Torre, componente del collettivo che anima questo Blog, ha scritto in risposta a una dichiarazione a firma “Comitato centrale del Pdac”.
La redazione
Menzogne, calunnie e una sola verità
Valerio Torre
Dove vai? Porto pere.
Cosa porti? Vado a Roma
(Detto popolare)
Com’era prevedibile, non s’è fatta attendere la risposta del Pdac all’intervista in cui ho reso pubbliche, a distanza di quasi un anno e mezzo, le ragioni della mia rottura con quel partito.
Ed erano altrettanto prevedibili, sia l’utilizzo di un tono greve e volgare – com’è nello stile del ben noto estensore del testo quando perde le staffe, benché mascherato dietro la dizione “Comitato centrale del Pdac” – sia il ricorso a ulteriori calunnie nei miei confronti per tentare di sviare l’attenzione di chi legge dal vero nucleo di quanto avevo dichiarato: nucleo che non consisteva affatto nell’intenzione da parte mia di “gettare fango su un compagno morto” (al quale peraltro sono stato legato da rapporti di affetto sincero, oltre che di comune militanza), ma nella denuncia dei metodi di una direzione burocratizzata che ha voluto impedire la discussione politica sulla vicenda, rivelatisi in tutta la loro magnitudine in occasione del suo verificarsi.
Facendo infatti malamente ricorso a qualcuno degli stratagemmi che il filosofo Schopenauer descriveva nel suo opuscolo L’arte di ottenere ragione, nonché a una buona dose di cialtroneria, l’autore di quel testo sposta l’attenzione del lettore dal vero centro della mia denuncia ad un altro obiettivo, che – come detto – non mi è mai passato per la testa di perseguire: né nella mia intervista, né durante lo svolgersi degli eventi da cui poi maturò la mia rottura.
E lo fa inanellando una serie di menzogne che sono seccamente smentite da tutta la documentazione in mio possesso e che, in caso di pervicace insistenza, sarò lieto di tirar fuori.
- Intanto, è assolutamente falso che la mia intervista pubblicata dal Blog “Assalto al Cielo” rappresenti una polemica nei confronti del compianto Ruggero Mantovani. Si tratta, in tutta evidenza, di una falsa premessa per potere screditare me e le mie dichiarazioni. È vero invece che si tratta di una polemica contro la direzione del Pdac, come hanno ben capito tutti coloro che ne hanno letto il testo.
- È falso che, dopo essere stato anch’io implicato nelle indagini, abbia “improvvisamente attaccato Mantovani”. Come ho già dichiarato, mi sono sempre rifiutato di ricorrere alla Commissione di morale contro di lui (e contro l’altra militante, Antonella Rossi … che però stranamente il sedicente Comitato centrale del Pdac “dimentica” di difendere nel testo cui mi riferisco) perché non volevo ridurre la vicenda a una questione disciplinare tra compagni, ma intendevo invece che si aprisse un’ampia discussione politica nella direzione su quanto accaduto. Quando alla fine mi sono risolto a farlo, non è stato per ottenere una qualche ragione di tipo sanzionatorio, ma perché era l’unico mezzo che mi era rimasto – quantunque indiretto – per far sì che si discutesse. In questo senso, è del pari falso – oltre che campato in aria e smentito da tutto il carteggio interno al Comitato centrale – che io abbia chiesto al partito di essere aiutato a “discolparmi di fronte alla magistratura borghese incolpando il compagno Mantovani”, dal momento che la mia difesa nel procedimento penale venne affidata a un avvocato penalista e non certo alla direzione del mio ex partito. E che io sia stato del tutto incolpevolmente coinvolto (l’autore del testo più volgarmente usa l’espressione “inguaiato”) in una vicenda cui ero e sono estraneo lo dimostra – al di là delle sue stesse intenzioni – proprio il “portavoce” del Comitato centrale del Pdac quando ricorda che era Mantovani ad aver “difeso delle cause di risarcimento di operai esposti all’amianto”. Perché è proprio questo il punto: che quei lavoratori erano esclusivamente rappresentati da lui, che ne autenticava i mandati, predisponeva i ricorsi e la documentazione a sostegno degli stessi, mentre il mio studio fungeva solo da domicilio legale.
- Nel prendere atto che il redattore del testo non vuole “controbattere alle [mie] divergenze politiche con il Pdac e la Lit”, mi preme ribadire che ognuno “traduce gli articoli” che più gli aggradano: il Blog che fa riferimento al piccolo collettivo di cui faccio parte traduce e pubblica quelli che ritiene utili ad aprire una discussione nella sinistra nell’ottica della costruzione di un partito e di un’Internazionale rivoluzionari, mentre il giornale del Pdac traduce quelli in cui si invoca l’intervento della polizia brasiliana perché arresti l’ex presidente Lula preferendo così costruire un fronte unico con gli organismi repressivi del Brasile[1]; oppure pubblica quelli in cui si accoda alle gerarchie reazionarie vaticane prendendo posizione contro la “gestazione per altri” (volgarmente definita “utero in affitto”)[2]. Ed è falso pure che io sia “contro la militanza rivoluzionaria”, dal momento che l’articolo che tradussi è contro il “militantismo”, mentre difende un’autentica militanza (ed è evidente a tutti che il Pdac postula il primo, non la seconda). Così come è falso che io abbia criticato, quando ancora militavo nel Pdac, la battaglia contro il maschilismo: criticai invece l’atteggiamento codista del partito rispetto all’impostazione prioritaria data dal Pstu brasiliano a questa giusta battaglia rispetto ad altre priorità che ritenevo essere più urgenti nella costruzione del Pdac.
- Pare persino superfluo soffermarmi sull’accusa di essere “fuggito dalla militanza rivoluzionaria”. Sono fuggito – come tanti in questi anni – da quella setta autocentrata che è diventata il Pdac: e c’è una bella differenza!
In ogni caso, tra le tante menzogne e calunnie che il cialtrone estensore del testo vi ha condensato, una sola verità l’ha detta: quella per cui io non rappresento nessuno.
È vero, infatti. Non ho la presunzione di rappresentare nessuno. A differenza di quel cialtrone che pensa invece, a capo della sua setta, di rappresentare la classe operaia.
Che, detto di passata, non se n’è minimamente accorta.
Note
[1] “Sul processo e la possibile prigione per Lula”, Progetto comunista n. 59, ottobre 2016, pag. 11.
[2] Qui l’articolo del Pdac e qui la mia risposta.