Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica nazionale

Le ragioni della mia rottura col Partito di Alternativa comunista

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Le ragioni della mia rottura col Partito di Alternativa comunista

Intervista a Valerio Torre

Pub­bli­chia­mo qui di segui­to l’intervista — che la reda­zio­ne ha sol­le­ci­ta­to a Vale­rio Tor­re, com­po­nen­te del Col­let­ti­vo che ani­ma que­sto Blog — sui moti­vi che l’han­no indot­to a lascia­re il Pdac, di cui era sta­to cofon­da­to­re e dirigente.
La redazione

Dopo qua­si un anno e mez­zo dal­la tua usci­ta dal Par­ti­to di Alter­na­ti­va comu­ni­sta (Pdac), anco­ra oggi diver­si atti­vi­sti, appar­te­nen­ti a dif­fe­ren­ti orga­niz­za­zio­ni del­la sini­stra e che ti han­no cono­sciu­to duran­te la tua lun­ga mili­tan­za, ci chie­do­no le ragio­ni del­la tua rottura.

In fon­do, c’è da capir­li: sono sta­to uno dei fon­da­to­ri e uno dei mas­si­mi diri­gen­ti di quel par­ti­to; e non solo a livel­lo nazio­na­le, aven­do avu­to sin dal­la sua nasci­ta la respon­sa­bi­li­tà del­la costru­zio­ne inter­na­zio­na­le ed essen­do sta­to mem­bro del Comi­ta­to ese­cu­ti­vo inter­na­zio­na­le del­la Lit, la ten­den­za di cui il Pdac è tut­to­ra sezio­ne italiana.
In alcu­ni casi, poi, c’è sta­to chi mi ha con­tat­ta­to – incre­du­lo – per ave­re appre­so da diri­gen­ti di quel par­ti­to che io avrei “abban­do­na­to l’attività poli­ti­ca” per “stan­chez­za”, “oppor­tu­ni­smo”, “acco­mo­da­men­to a una vita piccolo‑borghese”, o per aver volu­to “pri­vi­le­gia­re la carriera”.
Al con­tra­rio, nes­su­no dei mili­tan­ti del Pdac mi ha chie­sto il per­ché di que­sta mia scel­ta: per loro la cosa è pas­sa­ta come se nul­la fosse.

Non tro­vi abba­stan­za biz­zar­ro che diri­gen­ti di un’organizzazione che spes­so si riten­go­no calun­nia­ti da quel­li di altre orga­niz­za­zio­ni del­la sini­stra ita­lia­na spar­ga­no poi a pie­ne mani e con disin­vol­tu­ra calun­nie nei con­fron­ti di ex mili­tan­ti che han­no rot­to con loro?

Più che biz­zar­ro, direi che è “coe­ren­te” con i meto­di e la natu­ra del­la dire­zio­ne di un par­ti­to al cui pro­get­to ave­vo cre­du­to, tan­to da aver­gli dedi­ca­to il meglio del­le mie ener­gie militanti.
In que­sto perio­do, ho spes­so pen­sa­to di rac­con­ta­re le vere ragio­ni che mi han­no por­ta­to alla rot­tu­ra, e in tan­ti mi han­no sol­le­ci­ta­to a far­lo. Ma ho rite­nu­to più impor­tan­te dedi­car­mi, insie­me a qual­che altro com­pa­gno, al com­pi­to di costru­zio­ne di que­sto pic­co­lo col­let­ti­vo che è “Assal­to al Cie­lo”, col­ti­van­do così la spe­ran­za che pos­sa esser­vi spa­zio, tra ogget­ti­ve dif­fi­col­tà e con tan­tis­si­mi limi­ti, per le idee e il pro­get­to mar­xi­sta rivoluzionario.
E ades­so che mi accin­go a rac­con­ta­re que­sta vicen­da, non è tan­to per difen­de­re la mia ono­ra­bi­li­tà di mili­tan­te rivo­lu­zio­na­rio, ma soprat­tut­to per far com­pren­de­re ai set­to­ri del­la sini­stra che guar­da­no con favo­re ai prin­ci­pi del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio, e a colo­ro che voglio­no impe­gnar­si nel­la fati­co­sa ope­ra di costru­zio­ne di un’organizzazione coe­ren­te con quei prin­ci­pi, che il Pdac non ne costi­tui­sce per nien­te l’incarnazione. Lo dimo­stra, tra l’altro, la spre­giu­di­ca­ta mano­vra di scia­cal­lag­gio e paras­si­ti­smo poli­ti­co che la sua dire­zio­ne sta met­ten­do in atto in que­sti gior­ni col bece­ro ten­ta­ti­vo – attra­ver­so uno stuc­che­vo­le pres­sing auto­pro­mo­zio­na­le rea­liz­za­to pub­bli­ca­men­te con pate­ti­ci post su Face­book – di lucra­re qual­co­sa dal­la scis­sio­ne che c’è sta­ta in un’altra organizzazione.

Bene. Voglia­mo comin­cia­re? Da dove partiamo?

Da qual­che anno fa, quan­do Rug­ge­ro Man­to­va­ni, anch’egli com­po­nen­te del Comi­ta­to cen­tra­le del Pdac, e Anto­nel­la Ros­si, mili­tan­te del par­ti­to e com­pa­gna di vita del pri­mo, entram­bi – come me – avvo­ca­ti, mi chie­se­ro di poter eleg­ge­re domi­ci­lio pres­so il mio stu­dio per pre­sen­ta­re dei ricor­si giu­di­zia­ri in favo­re di alcu­ne deci­ne di lavo­ra­to­ri espo­sti all’amianto, da loro assi­sti­ti, per­ché otte­nes­se­ro il rico­no­sci­men­to dei bene­fi­ci pre­vi­den­zia­li che avreb­be­ro con­sen­ti­to un anti­ci­pa­to pensionamento.
Si trat­ta­va di mate­ria che non seguo nel­la mia atti­vi­tà lavo­ra­ti­va (che si svol­ge in un cam­po giu­ri­di­co diver­so), e la mia “col­la­bo­ra­zio­ne” si limi­ta­va a rice­ve­re gli incar­ta­men­ti e depo­si­tar­li in tri­bu­na­le; in qual­che occa­sio­ne, a pre­sen­zia­re a qual­cu­na del­le udien­ze su dele­ga e die­tro istru­zio­ni dei due.
Dopo qual­che tem­po, si ven­ne a sape­re che la magi­stra­tu­ra inda­ga­va su Man­to­va­ni e Ros­si, che ave­va­no subi­to anche una per­qui­si­zio­ne domi­ci­lia­re. Il fat­to è che, come lo stes­so Man­to­va­ni ebbe in segui­to a con­fi­dar­mi, alcu­ni di quei ricor­si si fon­da­va­no su docu­men­ti fal­si­fi­ca­ti. E io stes­so qual­che mese dopo, una not­te, vidi piom­bar­mi in casa, e poi allo stu­dio, una deci­na di poli­ziot­ti per una per­qui­si­zio­ne. Con­se­gnai loro il mate­ria­le che era nel­la mia dispo­ni­bi­li­tà, e mi sono così ritro­va­to anch’io inda­ga­to per una serie di gra­vi rea­ti, rispet­to ai qua­li, come si può capi­re, ero del tut­to estraneo.

Il par­ti­to ne fu informato?

Il par­ti­to era già a cono­scen­za dell’indagine su Man­to­va­ni e Ros­si. Io infor­mai in un pri­mo momen­to il solo Ese­cu­ti­vo del mio coin­vol­gi­men­to e, suc­ces­si­va­men­te, anche il Comi­ta­to cen­tra­le, al qua­le rap­pre­sen­tai che i due com­pa­gni ave­va­no vio­la­to la mora­le rivo­lu­zio­na­ria, per aver­mi con­sa­pe­vol­men­te impli­ca­to in una vicen­da truf­fal­di­na e, di fat­to, con­se­gna­to alla giu­sti­zia bor­ghe­se. Ma evi­den­ziai pure che lo stes­so par­ti­to ne veni­va coin­vol­to, dato che in più di un’occasione ave­va dato coper­tu­ra poli­ti­ca alle azio­ni giu­di­zia­rie pro­mos­se dai due attra­ver­so alcu­ni arti­co­li pub­bli­ca­ti sul sito[1]. Pro­prio per que­sto, pur sen­ten­do­mi tra­di­to da Man­to­va­ni e Ros­si, e pur essen­do sta­to gra­ve­men­te dan­neg­gia­to dal loro com­por­ta­men­to, dichia­rai che non era mia inten­zio­ne ricor­re­re alla Com­mis­sio­ne di mora­le del par­ti­to, ma affron­ta­re inve­ce un’approfondita discus­sio­ne poli­ti­ca all’interno del­lo stes­so Comi­ta­to cen­tra­le sul­la com­ples­si­va vicenda.
Inve­ce, la dire­zio­ne del Pdac non ave­va alcu­na inten­zio­ne di affron­ta­re quel­la discus­sio­ne. L’unica “con­ces­sio­ne” che mi ven­ne fat­ta fu di affi­da­re al solo pre­si­den­te del­la com­mis­sio­ne di mora­le lo stu­dio del­la que­stio­ne per­ché poi ne rife­ris­se al Comi­ta­to cen­tra­le. In pra­ti­ca, soprat­tut­to su impul­so di uno dei diri­gen­ti nazio­na­li che è mem­bro dell’Esecutivo – e che poi è quel­lo che di fat­to “gover­na” il par­ti­to – si deci­se di nascon­de­re la pol­ve­re sot­to al tappeto.

Per­ché non hai inve­ce insi­sti­to nel­la tua posizione?

Cer­ta­men­te qui c’è uno degli erro­ri che ho com­mes­so. La con­si­de­ra­zio­ne che ave­vo per il par­ti­to e il suo pro­get­to mi fece accet­ta­re una solu­zio­ne di com­pro­mes­so per non con­trap­por­mi alla diver­sa volon­tà dell’Esecutivo (anzi, come det­to, di uno dei suoi mem­bri) e per non sca­te­na­re un con­flit­to di attri­bu­zio­ni fra Comi­ta­to cen­tra­le e Com­mis­sio­ne di mora­le, come la dire­zio­ne rite­ne­va: opi­nio­ne – que­sta – peral­tro del tut­to infon­da­ta, dal momen­to che io non vole­vo che si svol­ges­se “un pro­ces­so” in una sede impro­pria, ma chie­de­vo inve­ce che venis­se affron­ta­ta una discus­sio­ne poli­ti­ca sul­la vicen­da, anche nel­l’in­te­res­se del par­ti­to stesso.

E poi?

A dimo­stra­zio­ne del fat­to che l’unica volon­tà del­la dire­zio­ne era di met­te­re una pie­tra sopra all’accaduto c’è che, dopo ben tre mesi, quell’incarico esplo­ra­ti­vo affi­da­to al pre­si­den­te del­la Com­mis­sio­ne di mora­le non era sta­to mini­ma­men­te esple­ta­to: la “pra­ti­ca” era sta­ta tenu­ta ben chiu­sa in un cas­set­to, a dif­fe­ren­za di altri casi che sta­va­no più a cuo­re all’Esecutivo, risol­ti­si nel giro di un paio di set­ti­ma­ne col rapi­do inter­ven­to dell’organismo di disci­pli­na. E allo­ra, stu­fo di esse­re pre­so per i fon­del­li, dichia­rai for­mal­men­te al Comi­ta­to cen­tra­le che avrei inve­sti­to la Com­mis­sio­ne di mora­le pre­sen­tan­do final­men­te un ricor­so nei con­fron­ti dei due mili­tan­ti: non che mi inte­res­sas­se – lo riba­dii anche allo­ra – otte­ne­re una pro­nun­cia san­zio­na­to­ria nei loro con­fron­ti, ma si trat­ta­va dell’unico siste­ma per smuo­ve­re le acque sta­gnan­ti e favo­ri­re infi­ne quel­la discus­sio­ne che mi veni­va nega­ta. Ma fu allo­ra che scat­tò, come in un auto­ma­ti­smo, il rifles­so con­di­zio­na­to dell’autoconservazione dell’organismo dirigente.

In che senso?

Deb­bo innan­zi­tut­to chia­ri­re che Man­to­va­ni già da tem­po era sta­to col­pi­to da una malat­tia, che infat­ti lo avreb­be por­ta­to di lì a qual­che mese alla mor­te. Ebbe­ne, dopo che io ebbi dichia­ra­ta la mia volon­tà di ricor­re­re all’organismo disci­pli­na­re, ini­ziò tut­ta una serie di pres­san­ti ten­ta­ti­vi da par­te dei vari com­po­nen­ti del Comi­ta­to cen­tra­le per far­mi desi­ste­re. Ven­ni in pra­ti­ca accu­sa­to, in un car­teg­gio, di esse­re pri­vo di uma­ni­tà. Alcu­ni, poi, dan­do mostra di un incre­di­bi­le cini­smo, scris­se­ro anche che non ave­va sen­so ini­zia­re un pro­ce­di­men­to disci­pli­na­re nei con­fron­ti di chi sta­va per mori­re, dato che “l’eventuale san­zio­ne non avreb­be potu­to rie­du­ca­re il moribondo”!
Ma que­sti com­por­ta­men­ti, appa­ren­te­men­te moti­va­ti da un malin­te­so sen­so di rispet­to per la malat­tia del com­pa­gno, da un riguar­do per i suoi meri­ti pas­sa­ti, dal lega­me ami­ca­le che mol­ti nutri­va­no nei suoi con­fron­ti, in real­tà dis­si­mu­la­va­no un atteg­gia­men­to con­ser­va­ti­vo, che era alla base – come mi sareb­be poi sta­to chia­ro solo in segui­to – del pro­ces­so di buro­cra­tiz­za­zio­ne in atto in quel­la dire­zio­ne e di cui poi dirò.
E dun­que, di fron­te a que­sto stal­lo, pro­prio il venir meno del rap­por­to di sti­ma e fidu­cia, per­so­na­le e poli­ti­ca, nei con­fron­ti dei com­po­nen­ti dell’organismo di dire­zio­ne, mi indus­se a ras­se­gna­re le dimis­sio­ni dal Comi­ta­to cen­tra­le: sarei rima­sto un sem­pli­ce mili­tan­te di base. Con­te­stual­men­te, però, pro­po­si alla Com­mis­sio­ne di mora­le il ricor­so annunciato.

E poi che accadde?

La goc­cia che fece tra­boc­ca­re il vaso. Il Comi­ta­to cen­tra­le si riu­nì – io non vol­li pre­sen­zia­re – e deli­be­rò di accet­ta­re le mie dimis­sio­ni dall’organismo. Ma gran­de fu la mia sor­pre­sa quan­do les­si il dispo­si­ti­vo del­la deli­be­ra­zio­ne, invia­ta a tut­to il par­ti­to. Si dice­va che io lascia­vo i com­pi­ti di dire­zio­ne per “ragio­ni di salu­te”: una colos­sa­le men­zo­gna! Spac­cia­ta a tut­to il cor­po mili­tan­te così come la buro­cra­zia sovie­ti­ca face­va nell’epoca del­la sta­li­niz­za­zio­ne del par­ti­to e dell’Internazionale. Solo allo­ra comin­ciò ad appa­rir­mi dinan­zi agli occhi una real­tà nuo­va. Che era cioè in atto un pro­ces­so di buro­cra­tiz­za­zio­ne del­la dire­zio­ne del Pdac con­si­sten­te nel con­ser­va­re le pic­co­le posi­zio­ni di visi­bi­li­tà acqui­si­te da un ristret­tis­si­mo nucleo di due mem­bri dell’Esecutivo: che, per que­sto, si era cir­con­da­to di un grup­po di com­pa­gni più o meno con­sa­pe­vo­li, ma uti­li per la fun­zio­ne pura­men­te “deco­ra­ti­va” che svol­go­no nell’organismo; e che non pote­va tol­le­ra­re osta­co­li alla pro­pria azio­ne, doven­do dimo­stra­re a tut­ti i costi, misti­fi­can­do e fal­si­fi­can­do la real­tà, che il Comi­ta­to cen­tra­le gover­na­to da quel­lo stes­so nucleo ha sem­pre ragio­ne e che tut­to ciò che potes­se in qual­che modo met­ter­ne in discus­sio­ne l’opinione dove­va esse­re neutralizzato.
E solo allo­ra ini­ziai a per­ce­pi­re la dimen­sio­ne di quel pro­ces­so di buro­cra­tiz­za­zio­ne, ini­zia­to qual­che mese pri­ma, anche col mio con­tri­bu­to, per quan­to invo­lon­ta­rio. E fu per que­sto che uscii dal par­ti­to: per­ché mi resi con­to che non si pote­va dare nes­su­na bat­ta­glia per con­tra­sta­re quel pro­ces­so, con un cor­po del par­ti­to amor­fo, gover­na­to da una ristret­tis­si­ma dire­zio­ne ipercentralizzata.

Di qua­le tuo invo­lon­ta­rio con­tri­bu­to par­li? E puoi spie­ga­re meglio cosa inten­di per “pro­ces­so di burocratizzazione”?

Era­va­mo arri­va­ti al con­gres­so del mag­gio 2015 con una pro­po­sta di modi­fi­ca del­lo sta­tu­to, avan­za­ta dal respon­sa­bi­le orga­niz­za­ti­vo, che è appun­to uno dei due che di fat­to diri­go­no il par­ti­to. Si pro­po­ne­va di eli­mi­na­re il Con­si­glio nazio­na­le, che era l’organismo più lar­go di dire­zio­ne poli­ti­ca, men­tre il Comi­ta­to cen­tra­le ave­va com­pi­ti politico‑esecutivi. La pro­po­sta era moti­va­ta dal­la neces­si­tà di una mag­gio­re cen­tra­liz­za­zio­ne del par­ti­to in rela­zio­ne alla fase poli­ti­ca del momen­to. Anch’io mi con­vin­si di quel­la neces­si­tà e appro­vai la pro­po­sta, che poi pas­sò nel congresso.
È chia­ro che, da un pun­to di vista “neu­tro”, cioè in linea di prin­ci­pio, la pro­po­sta pote­va anche ave­re un sen­so. Ma, in real­tà, com­mi­si un erro­re di valu­ta­zio­ne, non com­pren­den­do da subi­to le rea­li inten­zio­ni del pro­po­nen­te; e la vicen­da che sto rac­con­tan­do dimo­stra pro­prio che, in real­tà, chi gover­na­va il par­ti­to non vole­va far­lo fun­zio­na­re meglio, ma ave­va biso­gno inve­ce di sba­raz­zar­si di un orga­ni­smo che in qual­che modo rap­pre­sen­ta­va un osta­co­lo all’ipercentralizzazione che si vole­va rea­liz­za­re. Sic­ché, la risul­tan­te di quel­la varia­zio­ne sta­tu­ta­ria, per come sareb­be sta­ta inter­pre­ta­ta dall’Esecutivo, era, da un lato, un ver­ti­ce api­ca­le auto­cra­ti­co e ultra­cen­tra­liz­za­to rap­pre­sen­ta­to appun­to dall’Esecutivo, con un Comi­ta­to cen­tra­le che, pri­va­to del­le fun­zio­ni ese­cu­ti­ve, si tra­sfor­ma­va nel­la foglia di fico dell’Esecutivo stes­so, cioè nel­la “coper­tu­ra poli­ti­ca” del­le sue deci­sio­ni; all’altro capo, c’era il resto del par­ti­to: come det­to, una mas­sa amor­fa in atte­sa solo dei “supe­rio­ri ordi­ni”. Insom­ma, una set­ta, più che un par­ti­to di tipo bol­sce­vi­co. Meglio: una cari­ca­tu­ra di un par­ti­to di tipo bol­sce­vi­co. Que­sta real­tà, però, all’epoca del con­gres­so non mi era chia­ra e la com­pre­si in tut­ta la sua magni­tu­di­ne solo quan­do poi mi risol­si a usci­re dal Pdac.

Tu però eri anche un diri­gen­te inter­na­zio­na­le. Che fece la Lit in proposito?

Que­sto è sta­to for­se l’aspetto più delu­den­te di tut­ta la vicen­da. Di fron­te alle dimis­sio­ni di un com­po­nen­te sin dal 2007 del Comi­ta­to ese­cu­ti­vo inter­na­zio­na­le, nes­su­no – riba­di­sco, nes­su­no – degli altri mem­bri di quell’organismo, e men che meno il Segre­ta­ria­to inter­na­zio­na­le, ha pen­sa­to di scri­ver­mi due righe per chie­der­mi che stes­se suc­ce­den­do. Dicia­mo che nes­su­no nel­la Lit ha fati­ca­to più di tan­to a pren­de­re per buo­na la frot­to­la che dall’Italia han­no rac­con­ta­to, e cioè che io avrei “pri­vi­le­gia­to la mia car­rie­ra” … Biz­zar­ro, però, che non era que­sta l’opinione cor­ren­te quan­do finan­zia­vo il par­ti­to al di là del­le stes­se pos­si­bi­li­tà che mi offri­va quel­la mede­si­ma car­rie­ra di mode­stis­si­mo avvo­ca­to di pro­vin­cia, ver­san­do quo­te che con­tri­bui­va­no in note­vo­le misu­ra a paga­re gli sti­pen­di di alcu­ni “fun­zio­na­ri”.
Tut­ta­via, la delu­sio­ne è poi sfu­ma­ta quan­do mi sono reso con­to del­la tor­sio­ne settario‑opportunistica in atto oggi nel­la Lit: basti pen­sa­re a come si sia ridot­ta a fare fron­te uni­co con gli appa­ra­ti repres­si­vi del­lo Sta­to bra­si­lia­no invo­can­do l’arresto di Lula (e facen­do così il coro alla destra bra­si­lia­na più rea­zio­na­ria) in un ver­go­gno­so arti­co­lo scrit­to dal mas­si­mo diri­gen­te del Pstu, non­ché mem­bro del Segre­ta­ria­to inter­na­zio­na­le, poi pre­ci­pi­to­sa­men­te riti­ra­to dal web e dal­la pagi­na Face­book del­lo stes­so e oggi inac­ces­si­bi­le … se non fos­se che frat­tan­to gli zelan­ti reg­gi­co­da ita­lia­ni del Pdac l’avevano già tra­dot­to e pub­bli­ca­to sul n. 59 di Pro­get­to comu­ni­sta (otto­bre 2016). E si trat­ta del­la mede­si­ma tor­sio­ne che vive la sua sezio­ne ita­lia­na, che ad esem­pio non si fa scru­po­lo di ria­pri­re oppor­tu­ni­sti­ca­men­te le por­te a un mili­tan­te che ne era tem­po fa usci­to, inse­gui­to dall’infamante mar­chio – con tan­to di sigil­lo dell’Esecutivo – di infil­tra­to; così come, al con­tem­po, accen­tua il pro­prio set­ta­ri­smo costruen­do un orga­ni­smo come “No Auste­ri­ty”: sedi­cen­te “fron­te uni­co”, ma in real­tà una col­la­te­ra­le del Pdac, che lo diri­ge occul­ta­men­te facen­do leva su alcu­ne deci­ne di atti­vi­sti sin­da­ca­li in buo­na fede, igna­ri di esse­re solo una mas­sa di mano­vra del partito.

E l’organismo disci­pli­na­re del Pdac deci­se poi il tuo ricorso?

Cer­to, lo fece. E il pro­ce­di­men­to for­ni­sce un’ulteriore dimo­stra­zio­ne degli effet­ti di quel­la iper­cen­tra­liz­za­zio­ne di cui dice­vo: una dina­mi­ca, cioè, che toglie auto­no­mia ai qua­dri inter­me­di e ai mili­tan­ti, che sem­pre più assu­mo­no un atteg­gia­men­to di affi­da­men­to pas­si­vo nei “capi”. Basti pen­sa­re che dei set­te mem­bri del­la Com­mis­sio­ne di mora­le si espres­se­ro solo in tre: e Man­to­va­ni e Ros­si ven­ne­ro assol­ti con due voti con­tro uno. Signi­fi­ca­ti­vo – se pen­sia­mo alla gra­vi­tà del­la vicen­da por­ta­ta all’attenzione dell’organismo disci­pli­na­re – che ben quat­tro com­po­nen­ti su set­te abbia­no deci­so di non espri­me­re una ben­ché mini­ma posizione!
Ma sareb­be uti­le che quell’organismo, e più in gene­ra­le i mili­tan­ti del Pdac, venis­se­ro infor­ma­ti che – da quan­to mi è sta­to rife­ri­to – i nodi di quell’attività truf­fal­di­na stan­no pur­trop­po comin­cian­do a veni­re al pet­ti­ne per alcu­ni dei lavo­ra­to­ri mala­men­te rap­pre­sen­ta­ti, ai qua­li pare si stia­no revo­can­do i bene­fi­ci otte­nu­ti: con la con­se­guen­za di dover resti­tui­re ingen­ti som­me di dena­ro. For­se, sareb­be il caso di aggior­na­re con que­sta postil­la gli arti­co­li con cui è sta­ta magni­fi­ca­ta sul sito del par­ti­to l’opera di incor­rut­ti­bi­le rivo­lu­zio­na­rio del loro difensore.

Pen­si che que­ste tue dichia­ra­zio­ni avran­no un’eco nel Pdac?

Se ti rife­ri­sci ai mili­tan­ti di base, quel­li in buo­na fede che non han­no mai cono­sciu­to le vere ragio­ni del­la mia rot­tu­ra col par­ti­to, mi augu­ro che quan­to dico pos­sa costi­tui­re per loro mate­ria di rifles­sio­ne sul tipo di orga­niz­za­zio­ne che vie­ne costrui­ta, non da loro, ma intor­no a loro. Se pen­si inve­ce ai mem­bri del­la sua dire­zio­ne, cono­scen­do­li c’è sia la pos­si­bi­li­tà che igno­ri­no del tut­to le mie rive­la­zio­ni, sia quel­la che mi attac­chi­no pub­bli­ca­men­te. Ma, sai, non è che si tro­ve­reb­be­ro di fron­te uno sprov­ve­du­to. Saprei bene come difen­der­mi da ulte­rio­ri calun­nie … e non mi rife­ri­sco cer­to a una dife­sa in tribunale!

Che con­clu­sio­ni trai da tut­ta la vicenda?

Avrai capi­to dal­le mie paro­le che la delu­sio­ne è sta­ta gran­de. Però mi pare che la sto­ria dei rivo­lu­zio­na­ri sia costel­la­ta da vicen­de mol­to più tra­gi­che di quel­la che ho vis­su­to io … In fon­do, ho rice­vu­to solo una pugna­la­ta mora­le alle spal­le, non cer­to un rea­le col­po di pic­coz­za in testa!
Al di là del­la faci­le bat­tu­ta, il mio impe­gno per la costru­zio­ne di un par­ti­to e di un’Internazionale rivo­lu­zio­na­ri pro­se­gue con anco­ra più ener­gia. La mia fede nel­la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta con­ti­nua immutata.


Note

[1] Solo per citar­ne alcu­ni: “Una gran­de assem­blea ope­ra­ia a Lati­na”, “Mor­te da amian­to: un omi­ci­dio di clas­se”, “Lot­ta con­tro i vele­ni dell’amianto”.