Il significato di uno sciopero delle donne
Cinzia Arruzza e Tithi Bhattacharya
(Pubblicato nella pagina web BlogJunho nella traduzione dall’inglese di Daniela Mussi)
Organizzazioni femministe, popolari e socialiste di tutto il mondo hanno convocato uno sciopero internazionale delle donne per l’8 marzo, per difendere i diritti riproduttivi e contro la violenza, intesa come violenza economica, istituzionale e interpersonale.
Lo sciopero si svolgerà perlomeno in quaranta Paesi e sarà il primo giorno internazionalmente coordinato di protesta su scala così grande dopo anni. Per ampiezza e diversità di organizzazioni e Paesi coinvolti, sarà paragonabile alle manifestazioni internazionali contro l’attacco imperialista in Iraq nel 2003 e alle proteste internazionali coordinate sotto le insegne del Forum Sociale Mondiale e del movimento di giustizia globale all’inizio degli anni 2000.
Il movimento Occupy, degli Indignados e il Black Live Matter sono riusciti ad avere un’eco internazionale e a scatenare manifestazioni, occupazioni e proteste in vari Paesi, ma c’era poco coordinamento internazionale cosciente tra le varie organizzazioni e i gruppi coinvolti. Le rivoluzioni arabe hanno prodotto avvenimenti straordinari e storici, ma le organizzazioni sociali e politiche di altri Paesi non sono state capaci di promuovere, a sostegno delle stesse, una poderosa mobilitazione coordinata internazionalmente.
Se avrà successo, lo sciopero internazionale delle donne marcherà un salto di qualità e di quantità nel lungo processo di ricostruzione delle mobilitazioni sociali su scala internazionale contro il neoliberismo e l’imperialismo, a cui diversi movimenti degli ultimi anni, come Occupy Gezi Park, gli Indignados, lo Standing Rock e il Black Lives Matter, hanno dato forma. Ciò segnerà anche la possibilità concreta di un movimento femminista nuovo, poderoso, anticapitalista e internazionalista.
Perché lo stiamo chiamando sciopero?
Molte discussioni sullo sciopero, soprattutto negli Stati Uniti, si sono focalizzate sull’interrogativo se è corretto definire quello dell’8 marzo come uno “sciopero”, invece di presentarlo come una manifestazione o una protesta. Questa critica è priva di senso. Gli scioperi delle donne sono sempre stati ampi nei loro obiettivi e nei loro fini rispetto alle tradizionali manifestazioni per salari e condizioni di lavoro.
Nel 1975, il 90% delle donne dell’Islanda ha realizzato uno sciopero sui luoghi di lavoro e si sono rifiutate di realizzare lavoro sociale non remunerato per un giorno, allo scopo di rendere visibili il lavoro e il contributo femminile alla società islandese. Rivendicarono salari uguali a quelli degli uomini e la fine della discriminazione sessuale sui luoghi di lavoro.
Nell’autunno del 2016, le attiviste polacche hanno adottato la strategia e il messaggio dello sciopero delle donne islandesi, organizzando uno sciopero di massa delle donne per impedire che il parlamento approvasse progetto di legge che proibiva l’aborto. Attiviste argentine hanno fatto la stessa cosa l’ottobre scorso per protestare contro la violenza maschile sulle donne.
Questi eventi – che hanno stimolato l’idea di uno sciopero più grande in occasione della giornata della donna – dimostrano che uno sciopero delle donne è differente da uno sciopero generale. Lo sciopero delle donne nasce da una riflessione politica e teorica sulle forme concrete del lavoro femminile nelle società capitalistiche.
Nel capitalismo, il lavoro delle donne sul mercato formale è solo una parte del lavoro che esse realizzano. Le donne sono anche le principali realizzatrici del lavoro riproduttivo, lavoro non remunerato che è ugualmente importante per la riproduzione della società e delle relazioni sociali capitalistiche. Lo sciopero delle donne è finalizzato a rendere visibile questo lavoro non remunerato e ad enfatizzare che anche la riproduzione sociale è un campo di lotta.
Oltre a ciò, a causa della divisione sessuale del lavoro sul mercato formale, un gran numero di donne occupano posti di lavoro precario, non hanno diritti lavorativi, sono disoccupate o sono lavoratrici in nero.
Le donne che lavorano sul mercato formale e informale e nella sfera sociale non riproduttiva sono tutte lavoratrici. Questa considerazione deve essere centrale per qualsiasi discussione sulla ricostruzione di un movimento operaio, non solo negli Stati Uniti, ma anche globalmente.
Enfatizzare l’unità tra il luogo di lavoro e la casa è fondamentale, è un principio organizzativo centrale per lo sciopero dell’8 marzo. Una politica che prenda sul serio il lavoro delle donne deve comprendere non solo gli scioperi sui luoghi di lavoro, ma anche quelli che riguardano il lavoro riproduttivo sociale non remunerato, gli scioperi a tempo parziale, gli appelli per la riduzione del tempo di lavoro e altre forme di protesta che riconoscano la natura di genere delle relazioni sociali.
Lo “sciopero” è diventato il termine generico che comprende varie forme d’azione, perché è l’espressione che meglio enfatizza la centralità del lavoro delle donne e la loro auto‑identificazione come lavoratrici, qualunque sia la forma del loro lavoro.
Recuperare il diritto di sciopero
Gli Usa hanno forse la peggiore legislazione lavorativa tra le democrazie liberali. Gli scioperi generali e gli scioperi politici sono proibiti, quelli consentiti sono legati a rivendicazioni economiche limitate, rivolte ai datori di lavoro, e spesso i contratti hanno clausole esplicite antisciopero, la cui violazione può determinare la perdita del posto di lavoro o l’irrogazione di pesanti sanzioni economiche per il sindacato che li organizza. Inoltre, diversi Stati, come New York, hanno leggi che proibiscono esplicitamente agli impiegati pubblici di entrare in sciopero.
La discussione su come invertire questa situazione e dare potere ai lavoratori è stata la principale preoccupazione strategica della sinistra statunitense negli ultimi decenni. Tuttavia, uno dei pericoli di questa discussione è di ridurre la otta di classe solo alla lotta economica e di collegare le relazioni sociali capitalistiche con l’economia formale in senso stretto.
La trasformazione dei rapporti di lavoro negli Stati Uniti richiede non solo un’attivazione della classe lavoratrice rispetto alle rivendicazioni economiche sui luoghi di lavoro, ma la sua politicizzazione e radicalizzazione, la capacità di realizzare una lotta politica rivolta alla totalità delle relazioni di potere, istituzioni e forme di sfruttamento vigenti.
Ciò non può essere raggiunto solo migliorando e allargando l’organizzazione del lavoro di base sul luogo di lavoro. Uno dei problemi centrali con cui il lavoro politico radicale si scontra è il suo isolamento e invisibilità. Stabilire le basi per la rivitalizzazione del potere operaio esigerà operare su differenti livelli, creando grandi coalizioni sociali, agendo dentro e fuori dei luoghi di lavoro e stabilendo rapporti di solidarietà e fiducia tra organizzatori e attivisti sindacali, antirazzisti, femministe, studenti e antimperialisti. Significa anche sfruttare l’immaginazione sociale attraverso interventi creativi, intellettuali e teorici, oltre alla sperimentazione con nuovi linguaggi e pratiche.
Invece di incentrarsi sule lotte nei luoghi di lavoro, dobbiamo connettere movimenti basati sul genere, la razza, l’etnia e la sessualità, in combinazione con l’organizzazione del lavoro e l’attivismo ambientalista. Solo creando questa totalità collettiva saremo capaci di affrontare la complessità delle questioni e rivendicazioni avanzate dalle diverse forme di mobilitazione.
Questa è la strada che lo sciopero internazionale delle donne sta perseguendo con la sua piattaforma politica espansiva e inclusiva.
La giornata dell’8 marzo non sarà uno sciopero generale. Ma sarà un passo importante per un nuovo ciclo di legittimazione del diritto di sciopero contro le degradazioni del capitalismo avvertite in tutte le sfere della vita da tutti i popoli.
3 marzo 2017
(Pubblicato in originale nel blog della rivista Jacobin)
Ecco il nostro meraviglioso video promozionale, realizzato dai fantastici registi di Awen Films, che dedicano volontariamente il loro tempo e la loro arte per noi, a sostegno dello sciopero internazionale della donna dell’8 marzo! Guardatelo e condividetelo ovunque!!!