Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica internazionale: Stati Uniti

La vittoria di Trump e il declino americano

 

La vittoria di Trump e il declino americano


Pau­lo Aguena

(pub­bli­ca­to sul sito Esquer­daon­li­ne)

 

Gli Sta­ti Uni­ti resta­no la pri­ma poten­za mon­dia­le, sia in ter­mi­ni mili­ta­ri che eco­no­mi­ci. Que­sto per­met­te loro di esse­re il cen­tro poli­ti­co del mon­do e ave­re influen­za in tut­ti i temi. Il pro­ble­ma è che que­sta influen­za sta dimi­nuen­do nel­la stes­sa misu­ra in cui dimi­nui­sce anche pro­gres­si­va­men­te la distan­za fra gli Sta­ti Uni­ti e i suoi riva­li. Ciò vale par­ti­co­lar­men­te in ter­mi­ni di pro­du­zio­ne indu­stria­le, di ruo­lo nel com­mer­cio mon­dia­le, di peso del Pae­se nel siste­ma finanziario.
In ter­mi­ni eco­no­mi­ci, la Cina ha ridot­to il van­tag­gio rispet­to agli Sta­ti Uni­ti aumen­tan­do il suo volu­me di pro­du­zio­ne, il suo com­mer­cio con il mon­do e la sua influen­za poli­ti­ca, soprat­tut­to in Asia e nel Paci­fi­co. L’aumento del­le ten­sio­ni nel Mar Cine­se Meri­dio­na­le, attra­ver­so il qua­le pas­sa il 40% del com­mer­cio mon­dia­le; la lot­ta non così sot­ter­ra­nea per il con­trol­lo del­le rot­te e le ric­chez­ze dell’Artico, in par­ti­co­la­re del petro­lio; infi­ne, la poli­ti­ca aggres­si­va del­la Cina per il con­trol­lo del­le risor­se in tut­to il mon­do; sono alcu­ni esem­pi, in un con­te­sto eco­no­mi­co anco­ra segna­to dal­la cri­si eco­no­mi­ca del 2008.
In ter­mi­ni mili­ta­ri, la Rus­sia aumen­ta la sua for­za mili­ta­re rela­ti­va e riba­di­sce le sue pre­te­se geo­po­li­ti­che sfi­dan­do la Nato in Siria e in Ucrai­na. In Medio Orien­te, le poten­ze regio­na­li seguo­no una dina­mi­ca più auto­no­ma. Gli Sta­ti Uni­ti han­no per­so la loro capa­ci­tà di deter­mi­na­re la riso­lu­zio­ne simul­ta­nea dei con­flit­ti inter­na­zio­na­li o anche di inter­ve­ni­re in manie­ra coe­ren­te per difen­de­re i pro­pri interessi.
Sfi­dan­do gli Sta­ti Uni­ti, dopo aver ripre­so il con­trol­lo del­la par­te orien­ta­le dell’Ucraina, il pre­si­den­te rus­so Vla­di­mir Putin potreb­be impor­re una scon­fit­ta degli Usa in Siria, ove riu­scis­se a pren­de­re il con­trol­lo di Alep­po in un’azione con­giun­ta con le trup­pe siria­ne del pre­si­den­te Assad. È vero che gli ame­ri­ca­ni stan­no anco­ra cer­can­do di dispu­ta­re una par­te del ter­ri­to­rio siria­no lan­cian­do un’offensiva con­tro lo Sta­to Isla­mi­co a Raq­qa in allean­za con i cur­di e di strap­pa­re la cit­tà di Mosul dal­le mani dell’Isis in Iraq, in un’operazione con­giun­ta con il gover­no ira­che­no e altre for­ze. Ma ciò non nascon­de il fat­to che han­no dovu­to riti­rar­si dall’Iraq sen­za riu­sci­re a sta­bi­liz­za­re il Pae­se e ciò non smi­nui­sce la loro scon­fit­ta in Siria.
D’altra par­te, in una serie di con­flit­ti, la situa­zio­ne di Pae­si come l’Afghanistan, la Libia e altri nel­la regio­ne, non è inco­rag­gian­te per non dire altro.

Sul fron­te interno
Sul fron­te inter­no, la glo­ba­liz­za­zio­ne capi­ta­li­sta che ha arric­chi­to la bor­ghe­sia ame­ri­ca­na e di mol­ti altri pae­si impe­ria­li­sti del mon­do, ha pro­dot­to un effet­to con­trad­dit­to­rio. La dein­du­stria­liz­za­zio­ne ha por­ta­to alla chiu­su­ra di impor­tan­ti azien­de, in par­ti­co­la­re i pro­dut­to­ri di auto­vei­co­li, che sono sta­te tra­sfe­ri­te in aree più a bas­so costo come l’Asia e l’America Lati­na. Ciò ha deter­mi­na­to il decli­no di inte­re regio­ni degli Sta­ti Uni­ti, che regi­stra­no alti indi­ci di disoc­cu­pa­zio­ne e un lavo­ro sem­pre più precario.
Anche se al momen­to sem­bra esser­vi una leg­ge­ra ripre­sa dell’economia e la Fede­ral Reser­ve già par­la di alza­re i tas­si di inte­res­se a dicem­bre, il fat­to è che que­sta ripre­sa è piut­to­sto len­ta. Una del­le evi­den­ze di que­sto decli­no è il calo del­la pro­dut­ti­vi­tà per ora lavo­ra­ta: secon­do l’economista mar­xi­sta Michael Roberts, tale cadu­ta fa sì che l’attuale aumen­to del­la pro­dut­ti­vi­tà si fer­mi a un ter­zo del­la sua media degli ini­zi degli anni 60. Le con­se­guen­ze sono evi­den­ti. In un arti­co­lo del quo­ti­dia­no bri­tan­ni­co Finan­cial Times del 28 otto­bre, Mar­tin Wolf, respon­sa­bi­le del­la reda­zio­ne eco­no­mi­ca, spie­ga che la per­cen­tua­le di uomi­ni di età com­pre­sa tra 25 e 54 anni che non han­no lavo­ro né lo cer­ca­no è sali­ta dal 3 al 12% tra il 1950 e il 2014; che il red­di­to dell’1% più ric­co è sali­to dal 3 al 12% del Pil tra il 1980 e il 2012; e, infi­ne, che la quo­ta del­la red­di­ti­vi­tà del lavo­ro sul PIL è sce­so, negli anni dal 2001 al 2014, dal 64,6 al 60,4% del Pil.
È in que­sto con­te­sto eco­no­mi­co e socia­le che si regi­stra un aumen­to cre­scen­te del­la vio­len­za socia­le, in par­ti­co­la­re raz­zia­le e xeno­fo­ba. Gli omi­ci­di di afroa­me­ri­ca­ni per mano del­la repres­sio­ne sono in aumen­to. Le comu­ni­tà nere han­no rispo­sto a quest’attacco con gran­di mobi­li­ta­zio­ni, disor­di­ni e scon­tri con la poli­zia. L’incitamento all’odio con­tro gli isla­mi­ci è aumen­ta­to di intensità.
C’è inol­tre una cre­scen­te disu­gua­glian­za socia­le che vie­ne per­ce­pi­ta da stra­ti sem­pre più ampi del­la popo­la­zio­ne ame­ri­ca­na. Il sen­ti­men­to di rivol­ta con­tro i ric­chi inve­sti­to­ri di Wall Street che con­trol­la­no anche le più gran­di e ric­che azien­de del Pae­se lo rive­la. Essi sono iden­ti­fi­ca­ti come “l’1% con­tro il 99% del­la popolazione”.
Gli effet­ti dei cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci sono un altro fat­to­re che influen­za la per­ce­zio­ne degli ame­ri­ca­ni che le cose van­no male. Gli ura­ga­ni che col­pi­sco­no il Pae­se con fre­quen­za e inten­si­tà sem­pre mag­gio­ri aumen­ta­no la con­sa­pe­vo­lez­za del pro­fit­to capi­ta­li­sta non vuo­le limi­ti e comin­cia a minac­cia­re sem­pre più seria­men­te la vita del­le persone.
Anche sul pia­no inter­no, dal pun­to di vista poli­ti­co, c’è una pro­fon­da cri­si nei due mag­gio­ri par­ti­ti che si sono sem­pre alter­na­ti al pote­re. Le pri­ma­rie, sia dei demo­cra­ti­ci che dei repub­bli­ca­ni, lo han­no mes­so in evi­den­za. Con Trump che non rap­pre­sen­ta la volon­tà del ver­ti­ce del par­ti­to e Hil­la­ry che non ottie­ne il soste­gno entu­sia­sta del­la base dei demo­cra­ti­ci, la cam­pa­gna elet­to­ra­le si è svol­ta tra can­di­da­ti con alti tas­si di ripudio.

La ten­den­za al decli­no è già un dato di fatto
Seb­be­ne gli Sta­ti Uni­ti sia­no anco­ra una poten­za ege­mo­ne e la mul­ti­po­la­ri­tà dia­gno­sti­ca­ta da alcu­ni ana­li­sti anco­ra non sia rea­le, c’è una chia­ra ten­den­za al decli­no del Pae­se sul­la sce­na mondiale.
In sostan­za, è que­sto sen­so di decli­no e deca­den­za che ha pro­dot­to un cre­scen­te males­se­re tra gli ame­ri­ca­ni. Non a caso, nes­su­no dei can­di­da­ti in que­ste ele­zio­ni ha soste­nu­to che le cose andas­se­ro bene. Al con­tra­rio, han­no rico­no­sciu­to le dif­fi­col­tà attua­li e cer­ca­to di pre­sen­ta­re pro­po­ste per superarle.
Ciò signi­fi­ca che un cam­bia­men­to impor­tan­te nel­la real­tà. Si trat­ta di un fat­to nuo­vo da quan­do gli Sta­ti Uni­ti sono emer­si come una poten­za mon­dia­le incon­tra­sta­ta dall’ultimo dopo­guer­ra. Se Ber­nie San­ders è sta­to colui che ha capi­ta­liz­za­to da sini­stra que­sto sen­so di deca­den­za degli Sta­ti Uni­ti nel­le pri­ma­rie demo­cra­ti­che, Trump ha sapu­to capi­ta­liz­zar­lo da destra vin­cen­do le elezioni.